Mastrofini Fabrizio
Tre binari per cambiare rotta
2025/2, p. 3
Il Giubileo è iniziato e il tema, come è noto, è «Pellegrini di speranza». Ma già ora, a poche settimane dall’inizio ufficiale dell’evento, possiamo chiederci: chi davvero sta ascoltando papa Francesco? E dunque, cosa potrà essere questo Giubileo: un evento fine a se stesso o l’avvio di un cambiamento reale nel vivere e testimoniare la fede?

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FINESTRE SUL GIUBILEO
Tre binari
per cambiare rotta
Il Giubileo è iniziato e il tema, come è noto, è «Pellegrini di speranza». Ma già ora, a poche settimane dall’inizio ufficiale dell’evento, possiamo chiederci: chi davvero sta ascoltando papa Francesco? E dunque, cosa potrà essere questo Giubileo: un evento fine a se stesso o l’avvio di un cambiamento reale nel vivere e testimoniare la fede?
FABRIZIO MASTROFINI
Le domande vanno rivolte ad ognuno – ovviamente – ma hanno una dimensione pubblica. Per quanto riguarda ognuno di noi, la risposta si trova nell’interiorità della persona e non è valutabile con criteri quantitativi. Per quanto riguarda la dimensione pubblica, certamente possiamo svolgere già subito alcune considerazioni.
Muoverci «senza indugio»
Primo. Cosa ha detto papa Francesco per inquadrare il tema del Giubileo? La risposta va cercata nell’omelia della Notte di Natale, subito dopo l’apertura della Porta Santa. Ecco un passaggio centrale: «La speranza cristiana è proprio il “qualcos’altro” che ci chiede di muoverci “senza indugio”. A noi discepoli del Signore, infatti, è chiesto di ritrovare in Lui la nostra speranza più grande, per poi portarla senza ritardi, come pellegrini di luce nelle tenebre del mondo. Sorelle, fratelli, questo è il Giubileo, questo è il tempo della speranza! Esso ci invita a riscoprire la gioia dell’incontro con il Signore, ci chiama al rinnovamento spirituale e ci impegna nella trasformazione del mondo, perché questo diventi davvero un tempo giubilare: lo diventi per la nostra madre Terra, deturpata dalla logica del profitto; lo diventi per i Paesi più poveri, gravati da debiti ingiusti; lo diventi per tutti coloro che sono prigionieri di vecchie e nuove schiavitù. A noi, tutti, il dono e l’impegno di portare speranza là dove è stata perduta: dove la vita è ferita, nelle attese tradite, nei sogni infranti, nei fallimenti che frantumano il cuore; nella stanchezza di chi non ce la fa più, nella solitudine amara di chi si sente sconfitto, nella sofferenza che scava l’anima; nei giorni lunghi e vuoti dei carcerati, nelle stanze strette e fredde dei poveri, nei luoghi profanati dalla guerra e dalla violenza. Portare speranza lì, seminare speranza lì».
Cuori aperti
Secondo. Il gesto dell’apertura della seconda Porta Santa, nel carcere romano di Rebibbia, il 26 dicembre, indica cosa e come papa Francesco intenda mettere al centro della riflessione. Anche qui un passaggio della brevissima omelia: «Ho voluto spalancare la Porta, oggi, qui. La prima l’ho aperta a San Pietro, la seconda è vostra. È un bel gesto quello di spalancare, aprire: aprire le porte. Ma più importante è quello che significa: è aprire il cuore. Cuori aperti. E questo fa la fratellanza. I cuori chiusi, quelli duri, non aiutano a vivere. Per questo, la grazia di un Giubileo è spalancare, aprire e, soprattutto, aprire i cuori alla speranza. La speranza non delude (cf. Rm 5,5), mai! Pensate bene a questo. Anche io lo penso, perché nei momenti brutti uno pensa che tutto è finito, che non si risolve niente. Ma la speranza non delude mai».
Remissione dei debiti
Terzo. La richiesta specifica ai governi di dare un segnale. Un segnale dai ricchi ai poveri, come indicato nel dopo-Angelus del 1° gennaio. «Il papa San Paolo VI volle che il primo giorno dell’anno diventasse la Giornata Mondiale della Pace. Quest’anno essa si caratterizza, a motivo del Giubileo, per un tema peculiare: quello della remissione dei debiti. Il primo a rimettere i debiti è Dio, come sempre gli chiediamo pregando il “Padre nostro”, riferendoci ai nostri peccati e impegnandoci a perdonare a nostra volta chi ci ha offeso. E il Giubileo chiede di tradurre questa remissione sul piano sociale, perché nessuna persona, nessuna famiglia, nessun popolo sia schiacciato dai debiti. Incoraggio pertanto i governanti dei Paesi di tradizione cristiana a dare buon esempio, cancellando o riducendo quanto più possibile i debiti dei Paesi più poveri».
Ecco allora i tre binari che dovrebbero guidarci durante l’Anno Giubilare, in un percorso che unisca il cammino di ognuno ed ognuna (pellegrino e pellegrina, sia nel venire a Roma sia nel seguire il Giubileo in casa propria), al cammino collettivo come cittadini e cittadine che chiedono ai governanti un impegno a favore della collettività, del mondo intero. Ed è urgente – anzi indispensabile – dare un seguito alla richiesta del Papa, per cercare di depotenziare i conflitti che segnano in modo troppo drammatico il nostro mondo ed ipotecano il futuro di tutte le collettività.
Papa Francesco, nel messaggio per la Giornata mondiale della Pace, ha individuato la possibilità di intraprendere un nuovo cammino, dall’io al noi, dal singolo alla società. «La pace in terra» leggiamo all’inizio proprio dell’enciclica Pacem in Terris «anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire istaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio». Queste parole restano un’indicazione chiara per sottolineare quanto la pace sia desiderata dai popoli e dove passi la sua via, attraverso la salvaguardia della dignità umana e la difesa dei diritti umani. Sono passati sessant’anni dall’emanazione dell’enciclica e i suoi quattro pilastri restano saldi e validi, ancorché non attuati: verità, giustizia, solidarietà e libertà.
È lo stesso appello che arriva oggi da un pontefice che crede profondamente nella convivenza pacifica ed indica la nuova frontiera della fraternità universale come obiettivo finale del cammino umano. Pace e fraternità non possono che procedere unite. I credenti non devono solo parlare di pace, ma operare per costruire una società di pace, come si costruisce una civiltà in cui il rapporto tra le persone e le creature è retto da un atteggiamento di concordia e non di conflittualità.
Papa Francesco chiede che «si assumano iniziative di speranza, forme di amnistia o di condono delle pene». La clemenza è un segnale forte che mostra una politica e una società che hanno compreso il senso di questo tempo: il Giubileo non è un pretesto per venire a Roma o per assistere a celebrazioni belle e toccanti senza però l’impatto sulla vita quotidiana. Dobbiamo invertire quella tendenza al pessimismo, alla rassegnazione, alla stanchezza. Questo Giubileo del 2025 deve trovare un altro passo ed i troppi politici che fanno una sorta di gara per farsi ricevere in Vaticano, dovrebbero seguire in concreto, con misure reali, le parole della Chiesa.
La condizione attuale del mondo impone coraggio, coerenza, veri cambiamenti. Il mondo sta bruciando nei conflitti, nelle catastrofi ambientali. E la politica stenta a dare risposte. Dobbiamo evitare che solo tecnologia e finanza abbiano in mano le sorti del pianeta e dell’umanità. C’è bisogno di un Giubileo effettivo, coraggioso, concreto. La clemenza – reciproca – è una leva potente: può sollevare il mondo. Cristo – clemente e misericordioso – è sceso dalle stelle alla stalla per indicarci la strada del futuro per riportarci in alto, nel mondo dove gli ideali guidano la strada dell’umanità. Seguiamolo per davvero. E nell’impegno di ciascuno e ciascuna, dovremmo portare il messaggio di rinnovamento alle nostre Chiese locali, alle comunità di credenti, al più largo numero possibile di fedeli e non credenti.
Il Giubileo, che da adesso in avanti, per 12 mesi, si sviluppa attraverso celebrazioni, pellegrinaggi, grandi Eventi (alcuni solo tra gennaio e febbraio: Giubileo della comunicazione, Forze Armate, Artisti, Diaconi, molte diocesi tra cui Milano), andrà dunque vissuto e illuminato dalle indicazioni del Papa.