Trump e il cattolicesimo americano
2025/4, p. 18
Il cattolicesimo americano da tempo naviga in un contesto di crisi della globalizzazione. L’elezione di Trump per un secondo mandato rappresenta un ulteriore passaggio nel processo di metamorfosi di una chiesa che ha l’anima
di un partito politico etnico-nazionalista.
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FOCUS SULL'AMERICA
Trump
e il cattolicesimo americano
Il cattolicesimo americano da tempo naviga in un contesto di crisi della globalizzazione. L’elezione di Trump per un secondo mandato rappresenta un ulteriore passaggio nel processo di metamorfosi di una chiesa che ha l’anima di un partito politico etnico-nazionalista.
MASSIMO FAGGIOLI
Il consumismo del mercato religioso
Il cattolicesimo negli Stati Uniti vive anche all’interno di una «religione americana» in un paese che ha una concezione religiosa di sé, e in cui le forme più originalmente americane sono i Mormoni, gli Avventisti, i Testimoni di Geova. Il cattolicesimo made in USA fa parte di questo sistema religioso, che rispetto ai due secoli precedenti appare oggi meno diviso da frontiere confessionali e culturali. Ma si trova anche di fronte a un processo di secolarizzazione che smentisce l’illusione che fosse solo un problema europeo, e che invece ha fatto di alcune zone del paese americano (il nordest, il nordovest, le aree urbane) dei «deserti ecclesiali» dove il post-cristiano ha lasciato uno spazio talvolta al neo-pagano, e più spesso a un movimento New age che popola le credenze di americani atei e di tutte le chiese, denominazioni e affiliazioni confessionali. La religione in America funziona come un mercato, espressione di un individualismo libertario, e nel tempo ha assunto le fattezze di un labirinto nel quale ogni americano è chiamato a esercitare il suo diritto di scelta, da consumatore, in un paese in cui il bisogno di spiritualità e di religiosità non è diventato un tabù come in Europa, rimanendo più profondo di ogni possibile strumentalizzazione politica o consumistica.
Trump, una figura di tipo messianico
Il populismo trumpiano fa parte dell’uscita dell’America da una concezione di sé come nazione cristiana. È il sintomo dell’avvento di un nazionalismo post-cristiano ma ancora religioso: non deve stupire il fatto che molti americani hanno visto in Trump una figura di tipo messianico, ancora di più dopo essere sopravvissuto all’attentato alla sua vita del luglio 2024 (e alle inchieste e processi che hanno fallito nell’intento di porre fine alla sua carriera politica). In questo labirinto spirituale, il cattolicesimo occupa uno spazio particolare, perché è al centro della ridiscussione del progetto America e della scoperta delle ambiguità teologiche e religiose di quel progetto, in cui è stato vittima e complice del colonialismo, britannico prima e americano poi. Ma c’è anche la capacità innata di una chiesa, rimasta di immigrati e migranti di molteplici identità, di confrontarsi con riferimenti esterni: il Vaticano, i cattolici in altri paesi, la storia delle chiese protestanti e delle innumerevoli altre denominazioni. Il cattolicesimo occupa uno spazio unico, per la sua identificazione con una tradizione magisteriale, teologica e sociale ben precisa quanto a ruoli di genere, sessualità e biopolitica (le questioni dominanti nelle «guerre culturali»).
L’evangelizzazione politicizzata
La divisione interna al cattolicesimo ha portato spesso a modi rivendicativi di vivere l’appartenenza ecclesiale, a una cultura del risentimento e a una politicizzazione della fede, aspetti che fanno convivere lo scisma liquido e l’unità istituzionale che fa parte (per ora) dell’unicità della Chiesa cattolica rispetto alle altre Chiese. Il cattolicesimo americano è passato dalla «romanizzazione» dell’Ottocento e del primo Novecento (cf. il movimento denominato «ultramontanismo», che proclamava il primato del papa sulle chiese nazionali e una clericalizzazione del sistema ecclesiale) al XXI secolo in cui diventa l’esempio del cattolicesimo globale, che si esprime in una ridefinizione dei suoi rapporti interni, con altre chiese. altre tradizioni e religioni. Il cattolicesimo negli USA fa parte di una «anglosfera» (quei paesi che condividono elementi di lingua e cultura inglese), che fa sempre meno parte di un ordine religioso e teologico legato all’Europa: ha preso altre vie, più orientate verso l’America Latina, l’Asia e il Pacifico, l’Africa. Dunque, il cattolicesimo americano ha una vitalità e militanza tipiche più di una chiesa africana e asiatica che di una chiesa dell’Occidente secolarizzato. È più globale perchè è una compagine diversificata al suo interno, ma anche più isolata dal resto del mondo. È più culturale e meno teologica, un contesto in cui la capacità di evangelizzazione risente della polarizzazione politica. Di fronte alle sfide della secolarizzazione e della diversificazione religiosa, negli Usa la sinistra politica e cattolica è passata dal cattolicesimo del «dissenso» a quello della «trasgressione»: la vera fede si manifesta nella cultura come identità particolare di gruppo. Sono mancate, nella sinistra cattolica, le distinzioni tra liberalismo-progressismo politico e teologia del concilio Vaticano II, non solo in termini di posizionamento sulle questioni sociali che dividono, ma anche come rinuncia a una lettura religiosa e spirituale dell’oggi che non fosse al traino dei social media. Sull’altro lato dello spettro ideologico, invece, la destra politica in America è passata dalla «difesa» della tradizione alla «sovversione», attrezzandosi non solo per cavalcare l’ondata del trumpismo, ma anche per tentare di sopravvivergli. Quindi dovrà fare i conti con il rischio di una identificazione permanente tra conservatorismo religioso e la sua strumentalizzazione da parte del nuovo sistema politico.
La Chiesa americana nella scomposizione nel cattolicesimo globale
Il cattolicesimo americano non è più soltanto il rifugio per gli ideologi del conservatorismo sociale come lo era tra gli anni Novanta e i primi anni Duemila. Ora è un brand, un marchio in vendita sul mercato del miglior offerente. Si veda il sintomatico caso del vicepresidente J.D. Vance, arrivato sulla scena politica nazionale e globale anche grazie ai nuovi padroni dell’universo come Elon Musk e Peter Thiel. Il cattolicesimo di Vance – e di quei «cattolici culturali» che lo hanno sostenuto e votato – si lega ai processi di «es-culturazione» (scissione tra l’identità della nazione e l’identità cattolica) e «de-culturazione» (disconnessione tra chiesa e cultura di un paese). Siamo di fronte a un passaggio fondamentale nella storia della religione e del cattolicesimo negli Stati Uniti, ma anche a un esempio della scomposizione in atto nel cattolicesimo globale: cambiamenti drammatici negli schieramenti politici dei cattolici e il ruolo della Chiesa all’interno della rottura dell’ordine internazionale dopo la Guerra Fredda.
Il trumpismo e il fallimento del cattolicesimo istituzionale
I cattolici per Trump, inclusi quelli dietro ai piani del cosiddetto «Project 2025» , sono eredi del patriarca del conservatorismo cattolico americano, William F. Buckley Jr., nelle visioni su società e razza, su anti-europeismo e isolazionismo, contro il declino demografico. C’è anche una genealogia della riscossa del cattolicesimo anti-liberale che risale a Buckley e i suoi epigoni, come anche alle sue fonti ottocentesche (cf. Burke, Riflessioni sulla rivoluzione francese nel 1790). Le conseguenze del trumpismo vanno oltre la politica e costituiscono un vulnus (in buona parte auto-inflittosi dagli stessi cittadini) per la storia della chiesa americana. Sono la prova del fallimento del cattolicesimo istituzionale negli Stati Uniti e un tradimento perverso della tradizione intellettuale cattolica che in America ha avuto profeti come Dorothy Day, Thomas Merton, i fratelli Berrigan, le suore e laiche missionarie assassinate in America Centrale. L’elezione di Trump per un secondo mandato rappresenta un ulteriore passaggio nel processo di metamorfosi della chiesa cattolica americana in qualcosa di simile alle chiese evangelicali dei bianchi, una chiesa con l’anima di un partito politico etno-nazionalista. In questo senso c’è uno «svuotamento della parola» in America oggi, che rivela una corruzione della parola anche nella religione, con conseguenze anche per il carattere cristiano delle chiese americane. All’interno del protestantesimo, una volta anima degli Stati Uniti, è in corso l’abbandono del cristianesimo organizzato nelle chiese in termini di credenze, comportamento e appartenenza. È un processo che va in direzione contraria alla storia nazionale dei risvegli evangelicali (detti great awakenings). Questa de-ecclesializzazione tocca anche la chiesa cattolica. Ma il cattolicesimo americano oggi si accompagna a una specie di revival cattolico di piccoli numeri: la secolarizzazione convivrà insieme a tentazioni o esperimenti di tipo teocratico, tradizionalista o integralista, non tutti politicamente reazionari, spesso vissuti in piccole comunità.
L’uscita da un sistema religioso ed ecclesiale
La rielezione di Trump segnala la fine del sistema post-Guerra Fredda venuto alla luce nel 1989, anche nella Chiesa. L’America del pieno secolo XXI è in uscita da un sistema religioso ed ecclesiale: le dimensioni istituzionali di questo esodo sono solo la punta dell’iceberg rispetto alle mutazioni in corso nell’ambito sociale e culturale. Non sono soltanto gli effetti di una crisi demografica a cui l’immigrazione non può supplire per quanto riguarda i suoi effetti sul sistema ecclesiale ora al tramonto; non è soltanto una questione di modello organizzativo. È anche una dislocazione della «missione» delle istituzioni cattoliche verso altri lidi o di un esaurimento di quella missione che era per una «chiesa di popolo», che ora non esiste più o esiste in alcune comunità locali. Non è solo una questione americana. Ci sono gli effetti delle politiche di Trump sulla libertà religiosa a livello nazionale ma anche internazionale: il trumpismo segnala la fine dell’era del neo-conservatorismo e della sua enfasi (ipocrita quanto si vuole) sul ruolo degli Stati Uniti nella difesa della democrazia e dei diritti umani nel mondo. Nella politica neo-imperiale, le comunità cristiane potrebbero essere, più di prima, alla mercè degli «uomini forti» nei sistemi anti-liberali and illiberali. Lo si è visto dalle proposte di Trump su Gaza e le prospettive che si aprono per i palestinesi (anche cristiani) nell’area.
La rotta di collisione tra Vaticano e Stati Uniti
I leader della Chiesa cattolica e del Vaticano in particolare dovranno adattarsi a questa nuova situazione. Stiamo assistendo a una brusca svolta negli Stati Uniti nell’era di Trump verso qualcosa di diverso da ciò che era stato creato nel precedente secolo americano e esteso dopo la fine della Guerra Fredda, fino a quando questo nuovo etno-nazionalismo è arrivato e ha definito la nostra epoca. Avrà profonde conseguenze perché ridefinisce i parametri politici, sociali ed economici in cui opera il cattolicesimo. Questo potrebbe essere solo l'inizio. La lettera dell'11 febbraio 2025 di papa Francesco ai vescovi degli Stati Uniti, che è anche una risposta diretta al vicepresidente (cattolico) J.D. Vance e ai suoi sostenitori, segna un'escalation: dalle vecchie «guerre culturali» a qualcosa di simile a una guerra teologica tra il Vaticano da una parte e la Casa Bianca con settori del cattolicesimo statunitense dall'altra. La questione di cosa significhino questi nuovi assetti americani per la Chiesa riguarda entrambe le estremità opposte dello spettro ideologico: coloro che pensavano che l'America fosse il migliore dei mondi possibili e coloro che vedevano nell'impero americano la peggiore possibile delle incarnazioni del potere cristiano sulla terra. Il Vaticano e gli Stati Uniti erano «imperi paralleli», con relazioni complicate e ambivalenti, ma non in aperto conflitto: ora sotto Trump sono in rotta di collisione.