Del Core Pina
Le età della vita e le tappe del cammino spirituale
2025/4, p. 1
Molti studiosi concordano nell’articolare l’intero periodo dell’età adulta in tre tappe: prima età adulta (dai 25 ai 35 anni), età adulta matura (dai 35 ai 40-45 anni) e seconda età adulta o età di mezzo (dai 45-65 anni).

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Le età della vita
e le tappe del cammino spirituale
Molti studiosi concordano nell’articolare l’intero periodo dell’età adulta in tre tappe: prima età adulta (dai 25 ai 35 anni), età adulta matura (dai 35 ai 40-45 anni) e seconda età adulta o età di mezzo (dai 45-65 anni).
PINA DEL CORE
L’età adulta, nel suo insieme, è una tappa della vita che si estende dalla fine dell’adolescenza all’età senile. Ma, poiché i confini che delimitano le età della vita sono divenuti molto fluidi e incerti, è difficile stabilire un’età precisa, basti pensare a quanto l’adolescenza si sia prolungata tanto da sconfinare verso i 30 anni. Evidenti fattori sociali e culturali (e interculturali), oltre a variabili tipicamente legate alla storia personale, rendono ancora più difficile l’individuazione di eventi, caratteristiche e tratti tipici di ogni fase evolutiva.
Per questa ragione molti studiosi concordano nell’articolare l’intero periodo dell’età adulta in tre tappe: prima età adulta (dai 25 ai 35 anni), età adulta matura (dai 35 ai 40-45 anni) e seconda età adulta o età di mezzo (dai 45-65 anni). A queste tappe fa seguito la tarda età adulta o età anziana (dai 65 anni in poi…).
In ognuna di queste tappe vitali la persona si trova ad affrontare dei compiti di sviluppo specifici, soprattutto se legati a fenomeni fisici, e a confrontarsi con cambiamenti significativi, con possibilità e rischi fino a trovare il suo modo peculiare di esprimere la propria identità personale e vocazionale e, di conseguenza, la propria modalità di essere, di servire e di amare (cf. VC 70). Del resto, il compimento della crescita personale si realizza lentamente e per progressive maturazioni ai diversi livelli della personalità. Così, è per la pienezza della risposta alla chiamata di Dio che non si raggiunge una volta per sempre. Essa si costruisce nelle scelte di ogni giorno, nell’orientamento a vivere le esigenze della sequela e nello svolgimento della propria missione educativa ed evangelizzatrice.
Uno sguardo globale alle sfide dell’età adulta fa emergere simbolicamente alcuni aspetti essenziali che ne caratterizzano la maturazione.
Prima età adulta
Ciò che caratterizza la prima età adulta (25-35 anni) è una più matura capacità di scelta e di decisione connessa a una maggiore responsabilità dinanzi agli impegni della vita. È l’età delle scelte! Sono molteplici le scelte che in questa età si devono compiere e ciò viene fatto con maggiore libertà rispetto al passato. La persona ha raggiunto una certa autonomia ed è consapevole di che cosa fare della propria vita. Poter scegliere tra diverse alternative e in coerenza con il proprio progetto di vita, con il progetto di Dio e della comunità di appartenenza, implica sempre una certa tensione e talvolta anche conflittualità, comporta il rischio di sbagliare, con la possibilità di perdere altre opportunità. Si tratta di operare finalmente delle scelte esistenziali definitive e tale esperienza permette di rinsaldare quella stabilità interiore che la persona ha faticosamente raggiunto lungo gli anni e nell’impegno del quotidiano.
Essendo una stagione di vita attraversata da molti cambiamenti, necessariamente la persona va incontro a momenti critici, sia a livello delle relazioni interpersonali, del lavoro o della missione, sia a livello di preghiera e di relazione con Dio.
Dal punto di vista della crescita personale questa età è caratterizzata da: una più profonda consapevolezza di sé, delle proprie risorse e competenze; una maggiore assunzione di nuove responsabilità; una ricerca di nuove modalità di relazione sia con i genitori e gli altri adulti, che con gli amici e/o partner, o collaboratori/collaboratrici, sia con l’autorità e con i gruppi di riferimento e di appartenenza; una maturazione e integrazione personale più realistica e armonica della propria affettività e sessualità; un miglior investimento in legami affettivi più stabili e maturi, sia nelle relazioni interpersonali che sociali; una capacità di far fronte alle crisi, e tra queste anche il non facile dialogo intergenerazionale, specie in rapporto alla generazione seguente (40-50 anni…).
La sfida centrale di questa stagione, dunque, è la sfida della libertà e della responsabilità e la crisi che ne consegue è data dalla difficoltà a gestire l’intimità personale ed esistenziale, la solitudine e/o l’isolamento, ma anche la produttività, la competitività e l’attivismo.
Età adulta di mezzo
Ciò che caratterizza l’età adulta di mezzo (45-65 anni) è l’essere una fase di transizione, cioè il non essere più nel passato e non ancora nel futuro: non si è più giovani ma non si è ancora vecchi.
Cosa comporta a livello di vissuto psicologico essere una tappa di transizione? Incertezza, instabilità, forse confusione, disorientamento, sensazione di fluttuazione e di generale insicurezza che va a toccare soprattutto la percezione e la consapevolezza di sé: non ci si ritrova più come prima, non ci si riconosce più a livello di emozioni, di sentimenti e perfino di valori.
La crisi si manifesta attraverso momenti di disillusione e disincanto, di frustrazione, di depressione e anche di delusione di se stessi, degli altri e della vita. Si sperimentano forme di disagio emotivo, affettivo e spirituale con la percezione che tutto ciò in cui precedentemente si credeva e sul quale si era poggiata la propria vita sembra improvvisamente non avere più senso.
Manicardi la descrive come una «fase in cui a un passato sentito come deludente fa riscontro il sentimento di un futuro incerto e che suscita ansia. Fase di bilanci che normalmente ci lasciano insoddisfatti, fase di ristrutturazione psicologica della persona, della sua umanità e della sua fede. Fase che, proprio nella sua criticità, può svolgere un determinante ruolo positivo nell’evoluzione dell’essere umano, dal punto di vista psicologico e spirituale» (Manicardi L. 2016, 10-11).
Al di là delle descrizioni talvolta piuttosto divulgative, tendenti a banalizzare o al contrario, a enfatizzare i tratti e le esperienze che in questa età le persone vivono, emerge con chiarezza che si tratta di una stagione di vita in cui l’adultità assume colorazioni e sfumature tipiche, pur tenendo conto della diversità di percezione e dell’intensità del vissuto personale, a seconda del contesto culturale o delle esperienze di vita.
In questa lunga fase della vita, nonostante la tentazione dei bilanci e del disincanto, si esplica maggiormente la capacità produttiva e creativa della persona e, quindi, è l’età del compimento di molteplici realizzazioni o progetti portati avanti con competenza e responsabilità. Ma nello stesso tempo è anche l’età delle svolte, quelle necessarie ed essenziali dinanzi a un futuro che comincia a rivelarsi dal fiato più corto. Tra passato e presente, ci si domanda quali altri passaggi affrontare nella direzione di un futuro che spesso non si presenta del tutto inesplorato.
Nella seconda metà della vita, ritenuta da sempre un’età di pienezza ma anche un’età critica, ci si trova ad affrontare una serie di compiti evolutivi tipici della transizione che conferiscono a questi anni una pienezza di significato, come ad esempio:
– saper gestire il cambiamento nei confronti della percezione del tempo: il passato che non può cambiare e il futuro che non ha molte possibilità (è il «decennio dell’ultima possibilità»);
– essere in grado di una determinazione realistica di propri limiti, mediante un processo di de-limitazione dei propri ideali o progetti e un’accettazione più profonda, psicologica, esistenziale e spirituale di se stessi;
– saper gestire l’emergenza dell’invidia, della competitività e del potere, in particolare di fronte al compito di responsabilità nei confronti delle nuove generazioni;
– continuare a ristrutturare la propria identità personale e vocazionale alla luce dei cambiamenti interni ed esterni, riprendendo in mano la propria vita e appropriandosi della storia passata, riconoscendo e accettando il corpo che cambia e l’emergenza dell’affettività e sessualità;
– andare verso una più matura integrazione a livello affettivo-sessuale coltivando l’attitudine alla generatività per aprirsi a una maternità/paternità più allargata;
– acquisire saggezza e flessibilità pervenendo a una sintesi matura delle proprie esperienze di vita e proiettandosi verso l’ideale e i valori in maniera più realistica, interiorizzata e serena;
– vivere questo tempo di vita come un tempo di grazia e di salvezza nella riscoperta del nucleo più profondo dell’essere (interiorità e contatto con se stessi) e di Dio, l’unicum necessario, che vi abita dentro, coniugando insieme il tempo dell’azione e del dono-compito, il tempo della crisi e il tempo della consegna di sé;
– vivere l’esperienza della conversione definitiva a Dio (seconda conversione) superando il dubbio, l’aridità spirituale, la tentazione del disincanto, della fuga o della «insignificanza esistenziale» e ogni resistenza interiore all’affidamento totale e fiducioso di sé al disegno di Dio.
La sfida dell’età adulta di mezzo è nuovamente quella della scelta e della responsabilità di fronte a se stessi (essere se stessi, fedeli a se stessi, pur nel cambiamento) e di fronte all’altro, alle nuove generazioni. Ad essa si aggiungono la sfida del saper rischiare di amare e di essere amati modulando il proprio desiderio in ordine a una nuova generatività e la sfida di attingere a un nuovo senso della vita, nonostante il limite e la prova della crisi.
Questa stagione di vita, connotata dalla transizione e dalla crisi, è una splendida opportunità di crescita spirituale perché conduce la persona ad assumere gli atteggiamenti dell’esodo per riandare all’essenzialità e rifondare in Dio la propria esistenza, riscoprendo mediante una nuova sintesi sapienziale ed evangelica la propria vocazione.