«Mama Antula» coraggiosa evangelizzatrice
2024/3, p. 12
Dall’11 febbraio 2024 il popolo argentino ha la gioia di avere una sua connazionale inserita nel calendario universale dei santi. Papa Francesco ha celebrato, in San Pietro a Roma, la canonizzazione di María Antonia di San Giuseppe, Mama Antula nella lingua indigena Quichua. Laica consacrata, promosse gli Esercizi spirituali in Argentina dopo la soppressione della Compagnia di Gesù.
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LA PRIMA SANTA ARGENTINA
«Mama Antula»
coraggiosa evangelizzatrice
Dall’11 febbraio 2024 il popolo argentino ha la gioia di avere una sua connazionale inserita nel calendario universale dei santi. Papa Francesco ha celebrato, in San Pietro a Roma, la canonizzazione di María Antonia di San Giuseppe, Mama Antula nella lingua indigena Quichua. Laica consacrata, promosse gli Esercizi spirituali in Argentina dopo la soppressione della Compagnia di Gesù.
María Antonia de Paz y Figueroa, nata nel 1730 a Villa Silípica, Santiago del Estero (Argentina) e morta il 7 marzo 1799 a Buenos Aires, «è una di quelle sante evangelizzatrici di popoli che papa Francesco ama canonizzare», osserva Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero. Citando un articolo di Civiltà Cattolica prosegue: «Camminatrice, comunicativa, determinata, di quelle che escono, cercano, vanno, non spinte dal loro carattere, né per un incarico divino unilaterale, ma perché alzando lo sguardo, hanno visto folle che vagano come pecore senza pastore, e si sono commosse nel sentire l’amore del Buon Pastore che ha dato la vita per quelle pecore». María Antonia, chiamata Mama Antula nella lingua indigena Quichua, «visse negli anni della distruzione delle reducciones della Compagnia di Gesù; si impegnò, - una volta che i gesuiti vennero cacciati dai reali di Portogallo e Spagna su istigazione massonica e laicista -, a proseguire nella predicazione degli esercizi spirituali che essi non potevano più dare. Si ritiene che siano stati più di 70.000 i laici e le laiche per i quali Mama Antula organizzò gli esercizi nella Casa che nel 1795 riuscì a fondare con questo intento a Buenos Aires». Per arrivare in quella città, camminò scalza per quasi 4.000 chilometri tra le saline, i boschi, le colline della Pampa, le pianure sterminate del suo Paese.
La coraggiosa scelta di María Antonia
«María Antonia sin da bambina vide i maltrattamenti che subivano gli indios e gli schiavi e, con il passare del tempo, il dolore di questa gente diventò per lei insopportabile. Li sentiva come fratelli, e soffriva con loro», racconta Nunzia Locatelli, una delle due autrici di Mama Antula. La fede di una donna indomita. LEV, 2020. A quindici anni decise di lasciare la vita agiata della sua famiglia per entrare come laica consacrata nel beaterio dei gesuiti di Santiago del Estero, una comunità di donne che servivano i più bisognosi. Scelse di chiamarsi María Antonia di San Giuseppe. Rimase in quella comunità 22 anni, ricevendo dai gesuiti una solida istruzione. Da loro imparò ad organizzare gli esercizi spirituali di Sant'Ignazio, secondo il carisma della Compagnia di Gesù.
Una notte del 1767 i gesuiti furono violentemente cacciati dall’America del Sud, dalle missioni di Santiago del Estero e di Cordoba, nel Vicereame del Perù. L’espulsione della Compagnia dalle Americhe lasciò un vuoto incolmabile; le missioni dei padri gesuiti erano un punto di riferimento per la popolazione locale che rimase come orfana e disorientata. L’unica luce, l’unico conforto che rimaneva, era María Antonia. Così a rischio della propria vita, Mama Antula, cominciò ad organizzare gli esercizi spirituali secondo quanto aveva imparato, raccogliendo sempre più adesioni nel suo e in altri territori.
Instancabile nei suoi viaggi
Portando sempre con sè una grossa croce di legno come bastone, un’immagine dell’Addolorata e al collo una croce (che portava sopra un Gesù Bambino, da lei soprannominato “Manuelito”), inizialmente si limitò alla zona di Santiago del Estero. Dopo aver ottenuto il permesso del vescovo della regione di Tucumán, Juan Manuel Moscoso y Peralta, Mama Antula estese l’opera anche lì, in seguito a un corso di Esercizi particolarmente frequentato. Si diresse quindi a Jujuy, poi a Salta e a San Miguel de Tucumán; proseguì per Catamarca, La Rioja e, alla fine, giunse a Córdoba: un viaggio lungo più di duemila chilometri percorsi a piedi. Agli inizi di settembre 1779, in compagnia di altre “beate”, intraprese il viaggio verso Buenos Aires. A molti parve una follia: avrebbe dovuto percorrere altri 1.400 chilometri, ancora una volta unicamente a piedi, col rischio di essere aggredita da animali selvatici o da predoni. Invece, guidata dal suo motto: «La pazienza è buona, ma la perseveranza lo è di più», decise di partire lo stesso.A Buenos Aires, però, l’accoglienza fu molto negativa: le consacrate, coperte di polvere e provate dal lungo viaggio, furono derise e disprezzate. María Antonia si presentò al viceré del Río de la Plata, Juan José de Vértiz y Salcedo, e al vescovo, il francescano Sebastián Malvar y Pinto, per chiedere il permesso di organizzare gli Esercizi. Dal vicerè venne respinta, perché contrario verso tutto ciò che rimandasse in qualche modo ai gesuiti. Il vescovo, invece, approvò dopo aver notato il riscontro del primo corso organizzato nel 1780. Scrisse quindi a papa Pio VII, descrivendo come la consacrata avesse sopportato con pazienza e serenità le varie vicissitudini cui era andata incontro, che le valsero l’auspicata concessione.Le risorse materiali a Buenos Aires erano abbondanti: Mama Antula confidava pienamente nella Divina Provvidenza e nell’intercessione di san Gaetano da Thiene, diffondendo la devozione a lui, in gran parte dell’Argentina. Quando c’era cibo in eccedenza, veniva distribuito ai mendicanti e ai carcerati. Spesso, poi, le vennero attribuiti prodigi come la moltiplicazione delle vivande o la trasformazione della frutta in pane. Poteva quindi scrivere: «Vedo che la Divina Provvidenza mi aiuta immancabilmente nel loro [degli Esercizi] proseguimento e che il pubblico sperimenta ogni giorno di più il loro frutto. In quattro anni di Esercizi si sono accostate più di 15.000 persone».
La Santa Casa degli EserciziCon il desiderio di «andare dove Dio non fosse conosciuto», come lei diceva, si spinse fino in Uruguay e là rimase per tre anni. Al suo ritorno a Buenos Aires, comprese di dover ampliare la struttura per gli Esercizi.Inizialmente prese in prestito un’abitazione, ma più avanti prese dei locali in affitto. Infine, si lanciò in una nuova impresa: la costruzione della Santa Casa degli Esercizi, interamente dedicata a quello scopo e tuttora esistente, in Avenida Independencia 1190. Bussando di porta in porta per quell’opera, che comunque considerava non sua, ma «di Dio e per Dio».
Mama Antula dovette affrontare altri ostacoli e sofferenze per portare avanti la sua missione. Nel 1700 le classi sociali non si mescolavano: l'alta borghesia camminava su un lato della strada e i contadini, gli schiavi e i poveri sull'altro. Mama Antula riuscì nella sua Casa a riunire le diverse classi sociali senza distinzioni o separazioni. Per questo motivo, è considerata da allora la Madre spirituale dell'Argentina. Da moltissime persone, Mama Antula era vista come un oracolo: giudici, alti prelati e le massime autorità la consultavano in caso di problemi. «Attraverso la sua Casa sono passati i Padri della Patria argentina, i membri del primo governo patriottico». Intorno a lei si formò una vera «comunità di fede e di provvidenza». María Antonia di San Giuseppe diventa così l'esempio di un cammino di speranza e questo è il messaggio che oggi lascia all'Argentina e al mondo.
«È una mamma del nostro popolo, – afferma Maria Fernanda Silva, attuale ambasciatrice dell’Argentina presso la Santa Sede, - una mamma spirituale, una donna speciale. Adesso l'intera Chiesa universale riceverà il dono che rappresenta, la sua fede e anche il modello del suo zelo apostolico».
La trama particolare di un miracolo
Padre Lucio Adrián Ruiz, segretario del Dicastero per la Comunicazione, focalizza la sua attenzione sul miracolo che ha portato alla canonizzazione di Mama Antula: riguarda un insegnante, Claudio Perusini, di 66 anni. Ricoverato in ospedale a Santa Fe nel 2017 in condizioni gravissime a causa di un ictus, le sue possibilità di tornare alla normalità appaiono minime. Un bigliettino consegnato da un amico sacerdote alla moglie di Claudio, María Laura, con la preghiera a Mama Antula, beatificata appena un anno prima, il 27 agosto 2016, apre uno spiraglio di speranza. Da quel momento, insieme ai figli, María Laura comincia a pregare sperando nella guarigione del marito. Dopo qualche giorno, l'uomo riprende le sue funzioni vitali e oggi, dopo un lungo percorso riabilitativo, conduce una vita normale. Padre Ruiz racconta un particolare significativo che fa intravedere una trama d'amore tra l’opera di Dio, la santa argentina, papa Francesco e Claudio Perusini. Il futuro papa Bergoglio e Claudio, si conobbero quando lui era un liceale e Jorge Mario era provinciale dei gesuiti a Santa Fe. Claudio desiderava entrare nella Compagnia di Gesù e aveva cominciato a frequentare il noviziato ma, come racconta lui stesso, in un incontro, p. Jorge Mario, dandogli «una pacca sulla spalla, gli raccomandò di cercare un'altra strada e gli disse che sicuramente in futuro avrebbe battezzato i suoi figli». Infatti, Claudio lasciò il noviziato e si trasferì in Patagonia, dove si sposò ed ebbe due figli. Sicuramente non avrebbe mai immaginato che quel padre gesuita sarebbe diventato papa Francesco che avrebbe canonizzato Mama Antula, grazie alla quale il miracolo gli ha permesso di continuare a vivere e di godere oggi della santità di questa donna forte e coraggiosa.
ANNA MARIA GELLINI