Chiaro Mario
«TUTTO DA PERDERE» LA POVERTÀ IN ITALIA
2024/3, p. 42
Il Rapporto Tutto da perdere su povertà ed esclusione sociale di Caritas Italiana 2023 registra oltre 5,6 milioni di poveri assoluti (9,7% della popolazione): è un fenomeno strutturale e non più residuale. La presenza di tante povertà è una sconfitta non solo per chi le subisce, ma anche per l’intera società.

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REPORT CARITAS 2023
«Tutto da perdere»
La povertà in Italia
Il Rapporto Tutto da perdere su povertà ed esclusione sociale di Caritas Italiana 2023 registra oltre 5,6 milioni di poveri assoluti (9,7% della popolazione): è un fenomeno strutturale e non più residuale. La presenza di tante povertà è una sconfitta non solo per chi le subisce, ma anche per l’intera società.
Se si guarda all’Europa siamo molto distanti dall’obiettivo n.1 fissato dall’Agenda 2030, che si prefigge di ridurre di 15mln il numero di persone a rischio povertà e/o esclusione sociale. Dopo otto anni dalla sottoscrizione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e oltre quattro anni dalla crisi socio-sanitaria causata dal Covid-19 bisogna riconoscere che sono stati fatti notevoli passi indietro. La pandemia, la crisi energetica e la guerra in Ucraina oggi influenzano molto negativamente il perseguimento degli Obiettivi. Ricordiamo che oggi in Europa vivono in una condizione di rischio povertà e/o esclusione sociale oltre 95mln di persone, quasi il 22% della popolazione (nel periodo che ha preceduto la pandemia l’incidenza si attestava al 20,7%).
Povertà assoluta e famiglie
I poveri assoluti sono saliti lo scorso anno da oltre 5mln 316mila a 5mln 673mila. Se si considerano i nuclei, si contano 2mln 187mila famiglie in povertà assoluta, a fronte dei 2 milioni 22mila famiglie del 2021, concentrati soprattutto nel Mezzogiorno. Sono evidenti le disuguaglianze tra cittadini italiani e stranieri residenti, acuitesi negli ultimi dodici mesi. La povertà assoluta si mantiene infatti al di sotto della media per le famiglie di soli italiani, mentre si attesta su livelli molto elevati tra i nuclei con soli componenti stranieri. Gli stranieri, pur rappresentando solo l’8,7% della popolazione residente, costituiscono il 30% dei poveri assoluti. L’istruzione continua ad essere tra i fattori che più tutelano rispetto al rischio di indigenza, mentre il lavoro non è più causa sufficiente di benessere. «Tante dimensioni restituiscono la complessità della “povertà dei bambini”. Secondo i dati ISTAT, nel 2022 sono 1mln 270mila i minori che vivono in povertà assoluta. Il 7,5% dei minori vive in condizioni di grave deprivazione abitativa». Ci sono però anche dati incoraggianti: la dispersione scolastica in Italia è ancora superiore alla media europea, ma è in calo rispetto agli anni passati. «Nel 2022 i giovani Neet (coloro che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano) rappresentano quasi il 20% di tutti i 15-29enni (1,7 milioni): si evidenzia tuttavia un forte calo nel numero di giovani coinvolti dal fenomeno (si torna ai livelli di quasi il 19% nel 2007)» (cfr. l’articolo “Chi nasce povero resta povero”, Testimoni n.10, 2023).
Povertà secondo l’Osservatorio Caritas
Nell’insieme i centri di ascolto e i servizi Caritas hanno supportato circa il 12% delle famiglie in povertà assoluta, l’1% delle famiglie residenti. «Le persone di cittadinanza straniera risultano prevalentemente coniugate. Gli assistiti italiani invece appaiono divisi tra coniugati, celibi/nubili, separati/divorziati: tra loro lo stato di povertà appare molto correlato a forme di fragilità familiari. Si conferma in tal senso l’esistenza di “eventi svolta” che possono segnare le storie individuali contribuendo allo scivolamento verso una condizione di fragilità sociale. Tra tali eventi c’è il diventare genitori: i due terzi degli utenti ha figli e tra loro l’80% vive con figli minori. Questo significa che circa il 52% delle persone che si rivolge alla rete Caritas ha figli minori». Caritas registra anche la multidimensionalità dei bisogni. Infatti ci sono difficoltà di ordine materiale: problemi economici (78,5% dell’utenza), occupazionali (45,7%) e abitativi (23,1%). Altre forme di fragilità sono i disagi legati all’immigrazione per i soli stranieri, i problemi familiari, di salute, quelli legati all’istruzione, alle dipendenze, alla detenzione e giustizia o all’handicap/disabilità (2,9%).
Cittadinanza energetica
Il Rapporto ha analizzato per la prima volta anche gli effetti della “povertà energetica”: essa consiste nell’impossibilità di garantire un livello minimo di consumo energetico, che determina conseguenze importanti soprattutto sulle fasce sociali più fragili, e che colpisce quasi il 10% della popolazione, con una tendenza all’aumento negli ultimi 10 anni. «Si tratta di un fenomeno che ha avuto un picco nell’aumento dei prezzi energetici dell’inverno 2022-23: si presenta collegato all’insieme delle grandi trasformazioni che il pianeta e il genere umano stanno vivendo. La povertà energetica è una povertà di transizione, che deve essere affrontata non solo attraverso misure compensative a breve termine, ma con misure di accompagnamento organiche». «Occorre sviluppare un atteggiamento nuovo, basato sull’idea di “cittadinanza energetica”, in cui la consapevolezza di dover diminuire il carico carbonico dell’attività umana si può tradurre in un nuovo protagonismo, con iniziative di autoconsumo e autoproduzione».
Lavoro povero e misure di contrasto
Un focus particolare è dedicato al fenomeno dei “working poor”, ossia a quelle situazioni di povertà in cui non manca il lavoro, ma il reddito non è sufficiente a una vita dignitosa. Su questo è stata realizzata un’indagine nazionale, la prima di tipo partecipativo mai realizzata da Caritas Italiana, che ha coinvolto in tutte le fasi di studio un gruppo di persone che vivono sulla propria pelle la condizione di fragilità economica e lavorativa. «“Sopravvivere” è la parola più citata dai lavoratori poveri: esprime la consapevolezza di non avere aspettative, di non riuscire spesso a vivere una vita piena». I lavoratori poveri sono in nero, in grigio, part time forzati, con contratti regolari ma tutti con salari inadeguati. Il Rapporto elabora una riflessione anche sulla riforma del Reddito di Cittadinanza e sul passaggio verso le nuove misure di Supporto alla formazione e al lavoro (SFL) e Assegno di inclusione (Adi). La Caritas esprime il timore che l’introduzione di nuovi requisiti rischia di lasciare scoperte alcune tipologie di poveri (per esempio le persone senza dimora). Si hanno seri dubbi poi sulla possibilità di trovare un’occupazione entro i 12 mesi di copertura economica per la formazione garantiti dall’SFL. Si intravede invece una situazione più favorevole per i circa 50mila nuclei di stranieri che potranno accedere per la prima volta alla misura e il fatto che sommando gli importi dell’Adi con quelli dell’Assegno Universale Unico per i figli a carico, la nuova impostazione sostiene maggiormente le famiglie numerose.
Un’epoca di “transizione lavorativa”
«La presenza di oltre 2,1 milioni di famiglie povere è una sconfitta non solo per chi ne è direttamente coinvolto, ma anche per l’intera società – ha affermato don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana –, perché così essa si trova a dover fare i conti con la perdita di capitale umano, sociale, relazionale che produce gravi e visibili impatti anche sul piano dei diritti». Il persistere delle disuguaglianze è ormai parte integrante del meccanismo socio-economico. Il cosiddetto “lavoro flessibile” genera in realtà sempre più precariato e mercificazione: pensiamo ai disoccupati di mezza età estromessi dal sistema, che devono accontentarsi di un “lavoro indecente”; guardiamo ai giovani che subiscono percorsi lavorativi frammentari e poco remunerativi; denunciamole molteplici forme di “lavoro in nero” o di “lavoro sommerso”, come situazioni di ricatto anche per gli immigrati e che alimentano lo spirito di illegalità che corrompe ulteriormente la nostra convivenza civile. Per vivere questo cambiamento d’epoca evocato da papa Francesco, occorre accompagnare le persone più fragili per «creare condizioni lavorative decenti e dignitose, orientate al bene comune e alla salvaguardia del creato […] In questa prospettiva vanno stimolate, accolte e sostenute le iniziative che, a tutti i livelli, sollecitano le imprese al rispetto dei diritti umani fondamentali di lavoratrici e lavoratori, sensibilizzando in tal senso non solo le istituzioni, ma anche i consumatori, la società civile e le realtà imprenditoriali. Queste ultime, quanto più sono consapevoli del loro ruolo sociale, tanto più diventano luoghi in cui si esercita la dignità umana, partecipando così a loro volta alla costruzione della pace. Su questo aspetto la politica è chiamata a svolgere un ruolo attivo, promuovendo un giusto equilibrio tra libertà economica e giustizia sociale» (papa Francesco, Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2022).
MARIO CHIARO