Adriano Giorgio
ESSERE EDUCATORI SIGNIFICATIVI
2024/4, p. 25
L’educazione è tale quando si configra come «aiuto alla vita che si svolge»: non un’imposizione dall’esterno, ma faro che illumina il cammino.

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STILI EDUCATIVI
Essere educatori significativi
L’educazione è tale quando si configura come «aiuto alla vita che si svolge»: non un’imposizione dall’esterno, ma faro che illumina il cammino.
L’educazione non è l’insegnamento che forgia e foggia: l’educazione trae dalla persona ciò che ha da sviluppare di autentico, di proprio, rendendo la persona stessa autonoma e libera. Compito principale dell’educazione è quello di aiutare qualcuno ad esprimere se stesso, ad essere quello che è, a comportarsi in modo conforme alla propria personalità; l’educatore dovrebbe rispettare l’originalità del soggetto in crescita e non costringerla in un modello.
Quale stile educativo?
Ma come possiamo agire con i nostri ragazzi? Quale stile educativo è più consono a rendere un soggetto libero, autentico e in grado di vivere all’interno della società? Sicuramente oggi il clima culturale, sociale non ci è d’aiuto. I giovani ricevono una quantità infinita di sollecitazioni e non sempre queste giocano a loro favore. I giovani di oggi sono sempre più esposti alla società liquida. La società liquida, così definita da Bauman, è una società caratterizzata dalla instabilità, dalla incertezza e dalla precarietà. I giovani di oggi si trovano costretti ad affrontare molte sfide: la precarietà delle relazioni sociali e personali, il deterioramento dell’asse valoriale e la mancanza di solidi punti di riferimento. In questo contesto, è importante che i giovani siano in grado di adattarsi rapidamente alle situazioni che cambiano in continuazione e di individuare in primis all’interno delle loro famiglie, adulti equilibrati, autorevoli ed empatici capaci di promuovere l’autonomia e l’autodeterminazione, riconoscendo le qualità e le potenzialità presenti nel soggetto, cercando di capire come poterle fare sviluppare e indirizzare nel futuro.
Sembra forse scontato ma, se vogliamo porci come educatori significativi, dobbiamo prima di tutto essere noi stessi, con lealtà, senza recitare una parte, in maniera tale da fornire all’altro, all’educando, una entità umana cui fare riferimento, con cui misurarsi ed eventualmente confrontarsi: l’antico e sempreverde «buon esempio», mai obbligatorio da seguire ma obbligatorio da dare. Un educatore che mostri all’altro i valori legati al rispetto per tutti, alla comprensione, all’accoglienza altrui, alla solidarietà, alla giustizia.
Una educazione basata sul buon esempio e non sull’imposizione sarebbe davvero auspicabile, sia per gli educandi che per gli educatori. La base di una relazione educativa ideale è caratterizzata dalla volontà di superare l’individualismo per incontrare l’altro in nome della nostra comune umanità. È essenziale accettare e valorizzare la diversità come un tesoro, comprendendola e cercando di approfondirla. Questo comporta uno sforzo costante per migliorare e mettere in pratica i principi dell’educazione, al fine di favorire una relazione autentica e significativa con gli altri.
Autorevolezza educativa
Negli anni si sono susseguiti diversi stili educativi influenzati dal contesto storico, sociale e politico. Storicamente, per molte generazioni, la società nel suo complesso era autoritaria e questo clima si ripercuoteva pesantemente anche in ambito educativo. A cavallo degli anni ’60 e ’70 la società venne travolta da un’ondata democratica e antiautoritaria. Per qualche decennio il vecchio stile educativo rigido e autorevole da un lato, e dall’altro la nuova pedagogia, sicuramente più libera e più democratica, si sono affrontati senza trovare un punto di incontro. Probabilmente nessuno dei due modelli educativi è stato convincente fino in fondo.
Oggi, abbiamo compreso che lo stile educativo che ha maggiori probabilità di successo è quello in cui gli educatori si presentano come adulti autorevoli senza però essere autoritari.
A mio parere la prima caratteristica di un educatore significativo nel nostro panorama culturale e sociale è la modalità educativa con cui riesce ad esprimere l’autorevolezza nella propria azione di genitore, di insegnante, di educatore.
L'autorevolezza educativa è una caratteristica che fonda la relazione fra le parti coinvolte su basi affettive, anche se la propensione alla condivisione del processo evolutivo tiene presente anche i comportamenti di esplorazione del limite che appartengono al soggetto che sta crescendo. Un genitore o un educatore autorevole dovrebbe incoraggiare gli scambi e i confronti verbali con la persona in crescita, purché avvengano in modo regolato e leale, fornendo spiegazioni adeguate riguardo le regole e la loro applicazione cercando di dare una risposta ad eventuali obiezioni o critiche. Mi pare importante sottolineare come negli anni il concetto del senso del limite ed il sistema regolativo siano mutati. Oggi gli adulti continuano a sostenere che i giovani non posseggono il senso del limite che, alcuni accadimenti anche di una certa entità, commessi dai giovani siano frutto di un deterioramento progressivo di uno stile educativo più rigido e rigoroso.
Ascolto, attenzione e lavoro di squadra
Un tempo i limiti, in particolare quelli fissati dai genitori, erano quasi dei regolamenti perentori e indiscutibili. Esistevano norme e prescrizioni molto rigide; negli ultimi decenni stiamo assistendo a modalità educative molto più aperte e dialogiche. Non è mai stato semplice per nessun educatore (i genitori in primis) porre delle regole e dei limiti ai figli perché molto spesso i ragazzi ergono muri di incomunicabilità con gli adulti considerandoci non in grado di comprenderli.
Un educatore significativo a mio parere deve essere in grado di porre dei limiti ragionevoli e sensati, non più visti come una «recinzione elettrica» che circonda il soggetto in crescita ma come frutto di scelte personali ed etiche dell’educatore stesso. Quando i giovani mettono alla prova i limiti stabiliti dal mondo adulto cercano in realtà di capire la loro vera personalità, hanno bisogno di scoprire chi sono veramente e noi dobbiamo essere lì per loro senza l’emissione di giudizi ma puramente in un atteggiamento di ascolto autentico. Non è sempre semplice essere in ascolto dei giovani, per prima cosa dobbiamo essere in grado di osservare i loro comportamenti, ascoltandoli con attenzione e non con frenesia, dedicando loro del tempo per capire le loro esigenze ed i loro timori.
I giovani d’oggi, più delle generazioni passate, crescono e si confrontano con una società eccessivamente instabile. La fase evolutiva che i ragazzi affrontano li porta a essere confusi e indecisi, e il bombardamento mediatico sulle possibilità future non li aiuta e anzi li lascia brancolare ancor di più nella quotidianità, con pochi sogni e progetti.
Soprattutto durante l’adolescenza, i giovani si trovano ad affrontare una serie di sfide sia a livello psicologico che emotivo. Le paure comuni in questa fase della vita possono riguardare l’incertezza riguardo al futuro, la paura di non essere accettati dagli altri, l’ansia legata alle performance scolastiche e l’immagine del corpo.
È importante aiutarli a riconoscere che questi timori sono normali tappe nella crescita di ognuno e che ogni adolescente le vive in modo diverso. Alcuni possono manifestare sintomi di ansia più evidenti, mentre altri potrebbero nascondere le loro paure sotto un’apparenza di indifferenza.
Come educatori, è fondamentale fornire un ambiente sicuro e di supporto per gli adolescenti. Come adulti è nostro dovere ascoltare le loro preoccupazioni e offrire un sostegno empatico. Inoltre, è essenziale incoraggiare una comunicazione aperta e fornire loro strumenti per affrontare le paure in modo sano.
Risulta essenziale quindi mostrare loro un modello di ascolto e confronto per far loro comprendere le responsabilità che in futuro avranno sia da adulto, sia in qualità di madre o padre nel momento in cui costituiranno una loro famiglia. In questo particolare momento di estreme fragilità dei ragazzi/e, dobbiamo sforzarci di far comprendere loro che il futuro sarà loro e quindi siamo tutti davanti ad una grossa responsabilità educativa.
Solo con un grande lavoro di squadra si permetterà ai ragazzi/e di acquisire più autostima verso loro stessi e soprattutto portarli così a farli sentire in ogni momento protagonisti nella costruzione del loro progetto di vita, qualunque esso sia.
GIORGIO ADRIANO