Chiaro Mario
Il segreto di Navalny: viveva le Beatitudini
2024/7, p. 26
Alexey Navalny, morto il 16 febbraio 2024 in una colonia penale nell’Artico dopo 300 giorni di cella d’isolamento, ha pagato con la vita per i riflettori accesi su corruzione e assenza di stato di diritto nella Russia di Putin. Il suo è un esempio di fede che lotta fino in fondo per la libertà e la felicità del popolo. Un libro-diario che lo ricorda può far del bene alle comunità religiose e alle scuole.

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TESTIMONI DEL NOSTRO TEMPO
Il segreto di Navalny: viveva le beatitudini
Alexey Navalny, morto il 16 febbraio 2024 in una colonia penale nell’Artico dopo 300 giorni di cella d’isolamento, ha pagato con la vita per i riflettori accesi su corruzione e assenza di stato di diritto nella Russia di Putin. Il suo è un esempio di fede che lotta fino in fondo per la libertà e la felicità del popolo. Un libro-diario che lo ricorda può far del bene alle comunità religiose e alle scuole.
Il recentissimo volume «Io non ho paura, non abbiatene neanche voi», una raccolta di appassionati scritti in prima edizione mondiale, ci rivela la maturazione politica e spirituale di questo coraggioso dissidente. Un uomo che voleva essere un politico ed è stato un dissidente. Partito da posizioni nazionaliste e xenofobe, Navalny gradualmente arriverà a una svolta democratica. Un passaggio decisivo è la borsa di studio che lo porta all’università di Yale (Stati Uniti 2010), che sarà decisiva per approfondire la legislazione antiriciclaggio così da poterla utilizzare nella lotta alla corruzione, una parte essenziale della sua attività politica. Darà vita alla Fondazione per la lotta alla corruzione (FBK), sviluppando una sempre più netta opposizione al partito del presidente Putin (Russia unita), da lui definito come una banda di «ladri e truffatori».
L’aula del tribunale diventa tribuna
In uno dei primi processi preciserà lo scopo della sua azione: «non voglio fare altro che questo, aiutare gli abitanti del mio paese, lavorando per i miei concittadini». Mentre si allontana dalle posizioni populiste, Navalny riscuote un successo sempre più grande come organizzatore di manifestazioni di protesta, mobilitando regolarmente oltre 100mila persone. Nel 2016 si candida alle elezioni presidenziali del 2018 con lo scopo di trasformare il regime presidenziale in parlamentare e di far entrare la Russia nell’Unione Europea. Quando la Commissione elettorale boccia la sua candidatura, lancia il cosiddetto «voto intelligente» secondo il quale, pur di battere Russia Unita, le forze dell’opposizione dovrebbero concentrarsi su un unico candidato o partito. La sua azione politica diretta termina quando viene avvelenato nel 2020, rischiando la morte durante un volo aereo. La moglie Yulia gli parla, canta, ricorda a voce alta, e lui riapre gli occhi ma non riesce a parlare e non sa chi è lei, capisce però che lo fa sentir bene: lo salva. Dopo le cure, il 17 gennaio 2021 il dissidente decide di tornare a Mosca pur sapendo che lo attende l’arresto immediato e i successivi processi farsa.
La Russia è il mio paese
Dopo l’avvelenamento, il dilemma tornare o non tornare non si è mai posto: «Sono tornato perché dovevo farlo e volevo farlo. La Russia è il mio paese, ho sempre detto alle persone che venivano ad ascoltarmi nelle manifestazioni che non li avrei mai abbandonati: alla fine della fiera dovrà pur apparire in Russia qualcuno che non mente, e fa corrispondere le parole alla realtà». Ogni udienza diventerà una tribuna per denunciare il sistema: «Comunico che io e i miei colleghi faremo di tutto per distruggere il sistema feudale che stanno costruendo in Russia. Distruggere un sistema di potere nel quale l’83% delle risorse nazionali appartiene allo 0,5% della popolazione […] non può continuare all’infinito che un paese di 140 milioni di abitanti, immenso, il più grande del mondo, uno dei più ricchi al mondo, sia sottomesso a una banda di mostri che in realtà non sono nessuno, neanche degli oligarchi, perché quelli si sono fatti i capitali con il cervello e l’astuzia». Navalny rappresentava un pericolo per Putin per due motivi: primo, smaschera la natura corrotta del regime, pubblicando le ricerche fatte sui gerarchi che governano il paese per il loro personale tornaconto; secondo, perché mobilita milioni di persone, diventando un esempio di libertà anche sotto questo regime.
Fame e sete di giustizia
In carcere Navalny legge attentamente le memorie dell’ebreo Natan Scaransky, celebre prigioniero di coscienza, che in una lettera gli scrive dopo il dialogo con un giornalista europeo: «Se pensate che il suo scopo sia sopravvivere, sbagliate di grosso. Quello che gli sta veramente a cuore è il destino del suo popolo, a cui dice: io non ho paura, non abbiatene anche voi». Durante la detenzione, confida al dissidente che ha scoperto che «oltre alla legge della gravitazione universale dei corpi, esiste anche la legge della gravitazione universale delle anime. Restando un uomo libero, tu Aleksey lasci un segno sull’anima di milioni di persone in tutto il mondo […] le sto scrivendo alla vigilia di Pesach, festa della liberazione degli ebrei dalla cattività d’Egitto, 3.500 anni fa. È l’inizio della nostra libertà e della nostra storia come popolo […] Auguro a te, Aleksej e a tutta la Russia un rapido esodo». Con la consueta ironia, Navalny rivela su cosa sia fondata la sua libertà interiore: «Il fatto è che sono un uomo di fede, il che mi sottopone a continue prese in giro alla FBK (la sua Fondazione), dove la maggior parte della gente è atea, io stesso una volta ero ateo militante. Ma ora sono un uomo di fede e questo mi aiuta moltissimo nella mia attività, perché fa diventare tutto molto più semplice. Ho meno esitazioni, meno dilemmi nella vita, perché esiste un libro in cui è scritto più o meno a chiare lettere cosa bisogna fare in ogni situazione […] Di recente una persona mi ha scritto: “Navalny, ma perché tutti ti scrivono: ‘Tieni duro, non mollare, sopporta, stringi i denti?’ Cosa dovresti sopportare? In un’intervista hai detto di credere in Dio. E nella Bibbia è scritto: “Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati”. “Beh, allora ti va benissimo”. E ho pensato: caspita, quell’uomo mi capisce!». Navalny continua spiegando che proprio la frase del Vangelo citata è in realtà «l’idea politica più importante che abbiamo oggi in Russia». Si tratta di opporre la verità alla menzogna per trovare la felicità: «Siamo un paese molto infelice. Siamo come in un circolo di miseria e non riusciamo a uscirne. Ma naturalmente vorremmo farlo. Ed è per questo che propongo di cambiare lo slogan: non solo la Russia deve essere libera, ma deve essere felice. La Russia sarà felice».
Un tipico credente post-sovietico
Gli amici di Navalny lo sbeffeggiano come “un finto ortodosso” poco addentro nella materia. Egli risponde: «Sono credente, mi piace sentirmi parte di qualcosa di grande e condiviso. Mi piace che ci siano un’etica e dei paletti precisi». Confida poi che fino ai 25 anni, prima di avere un figlio, era un «ateo feroce» pronto a strappare la barba ai preti. Ora gli provoca dolore il «matrimonio» tra patriarcato ortodosso e governo. Leggendo un articolo sui casi di dittatori che hanno lasciato il potere in modo pacifico, è colpito dal fatto che «il principale mediatore tra il dittatore e gli oppositori è stata la Chiesa. È possibile che questo avvenga ora nel nostro paese? Non credo. Ma mi piacerebbe molto che la Chiesa ortodossa russa avesse una posizione tale che tutte le parti in conflitto cercassero e accettassero la sua mediazione».
Buona Pasqua a tutti
Navalny scrive sul diario menzionando con franchezza la Pasqua del 2014: «Cristo è risorto, cristiani ortodossi. Auguri a tutti in occasione di questa grande festa. Ma auguri anche ai non ortodossi, ai non credenti e agli atei». Gli sembra che questa festa sia davvero importante, la festa della speranza e della fede in un mondo migliore. Parla del Signore come di un uomo che si è battuto contro menzogna, ipocrisia, schiavitù e ingiustizie; non aveva sostenitori e i suoi meeting erano proibiti; i massmedia erano sotto il controllo dei farisei e al potere c’erano furfanti con proprietà immobiliari all’estero. Tra i dodici componenti del suo comitato centrale, uno era un provocatore, un altro era un traditore che si vende per soldi. Non mettevano questi discepoli in prigione, frustandoli sulla schiena con una sferza uncinata a sette code. «Cosa sono le nostre “difficoltà” e i nostri “problemi” in confronto a ciò che ha provato Lui? […] È scritto in una curiosa frasetta, in una lingua incomprensibile, che oggi viene ripetuta un milione di volte di seguito: “Cristo è risorto dai morti, con la morte ha calpestato la morte e ha dato la vita a coloro che erano nei sepolcri”. Buona festa delle Risurrezione a tutti voi, credenti e non credenti. Buona festa dell’inevitabile vittoria del Bene!».
Il sacrificio per salvare la Russia
Per la Pasqua del 2023, la sua ultima, sottolineò: «Questo giorno ci ricorda che non si può disperare, e per quanto sia faticoso, verrà il giorno in cui il male sarà sconfitto e gli uomini di nuovo gli diranno ridendo: “E allora morte, dov’è il tuo pungiglione; inferno, dov’è la tua vittoria?”». La sua pericolosa presa di posizione nasce dalla fedeltà a un impegno con se stesso e con la Russia: «Io non mi faccio illusioni, capisco tutto. L’unica cosa che non capisco è perché troppi continuano ad abbassare lo sguardo. La vita è troppo breve per guardare solamente il tavolo e scrollare le spalle. Gli unici momenti della nostra vita che hanno un senso sono quelli in cui facciamo qualcosa di giusto, quando alziamo lo sguardo e ci guardiamo negli occhi. Tutto è costruito sulla menzogna, ma non vogliamo vedere. Cosa abbiamo ottenuto distogliendo lo sguardo? Questo: abbiamo permesso che ci trasformassero in bestiame. Io esorto tutti a vivere senza menzogna. Si può, senza azioni disperate ma moralmente giuste, senza persone che osano l’impossibile non ci possono essere persone prudenti che imboccano il sentiero corretto».
MARIO CHIARO