I VOLTI DELLA POVERTÀ IN CARCERE - OLTRE LE SBARRE, IL FRATELLO
2025/3, p. 39
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Testimoni
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Matteo Pernaselci - Rossana Ruggiero
I volti della povertà in carcere
EDB, 2024, pp.144, € 39,00
Per il box di sintesi:
«In carcere, le sbarre stanno dappertutto. Non ci sono solo quelle alle finestre, ci sono anche quelle che ti porti saldate sulla pelle e nell'anima. Per chi sta dentro si chiamano senso di colpa, diffidenza, rabbia. Per chi sta fuori pregiudizio, indifferenza, pietismo. Attraversarle non è facile, a meno che non si indossino i panni dell'empatia e del rispetto». (Piero Di Domenicantonio)
ANNA MARIA GELLINI
Rossana Ruggiero ha raccolto storie di uomini e donne che vivono l’esperienza del carcere di San Vittore, come condannati o come operatori. Ma prima ancora dei suoi racconti, «parlano» in modo particolare le grandi fotografie in bianco e nero di Matteo Pernaselci. Nei dieci capitoli del libro prendono vita le donne e gli uomini, con le loro parole, i loro volti, la loro vita quotidiana, le loro speranze, in questo luogo di pena. Gli sguardi parlano delle ferite che in tanti modi hanno appesantito la vita: occhi profondi, tristi o malinconici, a volte aggressivi o ribelli, a volte «presenti» altre volte «lontani», ma in tutti ancora può emergere una bontà di fondo, un pentimento, una nostalgia, un sorriso desideroso di affetto e di comprensione. Ad esempio, Giuseppe, nel capitolo VI, si esprime così: «Mi manca tutto… La prima cosa è la libertà di camminare. Ti manca l’amicizia, la famiglia… Qui ti senti quasi solo, perché alla fine non conosci nessuno fino in fondo. La convivenza è difficile. È un luogo stretto, qui. È come rinascere una seconda volta in un posto non desiderato». E la speranza «è quello che ti porti dietro tutti i giorni, senza il quale non puoi fare quel passo che vorresti fare nella vita e sta a noi, inseguirla e corrergli dietro… è luce, è colore!» (p. 89).
Primo Mazzolari
Oltre le sbarre, il fratello
Il carcere e la giustizia
EDB, 2025 pp.136, € 14,00
ANNA MARIA GELLINI
Per il box di sintesi:
Il tema della giustizia è quanto mai attuale, ma è utile uno sguardo di misericordia e redenzione sulla vita di quanti hanno commesso gravi errori tanto da finire in carcere. Mazzolari è maestro di umanità e cerca di leggere il cuore, non si ferma all’apparenza o al pregiudizio. Egli anticipa il principio di fraternità di papa Francesco. Pur senza affermarla in modo esplicito, la prospettiva di don Primo è la stessa che sostiene la giustizia riparativa: bisogna educare più che condannare, dare opportunità più che chiudere porte, perché «chi non crede alla redimibilità di una creatura umana non è cristiano».
Il libro è curato da don Bruno Bignami e don Umberto Zanaboni, rispettivamente postulatore e vicepostulatore della causa di beatificazione di don Primo Mazzolari. Sono 136 pagine tutte da meditare più che da leggere, tanta è la forza spirituale, umana ed evangelica che trasmettono. Una grande libertà di pensiero e di coscienza, oltre che una coraggiosa dimensione profetica, alla luce delle tre virtù teologali – fede, speranza e carità, – fanno del volume una testimonianza appassionata, audace, sofferta, oltre che una «provocazione» a rivedere anche lo stile «civile» del nostro vivere. Il lettore è interpellato in modo particolare su una carità che per don Mazzolari è questione di spiritualità e di sguardo. In uno dei suoi discorsi (Cremona, 27 giugno 1949), con grande realismo e vera com-passione, don Primo disse: «Avrei voluto che foste nell’incontro in carcere: duecentocinquanta creature, la maggior parte giovani… Erano volti sofferenti… quasi imploranti. Avevano bisogno di essere guardati…» (p. 35). «Se Cristo non si è fermato tra i «galantuomini», s'egli è andato di là dalle sbarre, vuol dire che anche di là c'è qualche cosa che vale. Non abbiamo il diritto di spegnere lo spirito con un nostro giudizio. È il peccato che non si perdona, perché è contro la virtù della speranza, contro la fede nella redenzione. Chi non crede alla redimibilità di una creatura umana non è cristiano» (pp. 44-45). «L’uomo ha più bisogno di misericordia che di giustizia. L’uomo giusto mi può dare la morte: l’uomo misericordioso mi dà la vita» (p. 121).