Scapin Bruno
Ricordo di p. Antonio Dall’Osto
2025/5, p. 28
Padre Antonio Dall’Osto è nato a Dueville (Vicenza) il 28 settembre 1931; ha emesso i primi voti nella Congregazione dehoniana il 29 settembre 1948; il 21 settembre 1957 è stato ordinato prete; è deceduto il 27 marzo 2025 all’età di 93 anni. Nel funerale celebrato nella comunità dehoniana di Bolognano, il dehoniano p. Bruno Scapin ha individuato con i confratelli il brano della Scrittura che «fotografasse» p. Antonio. Si tratta del versetto: «Servo buono e fedele. Prendi parte alla gioia del tuo Signore» (Mt 25,21).

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Testimoni
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TESTIMONIANZA IN MEMORIA
Ricordo di p. Antonio Dall’Osto
Padre Antonio Dall’Osto è nato a Dueville (Vicenza) il 28 settembre 1931; ha emesso i primi voti nella Congregazione dehoniana il 29 settembre 1948; il 21 settembre 1957 è stato ordinato prete; è deceduto il 27 marzo 2025 all’età di 93 anni. Nel funerale celebrato nella comunità dehoniana di Bolognano, il dehoniano p. Bruno Scapin ha individuato con i confratelli il brano della Scrittura che «fotografasse» p. Antonio. Si tratta del versetto: «Servo buono e fedele. Prendi parte alla gioia del tuo Signore» (Mt 25,21).
P. BRUNO SCAPIN, scj
«Servo buono e fedele». Davvero padre Antonio ha improntato la sua vita allo spirito di servizio. Tolti gli anni in cui ha diretto la rivista «Testimoni», succedendo a padre Luigi Guccini, non ha mai ricoperto cariche di rilievo né in Provincia, né in comunità. Secondo l’invito di Gesù, non è vissuto «per essere visto dalla gente». Sì, non è stato un padre appariscente. Come ha speso i suoi talenti? Al Centro Dehoniano quasi tutti i padri lavoravano per la casa editrice, in particolare per le riviste. E lui ne era pienamente partecipe. Troviamo il suo nome nel «Regno» degli inizi, e poi in «Ancilla Domini», poi in «Ancilla», poi in «Religiose oggi», poi in «Testimoni», poi «SettimanaNews»… Quanto ha scritto! La conoscenza delle lingue moderne gli ha consentito di dare un prezioso apporto, perché scopriva e traduceva articoli pregevoli sulla vita religiosa, ampliando l’orizzonte italiano. Oltre a scrivere, padre Antonio ha tenuto corsi di esercizi spirituali, ritiri, istruzioni e conferenze soprattutto alle comunità religiose femminili. Egli, con un linguaggio semplice e piano, ha presentato una vita religiosa «dal volto umano». Non ci sono mai nei suoi scritti i toni della denuncia o della severità. A partire dalla Parola di Dio, dalla vita dei santi, dai documenti ecclesiali e dalla quotidianità, esortava a vivere il proprio carisma in una serena semplicità, consapevoli che il Cuore di Dio abita la nostra fragile umanità. In un cassetto della sua scrivania c’è un pacco di ricordini di suore defunte appartenute a vari istituti religiosi. Segno di riconoscenza per essere stato per alcune di loro padre e maestro spirituale. Tante le ha preparate e accompagnate alla professione perpetua. Ha vissuto il servizio anche nel suo ministero sacerdotale. Per molti anni trascorreva la sua domenica in una piccola comunità di suore che accudivano donne sorde, mute e alcune anche cieche. Celebrava per loro al mattino e guidava l’adorazione pomeridiana. Era felice di condividere il suo tempo con queste creature molto marginali. Qui affiorava in pienezza la sua bontà d’animo. Come pure un lungo servizio lo ha reso alle suore Minime dell’Addolorata confezionando praticamente da solo per tanti anni la loro rivista. Accanto alle loro quattro notizie riempiva le altre pagine di articoli brevi ma sostanziosi, adattandoli alla semplicità dei lettori. In comunità è stato il religioso della fedeltà ai tempi della preghiera, ai suoi quotidiani impegni, agli appuntamenti comunitari. A proposito di questi ultimi, soprattutto nei consigli di famiglia, i suoi interventi (anche per la sua sordità) esulavano dagli argomenti trattati, soffermandosi piuttosto su riflessioni spirituali, quasi a riportare la nostra vita religiosa ai suoi principi fondamentali. In uno degli ultimi consigli di famiglia disse: «Ormai il mio ministero sacerdotale è assai ridotto. Mi sono riproposto perciò di distribuire a coloro che frequentano il nostro santuario dei foglietti nei quali trovano scritti atti di affidamento a Gesù e a Maria, riflessioni sul Cuore di Gesù e sull’eucaristia, preghiere di abbandono. È il modo che mi rimane di fare un po’ di apostolato». Dopo lunghi anni di buona salute, di cui era grato al Signore, ha avuto i suoi periodi di malattia. Mi stupivano due cose: la pazienza con la quale affrontava i giorni e le notti da ammalato rimanendo quieto, riposando e pregando. Solo dopo l’ultima caduta e l’ultima frattura era diventato più insofferente. La seconda cosa che ricordo con affetto era la gratitudine e la riconoscenza verso chi si prendeva cura di lui. Non mancava mai il «grazie», «scusa del disturbo», «ti ringrazio del tempo che mi dedichi». Ecco, anche in questa comunità ha avuto chi si è preso cura di lui… Padre Antonio ha vissuto praticamente tutta la vita nella comunità di via Nosadella, a Bologna. Non aveva provato perciò di persona cosa significasse il trasferimento a un’altra comunità. Sappiamo quanto sia doloroso per un anziano ancora capace di capire cosa voglia dire essere sradicati dal proprio ambiente. Ma qui non si è trovato tra estranei. Ha trovato una comunità che gli ha voluto bene. Ricordo il giorno in cui l’ho accompagnato tra voi. All’uscita della messa, con quanto calore molti di voi lo hanno salutato. Un gesto di squisita fraternità.