Accompagnare per far crescere
2024/2, p. 26
Nella precedente riflessione abbiamo considerato il senso di quel ministero tradizionale nella Chiesa che è l’accompagnamento spirituale (AS), e considerato pure alcune sue derive, specie all’interno delle nuove forme di vita consacrata (NFVC). Passiamo ora alla pars construens, per vedere in positivo le qualità di chi accompagna, perché il suo sia davvero un servizio per la crescita dell’altro.
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SECONDA PARTE
Accompagnare per far crescere
Nella precedente riflessione abbiamo considerato il senso di quel ministero tradizionale nella Chiesa che è l’accompagnamento spirituale (AS), e considerato pure alcune sue derive, specie all’interno delle nuove forme di vita consacrata (NFVC). Passiamo ora alla pars construens, per vedere in positivo le qualità di chi accompagna, perché il suo sia davvero un servizio per la crescita dell’altro.
1. Qualità dell’accompagnatore spirituale
1.1. Libertà e consistenza interiore
Al primo posto in questa formazione della guida va messo un senso dell’io stabile e positivo, così consistente da non aver bisogno di dominare su altri, d’averne il controllo o a tutti i costi il consenso, o d’esser al centro della vita dell’altro, compiacendosi sottilmente d’esser considerato indispensabile o infallibile, o pretendendo magari che l’altro resti legato per sempre alla sua persona e autorità.
Ciò implica capacità di autonomia e solitudine, quella in particolare che consente di sopportare momenti di rifiuto e incomprensione. Anche da parte di colui che sta accompagnando.
1.2. Capacità di relazione e intimità
L’AS esige un doppio autodecentramento nel “padre spirituale”: nei confronti dell’altro, che è messo al centro della sua attenzione, perché cresca verso lo stato adulto della fede; e nei confronti di Dio, che la guida pone al centro della relazione stessa. Egli non attira a sé (non se-duce), ma orienta verso l’Altro: libero e felice, allora, di farsi da parte. Come Giovanni il precursore (il patrono d’ogni guida spirituale!), che gode al sentir la voce dello Sposo che indica ai suoi discepoli, invitandoli a seguirlo.
Ciò dà grande libertà relazionale, e consente di trovare equilibrio tra vicinanza e distanza nel rapporto, tra calore umano e rispetto dell’alterità, tra comprensione e coraggio di provocare, tra gratificazione e frustrazione, tra parola e silenzio, tra presenza e assenza…
1.3. Senso dei confini dell’io e del tu
La buona guida sa distinguere i propri bisogni/impulsi da ciò che sente l’altro, senza proiettarli su di lui, ma anche senza lasciarsi dominare da quelli altrui o reagirvi d’istinto.
Sa pure rispettare sensibilità e coscienza dell’altro senza imporgli la propria, ma semmai indicando e scrutando quella verità che supera entrambi, e che si svela solo a chi la cerca con cuore sincero e con tutte le sue forze.
L’AS appartiene al foro interno, ma al di là del segreto professionale chiede alla guida discrezione e lealtà nel custodire quanto l’altro gli ha affidato di intimo e doloroso, di sé e di altri…
1.4. Rispetto del mistero del tu
La guida non solo ha il senso del mistero dell’altro («terra sacra»), ma cerca di farlo entrare nella prospettiva del mistero, che supera ogni desiderio ed è oltre ogni limite, e svela dignità e alterità irriducibile dell’uomo: essere finito infinitamente insoddisfatto perché attratto dall’infinito!
Per questo accoglie l’altro non quale enigma da risolvere, ma come mistero da ascoltare/contemplare, da non omologare a sé, cui non imporre le proprie aspettative (spirituali o vocazionali). Un buon padre spirituale non pretende sapere subito e capire tutto di chi già fatica a svelarsi a se stesso, ma mentre non ne forza i tempi d’apertura, rispetta pure quel segreto che l’altro si porta dentro (pur senza conoscerlo).
1.5. Rispetto della debolezza e vulnerabilità dell’altro
Allo stesso modo chi guida non pretende né promette di risolvere ogni problema di chi s’affida a lui, ma intende solo aiutarlo a riconoscere e poi integrare il proprio limite, a esserne sempre meno dipendente, e a coglier anche in esso mistero e potenza della Grazia.
Ponga dunque ogni attenzione a non usare la vulnerabilità dell’altro come strumento di ricatto (affettivo), sfruttando il bisogno altrui come modo d’imporsi e render l’altro dipendente da sé. L’abuso della debolezza del fratello è offesa grave dinanzi al Padre Dio!
1.6. Educazione alla ricerca della verità nella libertà
La guida è un adulto nella fede, persona verace e libera, che conosce il gusto di cercare la verità della propria identità nella libertà. E che può trasmetter tale gusto. Senza ricorrere a imposizioni psicologiche o obblighi morali/spirituali, ma provocando il soggetto a sperimentare egli stesso l’ideale come qualcosa che attrae, a scoprirlo sempre più (con mente-cuore-volontà) come vero-bello-buono in sé e nella sua vita.
L’AS è un cammino di libertà, che educa l’uomo a lasciarsi affascinare dalla propria verità, non solo credendovi e amandola sempre più, ma assumendola come criterio abituale di ogni scelta, a partire da quella dello stato di vita. Costui sarà sempre più libero di scegliere ciò che ama e gli piace!
La guida si guardi bene, allora, dal proporre/chiedere qualsiasi comportamento o rinuncia, che lui non sappia motivare.
1.7. Senso del Trascendente
Assieme al rispetto dei confini interpersonali e del mistero dell’altro, l’accompagnatore deve avere pure un grande senso del Trascendente. Lui è solo un umile cercatore di quella realtà misteriosa che è la volontà di Dio, senz’alcuna pretesa d’afferrarla e possederla, magari in forza del suo ufficio. E al contrario con tutta la fatica di cercarla ogni giorno.
Stia dunque attento a… non usare il nome di Dio invano, né a (presumere di) chiamare “volontà di Dio” quanto potrebb’essere solo il suo desiderio o punto di vista. Sarebbe abuso non solo spirituale, ma di Dio stesso!
1.8. Formazione al discernimento personale
Proprio per evitare questo terribile rischio è indispensabile che la guida formi il giovane a una pedagogia precisa, quella del discernimento personale, come educazione all’ascolto ob-audiens costante di Dio e dei suoi desideri, in ogni momento e nelle tante sue mediazioni. Allo scopo di affinare i sensi (esterni e interni) nella ricerca di Dio e nell’apprendere i suoi gusti. E insegnando e spronando a correre il rischio della scelta di ciò che è gradito al Padre, nella giusta autonomia e solitudine.
Stia dunque attento a non sostituirsi mai all’altro nel suo diritto/dovere di (imparare a) fare le sue scelte, da credente adulto in Cristo.
1.9. Formazione dell’accompagnatore
La sua prima formazione è nell’esperienza d’essere stato anche lui accompagnato. Ma ha poi bisogno d’un cammino sistematico e rigoroso di formazione, sul piano non solo spirituale, ma pure antropologico. Nessuno può presumere d’improvvisare senz’alcuna preparazione un ruolo così specifico ed esigente.
A livello istituzionale una delle prime attenzioni d’un istituto nascente dev’esser proprio quella della formazione di formatori/accompagnatori spirituali al suo interno. Tale premura, se ne può esser certi, “darà frutto a suo tempo” (Sal 1,3)!
2. Caratteristiche dell’accompagnamento spirituale
e alcune norme pratiche
2.1. Relazione asimmetrica (e a rischio)
L’AS, come abbiamo mostrato, non è un rapporto qualsiasi o che in ogni caso è a buon fine. Ma è relazione asimmetrica, tra due persone che si situano a due livelli diversi, uno predominante sull’altro, tra uno che dà un aiuto e l’altro che lo riceve, o tra un fratello maggiore e uno minore, tra accompagnante e accompagnato… Non è impossibile che tale asimmetria inneschi modalità che pian piano trasformano l’autorità della guida in potere sull’altro.
Inoltre tale relazione nasce da una fiducia che dà autorità a chi offre l’aiuto di cui l’altro ha bisogno. Certo, è in sé “relazione d’aiuto”, ma il confine tra aiuto all’altro e strumentalizzazione del rapporto (e della fiducia) è spesso difficile da marcare e facile da varcare. Anche perché è un rapporto senza testimoni, privo di controllo esterno, senza protezione per l’interlocutore “inferiore”.
Quanto basta per dire che è una relazione a rischio, attivo e passivo, per entrambi. E che esige il massimo della consapevolezza attenta e -di nuovo- la cura d’una formazione adeguata per questo servizio.
2.2. Stile comunicativo dell’AS, la condivisione
La guida deve sapere che in tale singolare relazione non può adottare lo stile comunicativo didattico, come dovesse insegnare dottrine; né quello amicale, perché i due in questione non sono semplicemente amici che si vedono ogni tanto; né può usare il registro direttivo, dando ordini senza aiutare l’altro a “fare ordine” dentro di sé; e nemmeno quello esortativo, perché non è di pie raccomandazioni che l’altro necessita.
Lo stile comunicativo dell’AS è quello della condivisione del «pane-del-cammino», o di ciò che la guida ha sperimentato come cibo nutriente e saporoso per il suo personale cammino e la sua esperienza di Dio. È proprio questo coinvolgimento che lo rende credibile.
2.3. Mediazione e servizio
L’AS appartiene alla categoria delle mediazioni; chi guida, infatti, è “solo” figura intermedia tra il Padre Dio e la creatura che lo cerca. Suo obiettivo è cercar di favorire il contatto tra i due, aiutando il cercatore del divino a trovare la “sua” strada per incontrare colui che gli viene incontro.
Proprio per questo tale mediazione è di natura spirituale, ma si serve di strumenti psicopedagogici.
Ancora, l’AS è un servizio e un servizio temporaneo, si dà per un tratto di strada, non per sempre; né è vincolo definitivo, col rischio di insane dipendenze reciproche. A un certo punto chi è stato accompagnato dev’esser libero di lasciare la guida e camminare da solo. E la guida così umile e intelligente da goderne!
2.4. Distinzione di ruoli (e di foro interno ed esterno)
Uno dei rischi corsi maggiormente nelle NFVC è stata la confusione tra foro interno ed esterno, favorita dal fatto che la stessa guida spirituale svolgeva ruoli ufficiali/istituzionali di autorità sulla comunità.
Per questo è doveroso in generale non concentrare nella stessa persona incarichi, responsabilità, funzioni e ruoli di diverso genere, e soprattutto evitare che la funzione di padre spirituale venga attribuita a chi si trova già in una posizione di autorità istituzionale (tanto meno al fondatore).
2.5. Libertà di scelta della guida
Un istituto ha il dovere di offrire tutti gli aiuti per la formazione, tra cui quello dell’AS. Ma garantendo anche, al di là del ruolo del responsabile della formazione (del padre-maestro), una certa libertà nella scelta della guida, anche al di fuori della comunità. L’AS è sempre dialogo tra due libertà!
Errore frequente delle NFVC è stato proprio quello di obbligare, in pratica, a cercare aiuti spirituali esclusivamente all’interno dell’istituto stesso, con la pretesa di… non contaminarsi e proteggere l’integrità della razza. Pretesa tanto ingenua nella sua ambizione quanto segnale grave di scarsa autenticità carismatica.
2.6. Periodiche visite canoniche
Se l’AS, come abbiamo detto, è di per sé privo di controlli esterni, un modo di evitare il rischio d’una gestione scriteriata dello stesso AS potrebbe essere una visita canonica regolare e periodica. Attraverso cui l’autorità ecclesiastica non fa solo un controllo, ma soprattutto verifica, dà indicazioni positive per il cammino, arresta processi che vanno in direzioni dubbie, previene pericolose involuzioni e risparmia alla fine dolore inutile. Per il bene di tutti.
Amedeo Cencini