LA GIOIA DI UN «SÌ» A DIO
2025/2, p. 14
Hanna Platter è una giovane suora francescana tedesca che ha appena emesso la professione perpetua. Qui racconta la sua esperienza di aver detto il suo «Sì» per sempre alla chiamata di Dio, di avergli donata l’intera sua esistenza, a imitazione del sì di Maria.
E narra la ricchezza attinta negli anni della formazione, la sua gioia di essere diventata francescana e di trovare in S. Francesco un modello meraviglioso di sequela di Cristo.
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TESTIMONIANZA
La gioia di un «Sì» a Dio
Hanna Platter è una giovane suora francescana tedesca che ha appena emesso la professione perpetua. Qui racconta la sua esperienza di aver detto il suo «Sì» per sempre alla chiamata di Dio, di avergli donata l’intera sua esistenza, a imitazione del sì di Maria. E narra la ricchezza attinta negli anni della formazione, la sua gioia di essere diventata francescana e di trovare in S. Francesco un modello meraviglioso di sequela di Cristo.
SR. M. HANNA PLATTER
Nell’aprile di quest’anno – racconta sr. Hanna – ho emesso la professione perpetua nella comunità delle Suore Francescane di Sießen. La formazione religiosa era iniziata nel 2016 con il noviziato di due anni assieme ad un gruppo nella comunità religiosa di Sießen. In concreto, ciò significa che questo tempo è stato caratterizzato dalla conoscenza della comunità, dalla crescita della personalità, dall’approfondimento della spiritualità francescana e dalla partecipazione ai momenti liturgici e di preghiera, come anche dall’impegno con unità didattiche e incarichi di lavoro in vari ambiti. Inoltre, dalla vita di comunità con tutti i suoi alti e bassi e i processi dinamici di gruppo – tutto compreso!
Dopo il periodo intenso del noviziato e la prima professione – una promessa di impegno con Dio e con la comunità – è iniziata per me una nuova fase, unendo insieme ciò che volevo vivere con la vita professionale quotidiana. Inizialmente sono stata impegnata nel lavoro giovanile del convento con classi scolastiche, giornate di riflessione e tempi liberi per bambini e famiglie. Successivamente mi sono trasferita in una casa delle suore (comunità domestiche) a Ellwangen. Da allora, una volta arrivata lì, lavoro come assistente sociale in una struttura per bambini e giovani. Ciò che è e rimane una sfida in questo modo di vivere consiste nell’armonizzare insieme la vita professionale, la vita quotidiana, la preghiera e la vita comunitaria. Questo comporta sempre una decisione e la ricerca del giusto equilibrio.
Il periodo di formazione religiosa, dopo il noviziato, dura solitamente cinque anni. Sono anni che offrono l’opportunità di verificare – da entrambe le parti – se questa chiamata alla vita religiosa corrisponde davvero al mio sentire e mi permette di crescere come persona e rendermi felice. A questo scopo servivano incontri regolari, incentivi spirituali e molte conversazioni con le consorelle.
Una chiamata che richiede coraggio e fiducia
Sembrava quasi irreale. Dopo quasi otto anni di formazione religiosa, sono giunta alla «professione perpetua». Con questa mi sono legata alla comunità e, viceversa, la comunità si è legata a me. Ciò significa che ho contratto un patto come avviene con le promesse matrimoniali.
Nella formula della nostra professione, che pronunciamo quando emettiamo i voti, si legge: «Come Maria, la madre di Gesù, offro il mio sì alla chiamata di Dio nella mia vita». Come Maria ha detto il suo sì alla chiamata di Dio. Lei non sapeva cosa l’aspettava e cosa significasse realmente. A quella richiesta, ella concepì il Figlio di Dio e gli disse sì. Percorse il cammino con Dio con coraggio e fiducia. Io credo che Dio chiami e convochi ciascuno personalmente. Sta a noi rispondergli.
Esiste nel mondo un numero incredibile di ordini religiosi che si distinguono tra loro a seconda dell’epoca in cui sono stati fondati e della loro tradizione spirituale. In tal modo, propongono una visione dei diversi modi di cercare Dio.
Con la professione perpetua ho consegnato il mio sì alla chiamata di Dio, a questa forma di vita. Ma non sono stata solo io a dire sì, anche la comunità mi ha espresso il suo sì. La promessa di Dio è stata irrevocabile fin dall’inizio della mia vita. Avendola accettata, posso continuare il mio cammino e, come Maria, offrire ogni giorno il mio sì. Come lei, voglio camminare con Dio con coraggio e fiducia, anche nei momenti in cui mi costa e ci sono situazioni difficili da affrontare. Certamente anche per Maria non è stato sempre facile. Non è riuscita nemmeno a trovare un alloggio a Betlemme. Le porte degli ostelli erano per lei chiuse. Anche stare davanti alle porte chiuse è un’esperienza che fa parte della vita.
Un cammino sempre nuovo
Con la professione perpetua cessa il primo genere di formazione religiosa. Il gruppo delle suore in formazione e l’incontro con loro appartengono al passato. Ho dovuto imparare a lasciar perdere questa esperienza di vita con «persone che la pensano allo stesso modo» e prendere un altro orientamento. Ora ci sono «nuove» consorelle, un diverso modo di appartenenza vincolante. Anche in questa nuova situazione posso avvertire che Dio ha cura di me. Egli apre nuove porte e relazioni con la comunità delle suore. Per me giungere al nuovo significa anche lasciare perdere il vecchio, orientarmi diversamente e continuare ad aver fiducia del cammino su cui Cristo mi conduce.
Qui mi viene in mente San Francesco d’Assisi, che è un santo importante per me come francescana e ha plasmato la mia vita ancor prima che entrassi in convento. Francesco d’Assisi non volle possedere nulla nella sua vita, abbandonò tutti i suoi beni per vivere con i poveri. Voleva avere le mani vuote, che non stringessero nulla – né denaro né beni – per essere pronto per Dio. Così fu libero di dedicargli tutta la sua vita, lasciando a Dio di provvedere a lui. In questo senso camminare significa anche lasciar perdere.
Anche se esternamente non è cambiato molto per me con la professione perpetua – continuo a vivere con le mie consorelle a Ellwangen e lavoro come assistente sociale in un gruppo residenziale con bambini e giovani – qualcosa è cambiato internamente nel mio cammino di sequela. Ho preso una decisione che determinerà la mia vita: come Maria, ho offerto il mio sì alla vita con Dio e in questo modo posso provare molta gioia, che è anche la gioia delle mie consorelle poiché viviamo insieme il cammino del discepolato. Il sì della comunità a tutta la mia vita. Allo stesso tempo, significa riorientarsi nella comunità, diventare creativi ed essere in grado di sviluppare nuovi progetti.
Credo che Dio apra sempre delle porte e offra opportunità per entrare in contatto con le persone e con Lui. Sono occasioni per rinnovare sempre il mio sì e, come Francesco, per svuotare le mie mani e lasciare che Dio le riempia nuovamente – di amore, grazia, gioia e speranza.