Cambiamenti epocali e pessimismo
2024/2, p. 45
In un paese impaurito alla ricerca di una nuova stagione dei doveri, il 57° Rapporto del Censis e il 35° Rapporto di Eurispes registrano, per un verso, il ripiegamento del paese in piccole patrie e piccole rivendicazioni, con scarsi traguardi condivisi; per un altro verso, la impellente necessità di un impegno delle forze politiche ad occuparsi, senza sterili dispute, dei grandi mali che affliggono l’Italia.
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RAPPORTO CENSIS – EURISPES 2023
Cambiamenti epocali e pessimismo
In un paese impaurito alla ricerca di una nuova stagione dei doveri, il 57° Rapporto del Censis e il 35° Rapporto di Eurispes registrano, per un verso, il ripiegamento del paese in piccole patrie e piccole rivendicazioni, con scarsi traguardi condivisi; per un altro verso, la impellente necessità di un impegno delle forze politiche ad occuparsi, senza sterili dispute, dei grandi mali che affliggono l’Italia.
Nel nostro Paese oggi assistiamo a una politica di piccoli interventi e di protezione di pretese private. Il dibattito pubblico esprime poche idee e poche parole. C’è il confuso disegno di una società che sta sostituendo il modello di sviluppo costruito a partire dagli anni ’60, nel quale c’era un “lasciar fare”, una copertura dei bisogni essenziali, il riconoscimento dei diritti collettivi. Nel nuovo modello si privilegia piuttosto un “lasciar essere”, un individualismo predominante soprattutto tra le giovani generazioni. Il 57° Rapporto del Censis (Centro studi e investimenti sociali) registra in questo modo il ripiegamento della nazione in piccole patrie e piccole rivendicazioni, con scarsi traguardi condivisi. La pandemia, la crisi energetica e ambientale, le guerre ai confini dell’Europa, l’inflazione, i flussi migratori, i modelli sociali diversi da quello occidentale, l’aumento dei rischi demografici e dei nuovi bisogni di tutela sociale, hanno rivelato i grandi bisogni dell’Italia. Il confronto politico invece gioca su emozioni di breve durata: si custodiscono piccole prerogative, rinunciando a pensare il futuro. «Ci consoliamo con la fotografia di una nazione di mille meraviglie, ignorando le sue arretratezze». Nel contempo la transizione digitale manifesta fragilità ed esclusione per scarsità di risorse, competenze, infrastrutture e reti. L’aumento di segnali di crisi ambientale e l’accelerazione dei suoi effetti richiede politiche di investimenti pubblici e privati per mettere in sicurezza territorio e infrastrutture. La transizione energetica necessita di innovazione tecnologica e riduzione dell’impatto delle attività industriali. La transizione demografica fa i conti con l’invecchiamento della popolazione e la crisi della natalità.
Cambiamenti epocali e pessimismo
In questa situazione, altre valutazioni emergono dal 35° Rapporto Eurispes (Istituto di studi politici economici e sociali), che invita al “dovere di avere coraggio”. Il tempo attuale si misura con eventi imprevedibili e incredibili, che stanno diventando un elemento di normalità nelle nostre vite. Il nostro patrimonio di illusioni è misura delle responsabilità o irresponsabilità, singole e collettive, rispetto alle novità e alla portata dei cambiamenti in atto. Il dato essenziale è che l’insieme di ritardi e inadempienze per affrontare tali cambiamenti mostra una scarsa consapevolezza della forza dei “giganti” da combattere. Siamo di fronte a uno scenario che richiede di ritrovare il “dovere di riscoprire i doveri”. L’indagine indica che il 53,8% dei cittadini ritiene che l’economia del paese è peggiorata. La pandemia ha portato pessimismo. La spesa che più spesso mette in difficoltà le famiglie è il pagamento del canone d’affitto (48,4%), seguita dalle bollette e utenze (37,9%) e dalla rata del mutuo (37,5%), mentre tre italiani su dieci hanno difficoltà a pagare le spese mediche (30,1%). Nelle difficoltà economiche la famiglia d’origine funziona ancora da ammortizzatore sociale (36,8%). Il 60,5% degli italiani rinuncia più spesso ai pasti fuori casa, mentre il 58,6% ha ridotto le spese per viaggi e vacanze e il 57,2% quelle per il tempo libero. Carichi troppo pesanti di lavoro (44,3%) e mancanza di tempo per se stessi (39,2%) sono i disagi più diffusi tra i lavoratori. Il 26,8% del campione ha riscontrato ancora diversità di trattamento nel mondo del lavoro tra uomini e donne in termini di possibilità di carriera, il 24,3% in termini di rispetto personale, il 24% in termini di riconoscimento economico.
I sonnambuli e il mercato delle paure
Tornando al Rapporto Censis, senza mezzi termini troviamo l’affermazione che siamo una società di ciechi. La società italiana sembra affetta da “sonnambulismo”, precipitata in un sonno profondo. Nel 2050 l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti (come se le due più grandi città, Roma e Milano insieme, scomparissero). La flessione demografica sarà il risultato di una diminuzione di 9,1 milioni di persone con meno di 65 anni (-3,7 milioni con meno di 35 anni) e di un contestuale aumento di 4,6 milioni di persone con 65 anni e oltre (+1,6 milioni con 85 anni e oltre). Si stimano quasi 8 milioni di persone in età attiva in meno nel 2050: una scarsità di lavoratori che avrà un impatto sul sistema produttivo e sulla capacità di generare valore. Il sonnambulismo è un fenomeno diffuso nella «maggioranza silenziosa» degli italiani. Il 56% (il 61,4% tra i giovani) è convinto di contare poco nella società (delusi e rassegnati). L’84,1% dei giovani è convinto che l’Italia sia ormai in declino. Il Paese emotivamente registra tante paure. L’84,0% degli italiani è impaurito dal clima «impazzito», per il 73,0% gli sconvolgimenti globali porteranno a flussi migratori sempre più intensi e non saremo in grado di gestirli.Il ritorno della guerra ha suscitato nuovi allarmi: il 59,9% ha paura che scoppierà un conflitto mondiale che coinvolgerà anche l’Italia. Anche il welfare del futuro nell’immaginario collettivo suscita grandi preoccupazioni: il 73,8% degli italiani ha paura che non ci sarà un numero sufficiente di lavoratori per pagare le pensioni e il 69,2% pensa che non tutti potranno curarsi, perché la sanità pubblica non riuscirà a garantire prestazioni adeguate. Sono scenari ipotetici che paralizzano invece di mobilitare risorse per la ricerca di soluzioni efficaci e generano l’inerzia dinanzi alla complessità delle sfide che la società contemporanea deve affrontare.
Una politica dal “contro” al “per”
Siamo a un tornante della storia della nostra Repubblica fondata sulla Costituzione: il 51,9% degli italiani vuole l’elezione diretta del Presidente del Consiglio e caldeggia l’autonomia delle Regioni (56,1%). Per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica si dicono favorevoli poco meno della metà degli italiani (48,3%). Il giudizio sulle grandi questioni aperte negli affari interni ed esteri del paese fa emergere un diffuso scetticismo. Un passaggio chiave del Rapporto Eurispes ribadisce la responsabilità della politica: «Piuttosto che sterili dispute, le forze politiche dovrebbero occuparsi dei grandi temi, in gran parte ancora irrisolti, che affliggono l’Italia: quello del funzionamento di una pubblica amministrazione anacronistica, di una più equa distribuzione dei carichi fiscali, di un Mezzogiorno mortificato da politiche di puro consumo a danno di un vero sviluppo, al rapporto tra crescita e occupazione, al tema dell’istruzione ormai emblema di un sistema che sembra disinteressato a dare ai nostri giovani una prospettiva dignitosa». Questa riflessione sui doveri dei governi e in generale della politica vale in particolare per l’attuale fase storica del nostro Paese, segnata dal superamento del ricorso ai governi cosiddetti “tecnici” – una necessità causata dallo stallo nel confronto tra i partiti – e dalla riaffermazione del primato della politica con l’affidamento dell’esercizio delle responsabilità di scelta e di gestione degli affari nazionali a coalizioni politiche guidate da un rappresentante del Parlamento. «Il Governo oggi è chiamato a far funzionare l’Italia, non solo ad esercitare il diritto di guidare il Paese che gli è stato affidato con le elezioni: ha, insieme, il dovere di far funzionare un intero apparato. In questo quadro, più che abbandonarsi ad inutili polemiche, se si vogliono affrontare i veri problemi del paese occorre recuperare un costruttivo confronto tra maggioranza e opposizione abbandonando la logica del conflitto a ogni costo. Insomma, occorre finalmente passare dal “contro” al “per”». Tutto il sistema con la classe dirigente è chiamato a misurarsi con scelte di fondo; è chiamato ad avere un atteggiamento attivo, capace di gestire le transizioni legate ai cambiamenti in atto, invece di muoversi passivamente con continue azioni di rimedio di carattere sostanzialmente emergenziale».
MARIO CHIARO