Bissi Anna - Cagnazzo Elisa
Maria Maddalena
2025/4, p. 34
L'eccedenza dell'amore

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Testimoni
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VOCI DI DONNA
Maria Maddalena
L'eccedenza dell'amore
ANNA BISSI – ELISA CAGNAZZO
Maria di Magdala era andata al sepolcro di Gesù, (Gv 20,11-18) appena finito il sabato, prima dell'alba della domenica, quando era ancora buio. Su questo tutti e quattro i Vangeli sono concordi. I sinottici riportano che non era sola, bensì con le altre donne, le stesse che erano state con lei testimoni della crocifissione. Il motivo della loro visita era di terminare le usuali pratiche funerarie sul corpo di Gesù. Era, infatti, morto a ridosso del tramonto, poco prima dell'inizio del sabato, il giorno a cui agli ebrei è strettamente imposto il riposo, ovvero il divieto di compiere qualsiasi lavoro. Gesù era stato frettolosamente deposto, avvolto in un lenzuolo, in una tomba poco lontana dal Golgota. All'alba del giorno dopo il sabato sarebbero state libere di andare da Lui per terminare la sepoltura.
Il Vangelo di Giovanni riporta, invece, che Maria si era recata da sola al sepolcro prima dell'alba. Non è fatto accenno ai profumi o agli aromi, è detto semplicemente che ella andò al sepolcro. Le motivazioni del suo andare sono da leggere tra le righe, in ciò che dà il coraggio a una donna di fare qualcosa di tanto sconveniente quanto uscire da sola alle prime luci del mattino. Tutto, fin dalle prime battute di questo racconto, lascia intravedere una relazione particolare, personale tra Maria e Gesù. Ella si reca per prima e da sola, senza nemmeno chiedersi come avrebbe potuto spostare la pietra che chiudeva il sepolcro. Le sue disposizioni interiori durante il tragitto le possiamo solo immaginare, lei che aveva visto morire poche ore prima l'amico, il maestro, Colui che l'aveva liberata da sette demoni (Mc 16,9; Lc 8,2). La scena che trova è il colpo di grazia. La tomba è aperta, e lei neanche controlla se sia vuota. Rimane fuori Maria, fuori anche dalla comprensione di ciò che sta accadendo. Il primo pensiero diventa il solo: l'hanno portato via! L'ultima consolazione, l'unica, è negata. Maria inizia il suo pianto.
«Perché piangi?»
Piange perché non sa: non sa dove l'hanno posto, non sa che ne è stato del corpo del suo Signore. La Bibbia, in genere, è piuttosto sobria nel descrivere lo stato emotivo dei personaggi, per questo la reazione di Maria attira ancora di più l'attenzione. Questo pianto protratto e inconsolabile diventa il protagonista della scena. In pochi versetti è ripetuto molte volte il verbo «piangere» che in greco è onomatopeico, rendendo anche uditivamente il ritmo dei singhiozzi spezzato dalle risposte veloci, ripetitive e fuori luogo – come fuori luogo sono, spesso, le parole di chi sta vivendo un dolore troppo grande da potersi esprimere.
Mentre piange, chinata verso il sepolcro, Maria vede due angeli in bianche vesti. Ma, dalla sua reazione, comprendiamo che, in realtà, non li vede; ripiegata sul suo dolore, non vede altro che le sue stesse lacrime. L'essere rivolta verso la tomba del suo Maestro non è solo la descrizione posturale del suo stare, ella è così interiormente ripiegata sul suo dolore da non vedere altro, da non accorgersi neanche della visione celeste che si è presentata ai suoi occhi. «Perché piangi?» – le chiedono –. «Hanno portato via il mio Signore» – risponde senza battere ciglio, senza rendersi conto che è con due angeli che sta parlando, accecata totalmente dalle sue stesse lacrime. A questo punto, Maria si volta indietro – dando quindi le spalle al sepolcro? – e vede Gesù stare di fronte a lei. Il verbo che l'autore usa, specifica lo stare in piedi, la posizione dei vivi. Maria piange disperata un corpo morto che è stato portato via, come riconoscerlo vivo davanti a lei?
«Chi cerchi?»
Il dialogo che Gesù intraprende con l'amica è uno dei più teneri di tutti i Vangeli. Sarebbe potuto arrivare dritto al punto, farsi riconoscere, magari rimproverare l'incredulità, l'incapacità di identificarlo. Invece comincia un percorso con la donna accompagnandola passo passo verso il riconoscimento. «Perché piangi?», ripete la domanda degli angeli. Gesù capisce il dolore di Maria, ma nel domandargliene ragione la invita a portarlo più lucidamente alla sua stessa coscienza. Poi ulteriormente restringe e specifica la domanda: «Chi cerchi?”. Maria non risponde e la sua esasperazione è al limite: «Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove l'hai posto e io andrò a prenderlo». Come avrebbe potuto quello sconosciuto «giardiniere» – come pensava lei – sapere di chi stava parlando? E se anche avesse trovato il corpo di Gesù, come e dove pensava di poter trasportare una salma di uomo adulto, da sola? Irragionevole e illogica, spinta da un amore ardente per Colui di cui non si rassegna ad accettare l'assenza, suscita inevitabilmente l'empatia del lettore. Quest'ultimo è, infatti, in una posizione di vantaggio rispetto a lei: conosce qualcosa che la stessa protagonista del racconto ignora. Il lettore sa, infatti, che quello con cui Maria parla è il Signore. È Lui che lei era andata a cercare alla tomba anche se ora non lo riconosceva, ripiegata com'era sul suo pianto.
Gesù fa allora il primo passo: la chiama per nome. Per la cultura ebraica il nome ha a che fare con l'identità profonda; pronunciare il nome è qualcosa di molto intimo, per questo raramente esso viene usato in un discorso diretto. Ciò nonostante, Gesù la chiama con il suo nome, utilizzando – come si può notare solo nell'originale – quello in aramaico: Mariàm, come era abituato a fare prima, con la stessa familiarità che aveva costruito con lei mentre era in vita. Gesù pronuncia il suo nome e subito recupera quella intimità che la morte aveva rotto.
Con la stessa familiarità Maria gli risponde in ebraico: Rabbunì! Gli risponde dopo essersi voltata, dunque – possiamo immaginare – guardando nuovamente al sepolcro vuoto. Il paradosso narrativo che nasce da questo duplice voltarsi di Maria è certamente indice di un voltarsi interiore, di un cambiamento di prospettiva intimo, di una conversione del cuore che cambia il suo modo di cercare il Signore. Allo stesso tempo, però, possiamo lasciarci accompagnare da ciò che questo paradosso suggerisce: Maria riconosce il suo Signore nel guardare il sepolcro vuoto. Finalmente lo riconosce, e proprio nella sua assenza. Quell'assenza che prima era ripiegamento di dolore e morte, ora è Lui: «Rabbunì!». Che significa Maestro, nota l'evangelista. […] Le lacrime sono state per Maria come un battesimo di purificazione. Ha purificato il suo amore per il Signore: non è più un corpo da trattenere quello che cerca, ma un Signore vivo da annunciare a tutti. Ha purificato il suo sguardo capace ora di riconoscerlo presente nell'assenza.
[…] La richiesta di non trattenerlo – che Gesù rivolge alla donna – può essere, infatti, interpretata anche in questo senso. È l'invito a non aggrapparsi a una relazione che, per quanto ricca, profonda, attraente, potrebbe essere vissuta come un adattamento della realtà alle nostre categorie umane riduttive, dove il fine – esplicito o nascosto – è sempre la soddisfazione personale, la realizzazione di sé. Gesù non può limitarsi a essere per Maria ciò che è stato: l'uomo che l'ha accolta e salvata, l'amico, Colui a cui deve tutto, il medico della sua anima. […] All'amore eccedente di Maria, che supera ogni barriera per cercare colui che la sua anima ama (cf. Ct 3,1) e, nello stesso tempo, è così cieco da non percepirne la presenza al di là delle apparenze, il Risorto risponde con un amore ancor più sovrabbondante. Un amore che la sollecita a trascendersi, ad andare al di là dei limiti e della fragilità sempre presenti in ogni legame umano, per diventare totalmente oblativo. Maddalena è così invitata dal Risorto a mantenere lo stesso ardore, la stessa intensità di affetto, pur lasciandolo andare; se saprà custodire dentro di sé la sua presenza, saprà anche diffonderla e donarla ai suoi fratelli.