Chiaro Mario a cura
CRISTIANI E CITTADINI NELLA «SOCIETÀ TRAUMATICA»
2025/3, p. 44
Il flosofo Roberto Mancini, durante il «Forum missionario» organizzato dalla «Fondazione Missio» (11-14 novembre 2024), ha proposto un’acuta rifessione su come leggere e interpretare un mondo attraversato da logiche disumanizzanti.

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FORUM MISSIONARIO
Cristiani e cittadini
nella «società traumatica»
Il filosofo Roberto Mancini, durante il «Forum missionario» organizzato dalla «Fondazione Missio» (11-14 novembre 2024), ha proposto un’acuta riflessione su come leggere e interpretare un mondo attraversato da logiche disumanizzanti.
a cura di MARIO CHIARO
Mancini ha iniziato il suo ragionamento proponendo una formula per sintetizzare in che tipo di mondo viviamo. «Si parla di società di mercato, tecnologica, moderna. Io, invece, la definisco come “società traumatica”». Si tratta di una condizione esistenziale che riguarda la possibilità stessa di esistere e di vivere con dignità: il trauma è una lesione che impedisce di tornare a vivere come prima. «Se consideriamo gli effetti della finanziarizzazione dell’economia, della precarizzazione, dello sfruttamento, delle disuguaglianze, o l’impatto sulla società e sulla natura, possiamo dire che l’effetto globale su tutte le creature del mondo è un trauma sistemico. Gli esseri viventi si trovano costretti ad adattarsi per sopravvivere».
I cinque poteri globali
Il nostro mondo, secondo il filosofo, si regge sull’egemonia di cinque sistemi di poteri globali impersonali. Non si tratta di una figura fisica che comanda (imperatore, monarca o despota), ma di un meccanismo che tende ad autoregolarsi ed è difficile da controllare. Il primo sistema è l’economia finanziarizzata: un’economia capovolta, che considera le persone come risorse umane, solo mezzi per produrre profitto. «Gesù di Nazareth non ha mai definito nessuno una risorsa umana. Se non rientri in questa categoria e sei fortunato, allora sei uno scarto, un esubero: qualcuno che ostacola il sistema. L’equivalente, nei confini degli stati, è il termine “clandestino”: la tua sola esistenza diventa un’anomalia da cancellare, quasi un reato per il semplice fatto di essere al mondo». Il secondo sistema globale è quello della tecnocrazia: un enorme potere che sfugge al nostro controllo e che accelera le nostre vite: «l’essere umano è lento, i significati profondi della vita sono lenti, ma la tecnologia corre più veloce. Così, decisioni e cambiamenti sono scanditi da un ritmo che per noi è inabitabile […] Alcuni studiosi sostengono che l’accelerazione sia la forma principale di alienazione del mondo contemporaneo, perché polverizza l’esperienza umana». Il terzo sistema è l’apparato mondiale dei media, che produce una narrazione comoda e funzionale ai poteri dominanti (vedi la rappresentazione delle vicende in Medio Oriente, delle questioni palestinese o curda ecc.). Il quarto sistema è la rete delle burocrazie. La burocrazia è «una ladra di tempo, energie e attenzione»: invece di facilitare la vita, la ostacola, trasformandosi in una ulteriore macchina di controllo e di oppressione. Infine, va considerata la cosiddetta geo-politica: una sfilza di imperi, monarchie, nazionalismi, razzismi, finte democrazie. Secondo Mancini, la geopolitica è diventata «geo-bellica», cioè «un sistema in cui la guerra è istituzionalizzata. È ingenuo pensare alla guerra come a uno scontro tra buoni e cattivi. Dire “mando le armi al buono per sconfiggere il cattivo” è un’illusione. La guerra non è un duello morale: è un’istituzione attentamente pianificata, radicata nell’economia, nella politica, nei libri di testo, persino nel linguaggio con cui parliamo dell’altro. E quando questo sistema di guerra è maturo, esplode. Non ci sono solo guerre visibili nei telegiornali, ma anche conflitti sistematici. Nel nostro modello sociale, c’è una guerra continua contro i bambini e i giovani, contro le donne, i poveri, i migranti e il mondo naturale. Tutti coloro che subiscono il peso del potere sono perseguitati in modo sistematico, pur in forme diverse». Per sopravvivere in una società ostile all’umano, siamo costretti ad adattarci a traumi continui, chiudendoci in difesa.
La società «necrofila» fondata sul potere
A questo punto, per indicare la genesi di una società intrappolata, Mancini ha richiamato Erich Fromm, secondo il quale noi obbediamo a logiche di «necrofilia», per fondare la vita collettiva su sistemi di mortificazione. «Parlo di mortificazione, morte civile, simbolica, economica, sociale, culturale. È così che chi detiene il potere usa la morte come strumento, brandendola per eliminare ciò che considera scomodo o pericoloso nella vita. Abbiamo trasformato la morte in un mezzo, uno strumento da cui estrarre profitto, vantaggi, potere, supremazia». Così la necrofilia diventa il principio fondante: si esaspera la logica del potere, portandola al suo estremo. Consideriamo che il potere non è mai neutro: «non è un mezzo, perché diventa esso stesso il protagonista, il sistema, la grammatica che organizza tutto». Per questo motivo, il computer e la rete non sono solo mezzi, ma un ambiente, una forma di vita che assorbe l’umano dentro una sfera più ampia. L’essenza del potere è composta da due elementi: l’imposizione e l’autoreferenzialità. Il potere è innanzitutto una imposizione, un potere su qualcuno. «Trovate una sola riga nel Vangelo in cui Gesù di Nazareth dice che bisogna prendere il potere e usarlo bene? Non c’è. C’è invece una confutazione radicale del principio stesso di potere». Forse ancor più tossico è l’altro elemento, quello dell’autoreferenzialità: gli psicanalisti lo chiamano «narcisismo maligno». Il narcisista considera il proprio io come il centro del mondo: comprende solo ciò che lo riporta alla propria centralità, al proprio primato, al proprio benessere. Il narcisismo però non è solo una caratteristica di alcuni individui patologici, ma anche di istituzioni, governi e sistemi economici. Precipitiamo tutti in un vuoto di senso, di umanità e di futuro. Alcuni lo tollerano in silenzio, distraendosi con attività fini a se stesse e tira a campare, altri reagiscono sprigionando una violenza omicida. «Siamo nell’epoca non più solo della banalità del male, ma della “vacuità del male”».
Le grandi tendenze disgregative nel mondo
Mancini ha più volte detto che «il potere non governa: il potere disgrega». Il nostro mondo ha estremizzato e globalizzato la logica del potere. Così sono nate alcune grandi tendenze disgregative: le diseguaglianze abissali e insostenibili; un sistema bellico che concepisce la possibilità della guerra atomica; la distruzione del mondo naturale. «Non siamo in crisi, siamo in trappola. Siamo sull’orlo di una dinamica di autodistruzione». La verità è che «non siamo stati capaci di scoprire, riconoscere e valorizzare le “forme di efficacia biofila”». Ci sono due forme di efficacia: quella necrofila, disgregativa e mortale, alla base della civiltà mondiale, e quella biofila, che genera e sostiene la vita. L’efficacia biofila si evidenzia come libertà autentica: non fare quello che voglio, ma attuare la propria dignità, rifiutando ciò che è degradante e oppressivo. L’efficacia biofila si esprime anche nella responsabilità, come capacità di farsi carico delle contraddizioni, delle ferite e degli errori. L’efficacia biofila si manifesta nel servizio. «Non è il potere che salva, ma la cura, la responsabilità e il servizio che danno forma a un’umanità autentica. Immaginate la differenza tra l’efficacia del servizio e quella del potere. È una distinzione che tutti conosciamo, per esempio, osservando un parroco, un vescovo, o un papa: ci accorgiamo subito se agisce con spirito di servizio o con logiche di potere. Lo stesso vale per un sindaco o un presidente del consiglio. La differenza è enorme, evidente. Durante il Covid abbiamo riscoperto la parola cura. Non servivano carri armati, ma medici, medicine, infermieri».
Il concetto equivoco di missione «occidentale»
Si può affermare, a questo punto, che la civiltà occidentale ha estremizzato e radicalizzato il principio del potere. Storicamente ha guardato le altre culture come primitive, selvagge, con il pretesto di “civilizzarle”. «Pensate all’equivoco concetto di missione: portare la civiltà, il progresso, la ragione, la vera religione. Quanti crimini e abomini sono stati compiuti in nome di questa “missione”». Oggi, missione non dovrebbe più significare imposizione, ma dialogo, riconoscimento e scambio. Eppure, la civiltà occidentale ha esportato su scala globale questa logica di potere. «Alcuni colleghi africani della Guinea-Bissau o del Mozambico mi dicono: “Voi occidentali avete l’arte di vincere senza avere ragione”. E in questo siete davvero maestri. Allora, vale la pena chiedersi: qual è la grammatica dell’Occidente nello stare al mondo? Qual è il suo codice di relazione con se stesso, con gli altri, con la natura, con gli altri popoli, con Dio? Abbiamo globalizzato il nostro modello, ma questo modello cosa racconta del nostro modo di pensare e vivere le relazioni?». Uno dei pilastri di questo nostro codice è la logica dell’identità: un occidentale ragiona innanzitutto in termini di identità come separazione, esclusione e auto-centralità. «Eppure, Gesù di Nazareth non si è mai preoccupato dell’identità cristiana. Non sentiva il bisogno di difenderla». L’Occidente invece ha concepito una identità senza relazione. «Identità esclusiva: questo è il nostro paradigma. Non vediamo le relazioni; le studiamo, ne discutiamo nei convegni, ma restiamo autocentrati. Questo schema culturale è il terreno fertile per il narcisismo maligno: non ci sentiamo parte di una vita comune, ma cerchiamo di espanderci, conquistare, dominare». Di seguito, il filosofo ha indicato due manifestazioni emblematiche di questo codice: Dio come trascendenza (una entità distante, confinata ai riti e alle liturgie, che non ha impatto sulle scelte concrete della vita; un concetto astratto, non una presenza interiore o relazionale) e la natura come ambiente (qualcosa di esterno a noi, cornice e non una parte costitutiva delle nostre fibre, delle nostre vite).
Una conversione di civiltà
«Se vogliamo uscire da questa trappola, dobbiamo recuperare una logica alternativa, fondata non sul potere o sul possesso, ma sulla relazione, la condivisione e l’amore generativo. Non è solo una questione di cambiamento culturale, ma una necessità per la sopravvivenza della vita stessa. Tradotto, questo significa che Dio non vuole dinamiche di morte. Non vuole religioni, economie o sistemi educativi sacrificali, che generano vittime. Dio vuole un amore generativo, l’amore che libera, che fa fiorire la vita». Mancini ha affermato con forza che questo sistema non va semplicemente riformato! «Serve un esodo, un percorso di uscita, una trasformazione radicale. Occorre un gigantesco apprendimento: imparare a uscire dalla logica del potere e a stabilire un principio nuovo, basato sulla corresponsabilità, la solidarietà e, soprattutto, sull’amore […] l’amore, nel suo significato più profondo, è adesione alla vita come dinamica di comunione. Adesione significa uscire da se stessi, spezzare il guscio del narcisismo, smettere di vivere per sé soli e abbracciare la vita come relazione, come comunione. Fino a quando non facciamo questo, restiamo in una condizione disumanizzata. Questa disumanizzazione ci rende docili e obbedienti alle dinamiche di potere. E il potere, nella sua essenza, è la radice della guerra, perché non tollera l’alterità». Insomma, questo è il compito: non adattarsi, non riformare, ma trasformare radicalmente il modo in cui abitiamo il mondo. Non dominare la vita, ma imparare a organizzarla, gestirla e prendersene cura, senza selezionare chi sopravvive e chi muore, chi sono i sommersi e chi i salvati. Dobbiamo imparare ad abitare la vita come custodi del creato, non come distruttori.