SMARRIMENTO, NUOVA OPPORTUNITÀ
2025/5, p. 3
Il fatto che in questo momento viviamo un senso di smarrimento ecclesiale
deve diventare occasione per crescere. Altrimenti perdiamo una nuova opportunità.
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Testimoni
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FINESTRE SUL GIUBILEO
Smarrimento
nuova opportunità
Il fatto che in questo momento viviamo un senso di smarrimento ecclesiale deve diventare occasione per crescere. Altrimenti perdiamo una nuova opportunità.
FABRIZIO MASTROFINI
Diciamolo: viviamo un senso di smarrimento ecclesiale. Certo, papa Francesco continua il suo Magistero con udienze generali, Angelus, messaggi (brevi) per gli eventi giubilari. C’è, il Papa, anche se non si vede. La Sala Stampa vaticana rassicura: la convalescenza prosegue stabilmente e lentamente ma senza problemi. E certamente dobbiamo credere a queste informazioni. I cardinali hanno preso in mano le redini delle celebrazioni principali, come ad esempio il ricordo dei 20 anni dalla morte di san Giovanni Paolo II.
È tutto normale all’apparenza e basta fare una passeggiata per via della Conciliazione e dintorni, per accorgerci che i pellegrinaggi giubilari ci sono e i fedeli accorrono numerosi a varcare la Porta Santa e radunarsi in preghiera.
Però uno smarrimento esiste. È innegabile che i messaggi del Papa sono meno forti. Ad esempio, la voce vera e diretta del Papa, ogni domenica ed ogni mercoledì, è sempre stata l’unica voce capace di lanciare un chiaro e deciso messaggio per la pace, contro la guerra, contro ogni tipo di conflitto. Adesso spicca l’assenza di queste prese di posizione: sono di meno, meno forti, meno dirette.
Allora è legittimo chiederci: il Papa era davvero così solo nel suo Magistero di pace? Dove è la voce della Santa Sede e degli episcopati e dei consigli delle conferenze episcopali continentali o regionali?
Papa Francesco chiama ancora la parrocchia di Gaza? Manca questo messaggio da Gaza, a conferma del conforto ricevuto da papa Francesco; ci faceva sentire vicini a chi soffre lì in Medio Oriente.
C’è smarrimento. Diciamolo con franchezza. E gli eventi giubilari assumono certamente un tono minore. Penso ad esempio al Giubileo degli Ammalati e del Mondo della Sanità, un evento molto importante – anche il Papa è un convalescente, in queste settimane! – passato un po’ in sordina nonostante tutto.
Che fare dunque?
Certamente il Papa non è la Chiesa e la Chiesa cattolica non è riconducibile unicamente alla figura del Papa. È una realtà molto, molto più vasta. Ma senza il Papa rimane afona.
Un aspetto di questa complessa dinamica ecclesiale è rappresentato dal più vasto mondo dei media. In Italia, ad esempio, tutta la comunicazione di tutti i tipi si è occupata del ricovero di papa Francesco in modo puntiglioso, costante, ossessivo. Tutti i giorni, più volte al giorno. Adesso che non c’è niente da vedere e niente da mostrare – una convalescenza al riparo da indiscrezioni a Santa Marta – il mondo delle notizie ha staccato la spina. E sembra così che il Papato non esista o non sia mai esistito. Da questo punto di vista, l’informazione ecclesiale non riesce a costruire una narrazione adeguata. I mezzi li ha, inutile dirlo, ma sembra debole e non sa bene cosa dire. Ha sempre oscillato tra agiografia e culto della personalità del papa in carica. Non riesce a imboccare in modo deciso la via di una informazione capace di diventare formazione continua. Sono spariti tutti: i teologi, le teologhe, gli educatori, i formatori, i testimoni, i missionari? Tutti scomparsi? Perché non raccontiamo come vivono le comunità locali questo tempo di Giubileo e questo tempo ecclesiale mentre aspettiamo che papa Francesco si ristabilisca?
Tutto tace
Eppure, ci sarebbe tanto su cui riflettere. Prendo un esempio di inizio aprile, con la pubblicazione del volume del noto studioso Alberto Melloni intitolato Il Conclave e l'elezione del papa (Marietti 1820 Editore), un’articolata e interessante analisi delle vicende di questo istituto di governo, dal Primo al Ventunesimo secolo (come recita il sottotitolo).
Il saggio affronta, al termine del percorso, il tema della riforma del Conclave stesso. E anche di come sia possibile una ‘vacanza’ della sede di Pietro pur in presenza di un papa. Per malattia, oppure per una convalescenza che evidentemente rende più difficoltoso il governo di una macchina complessa e fino ad un certo punto in grado di procedere in automatico. È un tema complesso, affascinante, attualissimo. Vediamo ogni giorno, in tutti i campi della vita politica, quanto sia grande il rischio di manipolazioni e condizionamenti che vengono da interessi economico-finanziari, guidati e rilanciati dalla pervasività dei social media. Strumenti di analisi di questo contesto, da parte della Chiesa, sono ancora largamente da mettere a punto. Ma è indispensabile farlo, insieme a decisi interventi in altri settori chiave della vita ecclesiale. Serve una teologia all’altezza della sfida di un mondo in «terza guerra mondiale a pezzi»; serve una reale ed efficace formazione interdisciplinare e transdisciplinare da realizzare e non da sbandierare; servono strategie nuove di evangelizzazione e trasmissione della fede alle giovani generazioni. Servono idee da mettere in pratica, come ho suggerito una volta in un incontro in una parrocchia vicino Roma. Ed erano suggerimenti talmente concreti ed alla portata, che non sono stati realizzati. Meglio non scuotere le antiche abitudini!
E non è vero che sono temi soltanto da Santa Sede o da Vaticano, cioè esclusiva spettanza di vertice – Segreteria di stato e Curia. Sono temi su cui ogni organismo della Chiesa ha la possibilità di esprimersi e avanzare delle proposte. Ad esempio – tanto per capirci – nel mese di marzo ho avuto la possibilità di svolgere un intervento in un webinar sulla formazione organizzato dall’Usmi. E mi sono trovato di fronte a circa 300 partecipanti, religiose, con qualche incursione di sacerdoti operanti nel settore della formazione. Abbiamo dialogato, raccogliendo domande e dubbi, certo in modo non esaustivo perché con tante persone e solo circa due ore di tempo, molto resta in sospeso. Ma l’esempio serve per dire che appuntamenti del genere devono moltiplicarsi e incardinare elementi concreti: cosa stiamo facendo, quali dubbi portiamo con noi, come si governano le realtà locali, come incidere sulle persone, come fare in modo che le comunità siano luoghi di dialogo e non di appesantimento reciproco? E via dicendo.
Il fatto che in questo momento viviamo un senso di smarrimento ecclesiale deve diventare occasione per crescere. Altrimenti perdiamo una nuova opportunità. E non deve essere così.