Osenga Alberto Maria
Monachesimo buddhista in Thailandia
2025/5, p. 16
Testimonianza di un vero e proprio spazio di condivisione, in un ambiente in cui l’incontro tra le diverse tradizioni religiose non è vissuto come qualcosa di separato o conflittuale, ma come una ricerca comune di virtù e di verità.

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DIALOGO INTERRELIGIOSO MONASTICO
Monachesimo buddhista
in Thailandia
Testimonianza di un vero e proprio spazio di condivisione, in un ambiente in cui l'incontro tra le diverse tradizioni religiose non è vissuto come qualcosa di separato o conflittuale, ma come una ricerca comune di virtù e di verità.
ALBERTO MARIA OSENGA, OSB
La mia esperienza in Thailandia, dal 26 novembre al 10 dicembre 2024, ha rappresentato un capitolo significativo nel mio percorso spirituale di monaco benedettino cristiano. In quelle due settimane sono emersi molti temi che hanno arricchito il mio cuore e la mia mente, ma soprattutto l’esperienza vissuta è stata l'opportunità di sperimentare un dialogo che non si è limitato alla dimensione teorica o filosofica, ma che si è fatto esperienza viva, concreta, di incontro tra tradizioni spirituali diverse. Sin dal primo incontro con il monachesimo buddhista, sono stato colpito dalla benevolenza e dall'apertura con cui siamo stati accolti. Non si trattava di un semplice incontro tra religioni, ma di un vero e proprio spazio di condivisione, in cui la nostra presenza non era solo tollerata, ma attesa e vissuta come un'opportunità di scambio reciproco. Mi sono trovato in un ambiente in cui l'incontro tra le diverse tradizioni non era vissuto come qualcosa di separato o conflittuale, ma come una ricerca comune di virtù e di verità.
Una spiritualità che genera un flusso di benevolenza
La generosità con cui siamo stati accolti ci ha fatto sentire partecipi di un dialogo più profondo, che trascendeva le differenze per andare al cuore dell'esperienza religiosa: la ricerca del bene, della pace interiore e della comprensione reciproca. Il Wat Boromracha Kanchanaphisek, con la sua imponente architettura e la sua serena atmosfera, mi ha dato l’impressione di essere un luogo di riflessione profonda, ma anche di incontro fraterno. In occasione di una cerimonia commemorativa del cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, prefetto del Dicastero per il dialogo interreligioso, tenutasi in questo monastero, ho potuto percepire un senso di rispetto profondo per chi si impegna nel dialogo tra le religioni. Questa cerimonia ha fatto emergere il valore universale della condivisione, della preghiera e della meditazione, che trascende la divisione tra le tradizioni religiose. In particolare, l’offerta di meriti in onore del cardinale defunto è stata un momento toccante che mi ha fatto riflettere. L’idea che il merito possa essere offerto agli altri, che il bene compiuto possa essere condiviso con chi lo riceve, mi ha fatto percepire una spiritualità aperta, non esclusivista, ma desiderosa di generare un flusso di benevolenza che attraversa le barriere delle singole tradizioni religiose. Questo gesto ha reso tangibile l’idea che le religioni, pur nella loro diversità, possono operare insieme per il bene comune, senza prevaricare l’una sull’altra, ma riconoscendo la legittimità e la bellezza di ciascuna via spirituale.
Un cammino di trasformazione interiore
Nell’esperienza di ritiro di meditazione a Camp Son le mie riflessioni si sono poi orientate attorno al tema della meditazione e degli incontri con diversi giovani monaci e praticanti presenti. La meditazione mi ha permesso di comprendere il significato spirituale profondo di questa pratica e la serietà delle sue implicazioni nel quadro del linguaggio della tradizione buddhista. Non si tratta solo di una tecnica per il benessere psicologico, ma di un cammino di trasformazione interiore che implica un impegno serio verso la purificazione della mente e il distacco dai desideri. Ho compreso che la meditazione, nel buddhismo, non è semplicemente una pratica individuale, ma un mezzo per sviluppare la saggezza, la compassione e la consapevolezza, fondamentali per la liberazione dal soffrire e per il benessere collettivo. Questo approfondimento ha dato alla mia esperienza una nuova dimensione spirituale, che va oltre il semplice esercizio, ma che è intimamente legata alla visione buddhista della realtà.
Religioni come scuole per praticare il bene
Sono stati gli incontri diretti con i giovani praticanti a toccarmi particolarmente. Sono rimasto molto sorpreso da un giovane praticante cinese che mi si è avvicinato per condividere una riflessione molto profonda: «Non ci sono contraddizioni tra quello che pratichiamo qui e le vostre credenze», mi ha detto. Questo incontro mi ha fatto riflettere sulla possibilità di un dialogo che non si limita a trovare similitudini, ma che valorizza le diversità, riconoscendo in esse una fonte di arricchimento reciproco. Diversi giovani monaci si sono avvicinati a me, cercando di conoscere meglio il cristianesimo e Gesù. Un giovane maestro di qigong (pratica per raggiungere benessere psicofisico e accrescere l’energia interiore), in particolare mi ha colpito con una riflessione che racchiudeva tutta la bellezza di questo dialogo: «Le religioni sono come scuole», mi ha detto. «Ogni religione è una scuola in cui si apprendono le virtù e la bontà». Mi ha raccontato che, pur essendo praticante buddhista, frequentava anche una chiesa cattolica della sua città, sentendo che entrambe le pratiche spirituali lo arricchivano. La sua apertura mi ha fatto riflettere sulla possibilità di integrare le esperienze spirituali, piuttosto che vivere le religioni come mondi separati. Questo incontro ha rafforzato in me la convinzione che il dialogo tra le tradizioni possa essere una via per crescere insieme, aprendosi alle virtù che ogni religione può offrire. Un altro giovane praticante mi ha poi detto qualcosa che mi ha molto colpito: «Penso che l’essenza delle religioni non stia tanto nelle differenze, ma nel desiderio di praticare il bene». È proprio questo desiderio di bene che può unirci, al di là delle nostre appartenenze religiose, e creare ponti di solidarietà e comprensione reciproca. Un altro incontro significativo è stato infine quello con un giovane monaco birmano, che durante un momento di riflessione mi ha chiesto delucidazioni sul rapporto tra ontologia e cristianesimo. Mi ha raccontato che erano le categorie filosofiche, in particolare quelle platoniche, a metterlo in difficoltà nel comprendere appieno il messaggio cristiano. La sua curiosità intellettuale mi ha spinto a riflettere su come, anche in un dialogo filosofico, possano emergere ostacoli che non riguardano la verità spirituale di una religione, ma il linguaggio filosofico che ciascuna tradizione utilizza per esprimerla. Questi scambi mi hanno fatto comprendere quanto sia importante non solo il dialogo tra credenze, ma anche la disponibilità a confrontarsi sulle basi filosofiche che le sostengono. In conclusione, questa esperienza di dialogo interreligioso ha rappresentato per me un’occasione unica di crescita spirituale e personale. Ho imparato a vedere nelle differenze un’opportunità di arricchimento, a comprendere la spiritualità buddhista come una via di ricerca del bene, della pace e della comprensione, valori che accomunano tutte le religioni. Il cammino che abbiamo intrapreso insieme è stato solo un primo passo, ma un passo che ci ha aperto alla possibilità di continuare il nostro dialogo con il buddhismo e con le altre tradizioni religiose, in un atteggiamento di ascolto, rispetto e reciproca crescita. Il mio auspicio è che queste esperienze possano svilupparsi in un cammino futuro, in cui il dialogo interreligioso non sia solo un momento di incontro teorico, ma una pratica quotidiana che arricchisce le nostre comunità religiose, e che diventi un seme di pace, comprensione e benevolenza per il mondo intero.