GUERRA E PACE NELLE MANI DI POCHI LEADER
2025/4, p. 44
Nel mondo sono attivi oltre 50 conflitti, il numero più alto mai registrato dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Sono sempre più internazionalizzati: 90 paesi sono impegnati in conflitti oltre i loro confini.
Gli elementi caratterizzanti oggi sono le tecnologie militari più distruttive e la crescente competizione geopolitica. Restano ancora fondamentali, per tentare di costruire la pace mondiale, i 4 pilastri individuati dal papa Giovanni XXIII nella Pacem in terris: verità, giustizia, amore e libertà.
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VIII RAPPORTO CARITAS
Guerra e pace
nelle mani di pochi leader
Nel mondo sono attivi oltre 50 conflitti, il numero più alto mai registrato dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Sono sempre più internazionalizzati: 90 paesi sono impegnati in conflitti oltre i loro confini. Gli elementi caratterizzanti oggi sono le tecnologie militari più distruttive e la crescente competizione geopolitica. Restano ancora fondamentali, per tentare di costruire la pace mondiale, i 4 pilastri individuati dal papa Giovanni XXIII nella Pacem in terris: verità, giustizia, amore e libertà.
MARIO CHIARO
Voci che rompono il silenzio
Papa Francesco parla di «terza guerra mondiale a pezzi», ma ci invita, alla vigilia del Giubileo, a essere «pellegrini di speranza», in uno scenario in cui la violenza si diffonde oggi tanto quanto l’indifferenza. Il nuovo ottavo Rapporto della Caritas sui conflitti dimenticati vuole essere una voce che rompe il silenzio, un richiamo alla consapevolezza e all’azione. Ogni pagina è un invito a riportare alla luce storie di sofferenza e di resilienza che non trovano spazio nella comunicazione. Le guerre sono evitabili, non necessariamente legate alla natura umana: ne sono convinti quattro italiani su cinque. Papa Francesco da tempo parla di «terza guerra mondiale a pezzi» e, alla vigilia del Giubileo, ci chiede con determinazione di essere «pellegrini di speranza». La violenza si diffonde oggi tanto quanto l’indifferenza. Questo nuovo Rapporto vuole essere una voce che rompe il silenzio e un richiamo alla consapevolezza e all’azione. C’è un invito a non dimenticare, a riportare alla luce storie di sofferenza e di resilienza che non trovano spazio nelle fonti di informazione. Dopo una prima parte che offre uno spaccato dei fenomeni e delle tendenze in atto, la seconda parte riporta una serie di ricerche sul campo. Una di queste è il sondaggio demoscopico, realizzato dall’Istituto Demopolis, relativo alla conoscenza e alla percezione dei conflitti. Più del 70% degli intervistati è in grado di citare almeno una guerra degli ultimi cinque anni: 5 su dieci citano la guerra tra Russia e Ucraina; 3 su dieci ricordano il fronte israelo-palestinese; quasi 2 su dieci indicano la Siria. Un aspetto importante riguarda l’atteggiamento sulla natura della guerra: una forte maggioranza degli italiani rifiuta gli interventi militari e si schiera a favore di interventi umanitari e di riconciliazione.
Le interconnesioni tra i vari fattori
Oggi registriamo quattro guerre ad altissima intensità, con più di 10mila morti: in Myanmar e Sudan, tra Israele-Hamas e tra Russia-Ucraina. Sono quasi 170mila i morti a causa diretta di azioni di guerra. A questi dati aggiungiamo che negli ultimi dieci anni è aumentato il numero di coloro che sono stati costretti ad abbandonare la propria casa, sfollati nel proprio paese o rifugiati in altri paesi. Ogni 10 anni il mondo assiste al raddoppio di sfollati e rifugiati, che attualmente sono oltre 120 milioni. In questo drammatico scenario, la spesa militare mondiale raggiunge il massimo storico, con un picco di circa 2.550 miliardi di dollari. La spesa militare degli Stati Uniti si aggira intorno agli 820 miliardi di dollari; la Cina arriva ai 296 miliardi di dollari e la Russia a 109 miliardi di dollari. La maggioranza dei conflitti «dimenticati», sono combattuti dentro i confini di singoli stati-nazioni. Si tratta di «guerre civili» sostenute con armi provenienti dai grandi avversari di sempre: Stati Uniti, Russia, Cina, Turchia, Iran; con Stati Uniti e Russia.
Oltre al binomio guerra e armi, possiamo individuare altre tre connessioni: guerra e povertà, guerra e degrado ambientale, guerra e finanza. Innanzitutto è chiaro che il 90% delle guerre si consuma nei paesi poveri; in secondo luogo, nelle aree del mondo interessate da cambiamenti climatici con conseguenze sulle popolazioni, sono nati maggiori conflitti tra popolazioni e gruppi, con massicce migrazioni, che sono di ulteriori conflitti; infine, le crisi mondiali stanno generando interventi speculativi della grande finanza (vedi quelli in atto sui prezzi delle materie prime per il cibo), il cui peso è stato scaricato sui paesi più poveri. Purtroppo, constatiamo che proprio la finanza sta determinando gravi problemi a intere nazioni e a milioni di persone nel mondo, in modo particolare a chi è costretto ad importare grandi quantità di cereali per poter vivere.
I bambini e il fabbisogno alimentare
Dalla fine della Seconda Guerra mondiale la percentuale delle vittime civili sul totale è continuamente aumentata, sino ad arrivare oggi attorno al 90% dalla fine degli anni ’90 ad oggi. Secondo i dati diffusi nell’ultimo Rapporto dal Segretario generale ONU, nel giugno 2024 sono state registrate nel mondo quasi 33mila gravi violazioni contro i bambini in 25 conflitti nazionali e nel conflitto regionale del bacino del Lago Ciad. Le violazioni includono sei categorie: uccisioni e menomazioni; reclutamento e utilizzo dei minori in gruppi e forze armate; violenza sessuale; rapimenti; attacchi a scuole e ospedali; blocco dell’accesso umanitario. È aumentato anche il numero dei bambini rapiti nei conflitti armati, raggiungendo per il terzo anno consecutivo oltre 4mila unità, la maggior parte maschi. Allarmanti i dati che riguardano l’Ucraina: nel febbraio 2022 sono stati segnalati circa 1.700 attacchi alla salute dei minorenni (a danno anche di operatori sanitari, forniture, strutture, magazzini e ambulanze) e oltre 3mila attacchi a strutture educative, che hanno lasciato circa 5,3 milioni di bambini ucraini senza un accesso sicuro allo studio. A peggiorare il quadro ricordiamo che che quasi 300 milioni di persone nel mondo sono dipendenti dall’aiuto umanitario: una popolazione che si avvicina al 70% di quella dell’Unione europea. In Africa orientale e meridionale 74 milioni di persone dipendono da assistenza umanitaria. Il Sudan è il paese con il più alto numero di bambini sfollati in tutto il mondo: 3,5 milioni su 30 milioni tutti da sfamare.
Le alternative alle guerre e il Giubileo
Nella Laudate Deum, papa Francesco auspica una «nuova procedura per il processo decisionale e per la legittimazione di tali decisioni, poiché quella stabilita diversi decenni fa non è sufficiente e non sembra essere efficace. In tale contesto, sono necessari spazi di conversazione, consultazione, arbitrato, risoluzione dei conflitti, supervisione e, in sintesi, una sorta di maggiore “democratizzazione” nella sfera globale, per esprimere e includere le diverse situazioni. Non sarà più utile sostenere istituzioni che preservino i diritti dei più forti senza occuparsi dei diritti di tutti» (n. 43). Egli chiaramente si riferisce al gioco delle forze attualmente in vigore nell’ONU, nella Unione Europea e nella Unione Africana. Sono Organismi in cui contano solo i potenti. Il pontefice non intende affossarli, ma chiede di rilanciarne il ruolo e l’istanza profonda che li ha fatti nascere.
Il Rapporto Caritas tocca anche il tema del Giubileo. Nella «Bolla di indizione» si chiede la remissione concreta del debito dei paesi poveri, legandola al debito ecologico, che i paesi ricchi hanno accumulato nei confronti dei paesi poveri. «Un segno della misericordia di Dio, oggi particolarmente necessario, è quello della carità, che apre i nostri occhi ai bisogni di quanti vivono nella povertà e nell'emarginazione. Sono, queste, situazioni che si estendono oggi su vaste aree sociali e coprono con la loro ombra di morte interi popoli. Il genere umano si trova di fronte a forme di schiavitù nuove e più sottili di quelle conosciute in passato; la libertà continua ad essere per troppe persone una parola priva di contenuto. Non poche nazioni, specialmente quelle più povere, sono oppresse da un debito che ha assunto proporzioni tali da renderne praticamente impossibile il pagamento. È chiaro, peraltro, che non si può raggiungere un progresso reale senza l'effettiva collaborazione tra i popoli di ogni lingua, razza, nazionalità e religione. Devono essere eliminate le sopraffazioni che portano al predominio degli uni sugli altri: esse sono peccato e ingiustizia (n. 12)».
La remissione del debito non è una questione di misericordia, bensì di giustizia.