Morgante Patrizia
Multiforme armonia
2024/6, p. 8
Il contributo alla Chiesa delle altre forme di vita consacrata. Una Chiesa in cammino è una Chiesa multiforme e poliedrica. Possiamo essere tentate/i di semplificare la complessità o ridurre le differenze per un desiderio di armonia più astratto che reale. «Non dobbiamo avere paura della diversità dei carismi nella Chiesa. Al contrario, dobbiamo rallegrarci di vivere questa diversità». Così dice papa Francesco nel video di gennaio 2024 dove dedica le sue intenzioni di preghiera al “dono della diversità nella Chiesa.”

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INTERVISTE
Multiforme armonia
Il contributo alla Chiesa delle altre forme di vita consacrata.
Una Chiesa in cammino è una Chiesa multiforme e poliedrica. Possiamo essere tentate/i di semplificare la complessità o ridurre le differenze per un desiderio di armonia più astratto che reale.
«Non dobbiamo avere paura della diversità dei carismi nella Chiesa. Al contrario, dobbiamo rallegrarci di vivere questa diversità». Così dice papa Francesco nel video di gennaio 2024 dove dedica le sue intenzioni di preghiera al «dono della diversità nella Chiesa».
Questa riflessione si pone in dialogo con l’esperienza delle «nuove» forme di vita consacrata. Esse, pur rientrando nel grande ombrello della vita consacrata, non si definiscono «vita religiosa». Sono istituti nati, per di più, nel secolo scorso, quindi, relativamente «nuovi». Per questa caratteristica di una storia breve, alcuni di loro soffrono del difficile passaggio «da una fase fondazionale a una di “istituzionalizzazione”, da un modo più personale – con i pro e i contro che questo implica – di un giovanissimo istituto, in cui il fondatore e le co-fondatrici erano vive, esercitando una leadership carismatica molto forte, a un modo più neutro – in senso positivo! – “professionale”, dialogico di vivere ed esercitare l’autorità, non sempre né chiaro né accolto». Condivide Valentina Stilo della Fraternità Missionaria Verbum Dei.
La diversità di vocazioni unite dallo stesso carisma è un’altra caratteristica di queste famiglie: una grande ricchezza che si sviluppa proprio sulla differenza che aspira alla comunione, con le sue difficoltà e risorse. Infatti, quello di cui vi parlo in questo contributo, sono alberi con diversi rami: presbiteri, laicato, coppie, consacrate.
Come dicevo, la maggior parte di questi istituti, sono nati durante o subito dopo il Concilio vaticano II: come se un soffio speciale dello Spirito volesse portare qualcosa di diverso alla Chiesa e al mondo. Se leggessimo questo passaggio storico come un segno dei tempi da cui comprendere qualcosa, cosa potremmo rilevare?
La ricerca di un’identità chiara e del luogo da occupare nella Chiesa sono sfide comuni; così come l’invito alla Chiesa ad avere uno sguardo chiaro e non pregiudiziale verso di loro. La figura di fondatori e fondatrici è molto forte: una prima ragione è che sono venuti a mancare recentemente o, in alcuni casi sono ancora vivi; la seconda è il potere carismatico esercitato dalle persone che hanno conosciuto e accompagnato la fondatrice o il fondatore all’inizio. Questo può generare situazioni di tensione, mancanza di libertà, se non forme di abusi.
La crisi degli ingressi è un elemento in comune con la vita religiosa. Come sottolinea Daniel: «C’è un problema vocazionale allargato, perché non ci sono più adulti. Abbiamo una crisi dell’adultità. Difficoltà a prendersi responsabilità e a prendere decisioni».
Ho dialogato con tre membri di tre diversi istituti su leadership, carismi e del contributo specifico alla Chiesa: Valentina Stilo della Famiglia Missionaria Verbum Dei, Daniel Cárdenas, responsabile comunicazione dei Missionari Identes e Renee Anne Pomarico, Direttrice Internazionale di Comunicazione delle Consacrate del Regnum Christi.
Quali sono le sfide che incontrate nel vivere la leadership nel vostro istituto?
Valentina: «La struttura dell’autorità nel nostro istituto è molto complessa. A livello generale, si compone dei responsabili di tre rami – femminile, maschile, coppie sposate – mentre a livello spaziale si divide in: autorità locale; di “area” (quando in una determinata area geografica più o meno estesa che include varie comunità locali, si trova uno dei rami) o “zona” (quando in una determinata area geografica più o meno estesa che include varie comunità locali, si trovano due o tre rami); governo generale. Tale complessità è portatrice di un’enorme ricchezza, ma anche di grandi sfide, come, per esempio, la chiara distribuzione dei ruoli e delle competenze nell’ambito del governo generale, così come la progressiva strutturazione dell’autorità dei governi intermedi. Non avendo molti punti di riferimento, proprio a causa delle novità di cui l’istituto è portatore, lavorando costantemente in ambiti interculturali, intergenerazionali e “intergender”, la leadership condivisa che ci caratterizza, a volte fatica a definirsi e a dirsi alla comunità allargata.
Se da una parte, quindi, le sfide di fronte alle quali la nostra leadership si trova sono le stesse che oggi affronta l’autorità in generale, dall’altra noi incontriamo anche quelle relative alla complessità che ci costituisce, all’inesperienza, alla mancanza di formazione e di ricorsi finanziari, soprattutto negli ambiti della comunicazione e dell’accompagnamento di processi».
Daniel: «Nel nostro carisma l’obbedienza è vista come la castità dello spirito. I superiori non si scelgono, ma se penso a tutti quelli che ho avuto, provo una profonda gratitudine. Mi sento accompagnato, accolto e non giudicato. Per noi la leadership è un lavoro apostolico e di servizio. Vissuto così aiuta la sinodalità e la vicinanza di chi esercita un ruolo con tutte le persone con le quali ha a che fare. Diventa un fratello, attento a ciascuno. La missione del leader è di preservare il vincolo di comunione e carità tra i membri. Una sfida che stiamo attraversando per quanto riguarda la leadership è sicuramente il cambio generazionale; da membri che hanno conosciuto e vissuto con il nostro fondatore, a membri più giovani, che magari non l’hanno conosciuto. Non solo nel governo centrale, ma anche nelle singole comunità sparse per tutto il mondo».
Renee: «La prima sfida riguarda la comprensione del concetto di leadership, che vogliamo associare alla leadership nello stile di Gesù, che significa servizio, ascolto e accompagnamento affinché anche gli altri possano esercitare la propria leadership.
Un'altra sfida è la fiducia, soprattutto in un'istituzione in fase di rinnovamento dopo lo scandalo della doppia vita del fondatore, Marcial Maciel. Questo inganno, così come il suo modo di esercitare l'autorità, ha lasciato delle ferite. È necessario recuperare la fiducia, il che richiede tempo e una vera conversione nell'esercizio dell'autorità come servizio disinteressato».
Quali aspetti nutrienti e quali difficoltà nel vivere il carisma nella complessità di diverse vocazioni?
Valentina: «La diversità di vocazioni è, a mio avviso, la nostra ricchezza e uno degli aspetti del carisma che mi ha attratto di più e che considero come segno profetico più rilevante oggi: persone diverse, chiamate a ministeri diversi all’interno di una unica vocazione a servire il Regno tramite la preghiera, il ministero della Parola e una testimonianza di vita evangelica. Questo modo diversificato di declinare lo stesso dono mi ricorda tanto l’immagine del poliedro di cui ci parla tanto papa Francesco: la verità non è un circolo, ma un poliedro, o, al dirla con Lafont, una sinfonia che mette insieme, in tensione, aspetti molto diversi. Mutatis mutandis, la comunione tra di noi non può essere l’appiattimento in un’unità sferica, perfetta… la comunione reale è fatta di tensioni che si abbracciano e si tengono insieme e che, come le varie facce di un poliedro, fanno trasparire aspetti diversi della stessa realtà. Adesso, il problema sorge quando il frammento – l’individuo o il piccolo gruppo, delle prime generazioni o delle ultime, degli uomini o delle donne, dei laici o dei consacrati, con il loro modo di interpretare e vivere il carisma – non valorizza o non è valorizzato nella sua particolarità e vorrebbe eliminarla, annullando le differenze».
Daniel: «Noi come comunità prendiamo a modello la Sacra Famiglia, con tutte le difficoltà e positività che ne derivano: siamo diversi nelle tempistiche, nei ritmi, è tutto un incastrare le cose; ognuno di noi lavora nel mondo, con idee, età, ritmi di vita diversi. Questo può creare difficoltà in tutti gli ambiti, organizzativo e di cura, ma sono differenze che, alla fine, sono sempre occasioni di grazia. Anche le prime comunità cristiane avevano difficoltà, ma la coscienza di avere ed essere un cuore solo, non solo intellettuale, è ciò che unisce».
Renee: «È così incoraggiante avere una famiglia spirituale con forze diverse, con la capacità di collaborare nell'evangelizzazione. Questa complementarità di vocazioni e talenti ci permette di fare molto. Ci dà un grande spazio per la missione d’evangelizzazione. La sfida è la vera comunione quando c'è una diversità di visioni, ritmi, personalità, priorità. C'è una complessità organizzativa che richiede tempo. Dobbiamo imparare forme orizzontali di leadership, abbandonando quelle verticali, incorporando piuttosto sinodalità e partecipazione».
Quale novità sentite di portare alla Chiesa rispetto a istituti nati molto prima di voi?
Valentina: «La prima parola che mi viene in mente è leggerezza. Non perché i nostri vissuti siano sempre facili, sereni, ma proprio in virtù di una non pesantezza strutturale dovuta al modo in cui siamo nati e alle intuizioni del fondatore. Il fatto che il carisma non sia vincolato a opere specifiche, a mio avviso, ci dà una certa libertà di movimento e una creatività che mi sembra possa funzionare bene oggi, in cui tutto si trasforma rapidamente.
Un altro elemento che mi sembra nuovo è il modo in cui ci trattiamo tra di noi: il fatto di chiamarci per nome e non con titoli mi rimette costantemente alla necessità di ricordare la nostra uguaglianza fondamentale. I ruoli sono ruoli e non identità e la nostra identità è “fraternità”.
Una parte importante del nostro carisma sia proprio il dono di farci grembo che accoglie la Parola e la incarna nelle diverse circostanze e culture. Una delle questioni più urgenti oggi per la Chiesa è proprio come essere presente al pubblico, come ascoltare dalle culture, imparando da esse e contribuire alla crescita delle culture, non omologando, ma facilitando connessione, per il bene di tutti».
Daniel: «Siamo di fronte a un invito dello Spirito davanti al tempo di oggi: i tratti di vicinanza e familiarità che ci contraddistinguono, rispondono a un bisogno sociale dell’umanità. La disgregazione, la frenesia e ansia di prestazione che viviamo, ha bisogno di una vicinanza: questo ci consente di portare il Vangelo anche nei luoghi di lavoro. Il nostro carisma risponde a questa sete, non solo spirituale, ma anche come bisogno ontologico che l’essere umano ha di Dio».
Renee: «Vedo un contributo importante nel nostro stile di vita di donne consacrate, completamente donate al Signore vivendo i consigli evangelici nello stato laicale. Siamo chiamate a vivere nel mondo, molto vicine alle persone e alle loro realtà quotidiane, accompagnandole e camminando insieme verso la santità.
Abbiamo un'enfasi sull'andare incontro alle persone, senza aspettare che siano loro a venire da noi, sull'essere in missione e sull'uscire».
PATRIZIA MORGANTE