Chiaro Mario
Don Milani DUECENTO LETTERE
2024/3, p. 40
Don Lorenzo Milani è stato «un personaggio apparentemente familiare ma difficilissimo da raggiungere». A cento anni dalla nascita (1923), egli è ancora un interlocutore amato e lodato, ma anche incasellato in slogan che ne impoveriscono il pensiero. Le lettere qui proposte sono tratte per lo più dall’Archivio Milani della Fondazione per le scienze religiose di Bologna (Fscire), nata per volere della madre ebrea Alice Weiis, affinché «l’eredità della sua parola e del suo esempio non si disperda, bene comune affidato a tutti».

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Lorenzo Milani
DUECENTO LETTERE
nel centenario della nascita
EDB, Bologna 2023 - pp.416, € 32,00
Don Lorenzo Milani è stato «un personaggio apparentemente familiare ma difficilissimo da raggiungere». A cento anni dalla nascita (1923), egli è ancora un interlocutore amato e lodato, ma anche incasellato in slogan che ne impoveriscono il pensiero. Le lettere qui proposte sono tratte per lo più dall’Archivio Milani della Fondazione per le scienze religiose di Bologna (Fscire), nata per volere della madre ebrea Alice Weiis, affinché «l’eredità della sua parola e del suo esempio non si disperda, bene comune affidato a tutti». Adele Corradi, collaboratrice del priore di Barbiana, ha cercato di riaccostarsi a codesto bene comune attraverso l’epistolario privato, selezionando 200 lettere tra le oltre mille conosciute, quelle ritenute decisive per stile e temi trattati. «Non tutti considerano utile conoscere il carattere dell’autore di uno scritto importante. Ma sbagliano […] Conoscere quanto don Milani amava l’ironia e anche lo scherzo aiuta, anzi è indispensabile per non prendere alla lettera tante sue provocazioni» (p.6). Con questo “caratterino” scopriamo uno scrittore capace di «toccare i nervi scoperti della società, della chiesa e del mondo della scuola di quegli anni». Tra le prime lettere inserite nel volume (datata 26-12-1947), quella rivolta al cugino Carlo Weiis, fuggito negli Stati Uniti dopo la promulgazione delle leggi razziali, ci sembra significativa per l’acutezza del pensiero di don Lorenzo, che invita il cugino a lasciare l’America perché «Per noi l’America non è più il “Nuovo Mondo”, ma il Vecchio che sta morendo». Milani si sbilancia in un ragionamento sul comunismo che è a dir poco “spericolato”: «tu di così lontano sopravvaluti il pericolo comunista. L’ateismo e il crollo dei valori spirituali, come dici te, non vengono mica dal comunismo. Il comunismo in questa determinata forma non è che una incidentale conseguenza […] Capisci? Noi non possiamo essere comunisti, ma neanche possiamo guardare il comunismo come a un nemico da combattere e distruggere, tutt’altro: caso mai è un mondo da cristianizzare. S. Gregorio Magno non è mica che fosse paganeggiante quando mandò da Roma i suoi monaci a aprire le braccia della Chiesa ai barbari perché il clero bretone si rifiutava di evangelizzarli […] mi pare che stiamo vivendo un momento grande, un colossale parto e mi pare che questo parto avvenga da queste parti e quindi ti consiglio di fare come dice che facciano i topi, lasci (per quanto piena di viveri) la nave che sta per affondare, fuori ci sarà la tempesta magari, ma meglio la tempesta che trovarsi seppelliti vivi colla nave. Io l’ho lasciata e mi ci son trovato bene» (pp. 31-32).
La capacità di interpretare i segni dei tempi e quelli della sua fede si mostra appieno quando nel 1950 scrive una famosa “messianica” Lettera a Pipetta (soprannome di Italo Bianchi, attivista del PCI e alunno della scuola di Calenzano): «Caro Pipetta, ogni volta che ci incontriamo tu dici che se tutti i preti fossero come me […] Ma dimmi Pipetta m’hai inteso davvero? […] Hai ragione, sì, hai ragione, tra te e i ricchi sarai sempre te povero ad avere ragione. Anche quando avrai il torto di impugnare le armi ti darò ragione […] Pipetta, quel giorno, lasci che te lo dica subito, io non ti dirò più come dico ora: “Hai ragione”. Quel giorno finalmente potrò riaprire la bocca all’unico grido di vittoria degno di un sacerdote di Cristo: “Pipetta hai torto. Beati i poveri perché il Regno dei Cieli è loro”. Ma il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò» (pp. 51-52).