I FALLIMENTI LAVORATIVI E I GIOVANI
2025/3, p. 24
Imparare a gestire il fallimento fn da piccoli è una lezione fondamentale
che non dovrebbe essere evitata nel percorso di crescita delle nuove generazioni.
Imparare dai propri errori è la chiave per trasformare i fallimenti in successi futuri.
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PERCORSI DI CRESCITA
I fallimenti lavorativi e i giovani
Imparare a gestire il fallimento fin da piccoli è una lezione fondamentale che non dovrebbe essere evitata nel percorso di crescita delle nuove generazioni. Imparare dai propri errori è la chiave per trasformare i fallimenti in successi futuri.
GIORGIO ADRIANO
Prima di poter parlare di come i giovani percepiscono gli insuccessi lavorativi è indispensabile poter disquisire di come oggi affrontano il fallimento in genere.
La società attuale glorifica solo il successo; non sono previsti nei progetti di vita delle nuove generazioni momenti di “crisi”, momenti di stallo, momenti in cui alcuni progetti esistenziali o professionali non seguono un percorso lineare ma conoscono rallentamenti, cambi di programma improvvisi, e a volte, delusioni e sconfitte.
Imparare a gestire il fallimento fin da piccoli è una lezione fondamentale che non dovrebbe essere evitata nel percorso di crescita delle nuove generazioni. Fallire fa parte della vita, e non è solo inevitabile, ma anche necessario per crescere. È un concetto che può essere difficile da comprendere soprattutto nella società attuale.
Il professor Matteo Lancini, docente di psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università Bicocca e presidente della Fondazione Minotauro afferma che i giovani d’oggi crescono in una società che promuove la competizione, il successo personale, l’individualismo; i bambini fin dall’infanzia vengono iperstimolati secondo le aspettative familiari, scolastiche e dalla società in genere. Il bambino cresce con il peso di dover essere sempre il “primo” nello sport, nello studio, in ogni situazione in cui si trova a vivere. I genitori, anche involontariamente, desiderano che i loro figli possano primeggiare in ogni attività proposta loro. Questo comporta, purtroppo, che durante la crescita e già con l’adolescenza, vi sia un crollo di aspettative, di quegli ideali talmente elevati per i quali non si è mai all’altezza. Oggi, in adolescenza è scomparsa la trasgressione, si cresce per delusione rispetto a modelli. Il tema del fallimento c’è, ed è verso se stessi, perché quelle aspettative così alte sono state interiorizzate durante l’infanzia e si ripercuotono negativamente durante l’adolescenza e la vita adulta.
I genitori e la scuola dovrebbero accompagnare il processo di consapevolezza legato al grande tema dell’errore e del fallimento; il mondo adulto dovrebbe sostenere le nuove generazioni nell’accompagnarle a comprendere che non tutti i sogni e le ambizioni trovano la possibilità di essere realizzati.
Dovremmo aiutare i nostri figli, già dalla tenera età, a non temere il fallimento ma considerarlo una possibilità di crescita personale anzi, dovremmo aiutarli a viverlo come un privilegio se riuscissimo a educare i giovani a “fallire al rialzo”. Il fallimento, in un’ottica educativa, non è solo l’incapacità di raggiungere un obiettivo prefissato; ridurre il fallimento a questo concetto sarebbe limitante. Il fallimento rappresenta molto di più: è un’opportunità di crescita, un momento di riflessione, è un’opportunità di migliorarsi e di risintonizzarsi rispetto a degli obiettivi prefissati. Il fallimento quindi, secondo quest’ottica, non deve essere percepito come un nemico, ma come un alleato nel nostro viaggio di crescita personale.
Nel mondo del lavoro
Quest’ottica legata al fallimento dovrebbe essere recepita anche dal mondo del lavoro: alcune ricerche evidenziano che molto spesso i giovani neo-assunti sono poco abituati a rimandi professionali critici e faticano nell’accettare feed-back negativi rispetto alle loro performance lavorative. Il mondo del lavoro, d’altro canto è divenuto oggi sempre più competitivo e aggressivo, sempre più legato al raggiungimento di obiettivi professionali dimenticando la parte più umana ed umanizzante del lavoro stesso. I giovani percepiscono molto spesso il lavoro come una dimensione poco inglobante che non tiene conto della parte più personale ed intima della persona.
Gli psicologi del lavoro e delle organizzazioni asseriscono che, quando un giovane affronta una battuta d'arresto o un fallimento, è fondamentale consentirgli di esprimere le sue emozioni, senza fargli fretta per superare o per reprimere i suoi sentimenti. Sebbene sia importante, tuttavia, lasciare che il giovane esprima le sue emozioni, è altrettanto cruciale stabilire un limite di tempo per questo, incoraggiandolo ad accettare i suoi sentimenti di delusione, ma spingendolo anche ad andare oltre offrendo un riscontro oggettivo e costruttivo. Per far crescere professionalmente i nuovi assunti si dovrebbe incoraggiare la conversazione e l’analisi dell’eventuale caduta con un approccio non giudicante né colpevolizzante. Per sostenere il senso di autoefficacia nei giovani è essenziale sollecitare la riflessione e la comprensione promuovendo l'autoconsapevolezza anziché la colpa. Meglio chiedere quali fattori abbiano contribuito a un risultato negativo piuttosto che domandare direttamente perché si sia fatto un certo sbaglio; cosa si sia imparato da quella esperienza piuttosto che intimare di non fare più errori, proponendo di spiegare come si intenda superare l’impasse, senza giudicare o accusare.
Anche il mondo del lavoro dovrebbe quindi sostenere ed accompagnare i giovani a vivere positivamente il fallimento poiché esso porta con sé sempre e comunque una lezione preziosa. Nella vita di tutti noi, che si tratti di un errore sul lavoro, di una relazione fallita o di un progetto non andato a buon fine, ognuno di questi momenti ci offre un’opportunità unica per crescere; imparare dai propri errori è la chiave per trasformare i fallimenti in successi futuri.