Chiaro Mario
Popoli in cammino
2025/2, p. 43
Secondo un Report dell’Organizzazione internazionale per la migrazione, si è passati dai circa 84 milioni di migranti internazionali nel 1970 agli attuali 281 milioni. Il fenomeno è ormai globale: in America Latina, Africa, Medio Oriente e Asia gli emigranti superano gli immigranti, mentre in Europa, Oceania e America del Nord si registra il fenomeno inverso. In Italia, al 1º gennaio 2024 la popolazione residente è pari a circa 59mln e la componente straniera è decisiva per mantenerla stabile.

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CARITAS ITALIANA E FONDAZIONE MIGRANTES
Popoli in cammino
Secondo un Report dell’Organizzazione internazionale per la migrazione, si è passati dai circa 84 milioni di migranti internazionali nel 1970 agli attuali 281 milioni. Il fenomeno è ormai globale: in America Latina, Africa, Medio Oriente e Asia gli emigranti superano gli immigranti, mentre in Europa, Oceania e America del Nord si registra il fenomeno inverso. In Italia, al 1o gennaio 2024 la popolazione residente è pari a circa 59mln e la componente straniera è decisiva per mantenerla stabile.
MARIO CHIARO
Per quanto riguarda l’Italia, i cittadini stranieri residenti in Italia superano i 5 milioni e 300mila: tra questi oltre 200mila hanno conseguito la cittadinanza nel 2024, rappresentando in media il 9% della popolazione residente. Questi macro-dati sono emersi dal XXXIII Rapporto immigrazione, a cura di Caritas Italiana e Fondazione Migrantes, integrato da 4 ricerche inedite, basandosi sulle reti territoriali dei due organismi della CEI su lavoro, scuola e appartenenza religiosa. Supera le 200mila unità il numero di cittadini stranieri che nel 2023 hanno acquisito la cittadinanza italiana. La popolazione di cittadinanza straniera è nettamente più giovane rispetto a quella italiana: la classe di età prevalente è quella fino a 17 anni, seguita dalla fascia dei sessantenni e oltre, e poi da quella dei 35-39enni e dei 40-44enni. Quanto alle prime dieci nazionalità dei titolari, il primato spetta al Marocco, seguito da Albania e Ucraina. In particolare, nel 2023 c’è stata una progressiva diminuzione di arrivi e presenze di cittadini ucraini.
Lavoro fragile e povero
I dati raccolti mostrano che quasi uno straniero su quattro di coloro che chiedono assistenza è «un lavoratore povero» (28 %). Secondo le indagini della Caritas, oltre il 27% delle famiglie italiane è risultato percettore di Reddito di cittadinanza – poi sostituito dall’Assegno di inclusione –, a fronte del solo 7% delle famiglie immigrate, soprattutto a causa dell’imposizione del requisito dei 10 anni di residenza. Di fronte alle difficoltà ad accedere alle misure governative di contrasto alla povertà, il supporto delle famiglie rimane ancora la forma più «resiliente» di aiuto. Per quanto concerne il lavoro, cresce l’occupazione, ma si registra la permanenza di una fragilità importante. In ogni modo, tra il 2019 e il 2023, la quota di lavoratori stranieri sulle assunzioni totali è salita da oltre 13% del 2019 a poco più del 19% del 2023. I cittadini stranieri molto spesso rientrano nel gruppo del «personale non qualificato». I giovani migranti mostrano un tasso di occupazione superiore di quasi 10 punti percentuali rispetto ai loro pari italiani. La questione dei cosiddetti Neet (giovani che non lavorano e non studiano) è particolarmente rilevante: nel 2023, in Italia ci sono circa 1,4mln di giovani Neet. Il fenomeno dell'abbandono scolastico, noto con l’acronimo inglese Elet, è un altro aspetto critico, soprattutto tra i giovani stranieri non comunitari. Ci sono tassi di Neet molto elevati tra le donne non comunitarie seguite da quelle europee e italiane. Le migranti, in particolare quelle con figli, hanno più alti livelli di disoccupazione e di lavoro part-time. La partecipazione dei cittadini stranieri alle attività autonome e imprenditoriali è sempre dinamica e vivace: nel 2023 il numero di imprese individuali che hanno come titolare un cittadino non comunitario sono circa 392mila.
Cultura e musica migrante
Il totale degli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico 2023/2024 è di quasi 915mila unità. Sono circa 121mila gli studenti con cittadinanza straniera iscritti nelle università italiane (il 6,3% del totale degli universitari in Italia). Si tratta sia di studenti con cittadinanza straniera diplomati in Italia, sia di studenti migranti per motivi di studio. In questi anni la scuola ha fatto passi avanti sui temi dell’accoglienza e dell’integrazione, tuttavia permangono divari e criticità. Tra le principali difficoltà si segnalano: la ridotta frequenza della scuola dell’infanzia da parte dei figli di immigrati provenienti in particolare da Asia e Africa, il ritardo scolastico e la difficoltà nel completamento e proseguimento degli studi, l’abbandono scolastico dopo la scuola secondaria di primo grado. Spesso sono gli alunni stranieri a essere facilmente «certificati» e medicalizzati: così difficoltà normali di apprendimento linguistico o di orientamento dei nuovi arrivati, vengono etichettate con diagnosi «scientifiche»! Nella logica di una integrazione culturale va notato, all’interno delle ondate migratorie, l’arrivo di musicisti. La relazione del movimento culturale denominato hip-hop con il tema della cittadinanza e dei «nuovi italiani» è ormai un indicatore importante. Musica e stili di vita, che nascono come espressione di ribellione nei ghetti urbani statunitensi nei primi anni ’70, sembrano cogliere meglio di altri settori l’evoluzione della società giovanile, con una contaminazione multiculturale e multilinguistica che si rivela un efficace strumento educativo. All’interno di questo mondo musicale, assume un ruolo particolare il rap (genere parlato e ritmato), che ha avuto un’evoluzione importante: è passato dall’essere un genere musicale di nicchia a un genere di massa, con molti protagonisti. Tra questi, troviamo oggi artisti di seconda generazione, figli di immigrati o di coppie miste, ragazzi nati in Italia che hanno trovato nella musica rap la via per esprimere le proprie speranze e i propri sogni, ma anche la propria rabbia e frustrazione.
Appartenenza religiosa
All’inizio del 2024 i cristiani tornano a incidere sul totale della popolazione straniera iscritta nelle anagrafi per il 53% sul totale, mantenendo il ruolo di maggioranza assoluta. Il ruolo di maggioranza relativa passa ai musulmani (quasi il 30% d’incidenza, pari a 1mln 582mila). Nella pratica religiosa comunitaria il ruolo dei cattolici immigrati – consacrati e laici, provenienti da paesi extra-europei e in massima parte più giovani rispetto ai nativi – appare fondamentale, ma ancora oggi non pienamente espresso, anche a causa di perduranti stereotipi sull’immigrazione. Gli ortodossi ammontano a 1mln e 545mila; i cattolici sono 902mila, 145mila sono gli evangelici e i copti arrivano a 84mila persone. Tra le altre confessioni religiose, i buddisti sono 177mila, 112mila gli induisti e 90mila i sikh, mentre la quota di atei e agnostici tocca i 512mila. Un’analisi più approfondita per fasce d’età all’inizio del 2024 evidenzia che musulmani e ortodossi quasi si pareggiano in valore assoluto: gli islamici sono di più degli ortodossi all’interno di tutte le fasce d’età più giovani, fino ai 35-39enni compresi, mentre dai 40-44enni in poi sono più numerosi gli ortodossi. La corresponsabilità rispetto alla mobilità umana ci interroga a partire da organismi di partecipazione come i consigli pastorali diocesani e parrocchiali: qui i cattolici di cittadinanza straniera, sono chiamati ad essere protagonisti attivi, potendo esprimere la varietà di culture ed esperienze nel contesto di una spiritualità sinodale.
Vulnerabili e resilienti
Secondo i dati provenienti da 144 diocesi, nel 2023 le persone che si sono rivolte a 744 Centri di ascolto o servizi Caritas per chiedere aiuto e sostegno sono state circa 270mila: i soggetti di cittadinanza straniera sono il 57%. Nel corso degli ultimi sette anni il peso dell’utenza straniera è andato crescendo: coloro che sono stati aiutati hanno un’età media di 42 anni, sono per lo più coniugati, in maggioranza con un livello di istruzione basso e in condizione di fragilità occupazionale. Le persone senza dimora sono circa 24mila. Accanto alle suddette difficoltà si attestano altre forme di vulnerabilità, come problemi familiari e problemi di salute. Tra le mille e più sfaccettature che caratterizzano il fenomeno migratorio vi è quella, talvolta sottovalutata, del rapporto tra sistema finanziario e migranti. Una indagine inedita ha voluto approfondire le strategie di «resilienza» attivate da persone migranti residenti sul territorio nazionale, con un’attenzione particolare alle condizioni lavorative, al livello di soddisfazione rispetto ad esse e alla diffusione di esperienze imprenditoriali. Si cerca così di fornire una lente di osservazione diversa rispetto a quella della marginalità, della vulnerabilità e della povertà.
La violenza di genere
Il Rapporto, facendo riferimento a studi recenti, fa notare che l’aumento degli arrivi di migranti e rifugiati è fra i principali fattori scatenanti dell’incitamento all’odio. Si tenga presente che l’esposizione dei giovani di origine straniera ai contenuti online risulta più accentuata rispetto a quella dei coetanei di origine italiana. Ebbene, il continuo uso del cellulare e il molto tempo trascorso su internet aggravano il rischio di isolamento e di esposizione a diverse forme di violenza. Il risultato è che tra i giovani stranieri quasi il 50% dichiara di aver subìto almeno un episodio offensivo e/o violento da parte di altri ragazzi nell’ultimo mese. La misoginia è la forma più diffusa di odio online: si stima che una ragazza su due sia stata vittima di violenza di genere online, in particolare a sfondo sessuale. Se da un lato è importante denunciare lo scandalo globale rappresentato dalla violenza sulle donne, dall’altro occorre evidenziare le «vulnerabilità» delle migrazioni femminili. Una rielaborazione dei dati relativi agli anni dal 2019 al 2023 rileva che negli ultimi cinque anni le notizie che guardano al fenomeno migratorio secondo una prospettiva di genere sono solo 113 (l’1% delle oltre 12mila dedicate a questioni migratorie).
La speranza ci rende migranti
Il Rapporto «Popoli in cammino» si inserisce appieno nell’Anno giubilare, in cui siamo «chiamati ad essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio […] Non potranno mancare segni di speranza nei riguardi dei migranti, che abbandonano la loro terra alla ricerca di una vita migliore per se stessi e per le loro famiglie. Le loro attese non siano vanificate da pregiudizi e chiusure; l’accoglienza, che spalanca le braccia a ognuno secondo la sua dignità, si accompagni con la responsabilità, affinché a nessuno sia negato il diritto di costruire un futuro migliore. Ai tanti esuli, profughi e rifugiati, che le controverse vicende internazionali obbligano a fuggire per evitare guerre, violenze e discriminazioni, siano garantiti la sicurezza e l’accesso al lavoro e all’istruzione, strumenti necessari per il loro inserimento nel nuovo contesto sociale. La comunità cristiana sia sempre pronta a difendere il diritto dei più deboli. Spalanchi con generosità le porte dell’accoglienza, perché a nessuno venga mai a mancare la speranza di una vita migliore» (Spes non confundit. Bolla di indizione del Giubileo ordinario 2025, n. 13).