La vedova nel tempio
2025/3, p. 32
Perdere la vita per donarla
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Testimoni
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VOCI DI DONNA
La vedova nel Tempio
Perdere la vita per donarla
ANNA BISSI – ELISA CAGNAZZO
Mentre si avvia alla conclusione del suo Vangelo, Marco introduce un personaggio femminile che possiamo considerare chiave interpretativa della morte e dell'intera vita di Gesù, segno del dono di sé totale e senza riserve. La vedova che nel tempio offre tutto quanto aveva per vivere – donna povera, sola, senza nome – è il simbolo di ciò che di più bello esiste nella femminilità: la capacità di dono, di dedizione totale, di generosità, di dimenticanza di sé.
[…] Gesù è seduto di fronte al tesoro del tempio. In questo luogo, nel cortile esterno del tempio, il luogo più frequentato a cui avevano accesso anche le donne, tredici casse a forma di tromba raccoglievano le offerte. I pellegrini vi si recavano, comunicavano a un sacerdote incaricato l'ammontare della loro offerta e la sua eventuale destinazione: gli orfani, le vedove, gli stranieri... Era poi quest'ultimo a gettarle nel tesoro, e possiamo immaginare che quando l'offerta era consistente il rumore delle monete che scendevano nella cassa attirasse l'attenzione di chi si trovava nei paraggi. Anche Gesù, in effetti, osservando la folla che vi gettava monete, notò che tanti ricchi ne gettavano molte. In questa folla, però, la sua attenzione si fermò su una donna. Come sapesse che si trattava di una vedova è difficile da dire. […] Chiedersi se Gesù conoscesse o meno l'ammontare dell'offerta è una domanda fuorviante. Il suo sguardo vede ciò che all'esterno è invisibile, ciò che dall'esterno non risuona. Chiamò a sé i discepoli e chiese loro di notare questa vedova designata in maniera inequivocabile con il pronome dimostrativo. Nell'anonimato dei tanti ricchi, quest'unica donna – pur così insignificante agli occhi di tutti – assunse uno spessore e un'identità tutte particolari. In fondo, l'ammontare dell'offerta non è così importante, il contrasto non è fra il «tanto» dei ricchi e il «poco» della vedova. Le misure, anzi, sembrano insufficienti; lei ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri – disse infatti Gesù ai discepoli. Gli altri hanno preso – letteralmente – dalla loro sovrabbondanza, lei dalla sua povertà. […] In questo atto all'apparenza banale e che forse nessuno – a parte Gesù – ha notato, non possiamo limitarci a scorgere l'offerta altruistica e disinteressata di una donna poco preoccupata del proprio benessere. Come per lo «spreco» di profumo prezioso usato da Maria di Betania per ungere i piedi del Signore, anche qui ci troviamo di fronte a un'azione che sollecita, interpella e mette in questione. Vi scorgiamo un richiamo rispetto al senso da attribuire alla nostra esistenza: desideriamo trattenerla per noi o – come fece lei – gettarla e perderla, spendendola nel dono?
In quest'azione ordinaria e a prima vista insignificante leggiamo in trasparenza che cosa significa vivere da figli, da persone che hanno appreso a non trattenere nulla per sé e a porre invece tutta la loro incondizionata fiducia nella bontà del Padre. È questo il senso profondo della nostra vita, una vita che affonda le radici nel battesimo in cui veniamo rigenerati come figli di Dio.
Grazie al battesimo noi siamo figli, ma lo siamo in divenire e la nostra vita di battezzati ci invita, e impegna, a diventarlo sempre più.
La vedova lo testimonia attraverso il suo non serbare nulla per sé e donare senza riserve, che manifestano la sua infinita fiducia in Dio. Che cosa, infatti, può infondere il coraggio di liberarsi non solo del superfluo ma anche dell'essenziale, se non l'incrollabile certezza che la propria vita è protetta e custodita? È solo il percepirsi accompagnati e accuditi, e non in balia dei marosi dell'esistenza, ciò che può dare origine al dono. Per amare bisogna sapersi amati. Bisogna custodire nel cuore la granitica fiducia che – al di là delle apparenze e all’interno delle esperienze talvolta dell’esistenza – una mano conduce la nostra storia verso la pienezza, verso il bene, verso la felicità. […] La vedova che getta la sua offerta nel tesoro del tempio ce lo insegna. Di lei non sappiamo quasi nulla, se non che è vedova; sappiamo dunque che la vita l'ha ferita, che non è una privilegiata ma, al contrario, appartiene alla categoria degli emarginati, di coloro a cui nessuno provvede. La Bibbia però mostra, soprattutto nel vasto panorama dei libri sapienziali, che l'orfano e la vedova hanno un posto speciale nel cuore di Dio. È su questa certezza che può lasciar andare quanto è suo: getta le sue poche monetine nella convinzione che lei ha un posto privilegiato nel cuore del Padre e, di conseguenza, Lui può occupare uno spazio privilegiato nel tesoro del cuore di lei. La vedova diventa così la personificazione delle parole di Gesù, quando afferma: «Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 16,25).
All'origine del dono è, dunque, presente lo spogliarsi, il mettersi da parte, il farsi servo, il non appartenere a se stesso, non avere diritti propri. È il nostro io che è chiamato a svuotarsi con la stessa radicalità con cui la donna non ha voluto trattenere nulla per sé, nella certezza che questo nostro disappropriarci di tutto permetterà a Dio di donarci tutto, di trasformarci in suoi figli.