Morgante Patrizia
Algoretica: domande sull'intelligenza artificiale
2024/2, p. 6
Occorre ragionare su quali competenze accrescere nelle comunità di vita consacrata per attraversare le nuove frontiere tecnologiche. Nella svolta epocale della comunicazione e dell’accesso alla conoscenza, educarci ed educare diventa una scelta di cittadinanza consapevole e solidale per vivere al meglio questa rivoluzione culturale, con l’obiettivo di accrescere la spinta del bene.

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AI E VITA CONSACRATA
Algoretica:
domande sull’intelligenza artificiale
Occorre ragionare su quali competenze accrescere nelle comunità di vita consacrata per attraversare le nuove frontiere tecnologiche. Nella svolta epocale della comunicazione e dell’accesso alla conoscenza, educarci ed educare diventa una scelta di cittadinanza consapevole e solidale per vivere al meglio questa rivoluzione culturale, con l’obiettivo di accrescere la spinta del bene.
È di poche settimane la notizia che il teologo francescano Paolo Benanti è diventato presidente della Commissione AI (Intelligenza Artificiale) per l’informazione, in seguito alle dimissioni di Giuliano Amato. Il nome di Benanti non è nuovo: a ottobre scorso è stato nominato tra i 39 membri del New Artificial Intelligence Advisory Board delle Nazioni Unite; è un esperto di algoritmi e intelligenza artificiale, ed è un consacrato religioso. È da un anno circa che l’Intelligenza artificiale è entrata in modo preponderante nella nostra quotidianità attraverso l’applicazione di intelligenza generativa ‘Chat GPT’. È uscita dal mondo dell’ingegneria digitale per entrare nel linguaggio ordinario: non è necessario essere esperti per usare l’Intelligenza artificiale, ma è vero che richiede una base di alfabetizzazione digitale da parte nostra per poterla abitare in modo consapevole e saggio. Chi di noi non ha mai chattato con un chatbox di una banca o di una compagnia aerea? Ci comportiamo come se interagissimo con un altro essere umano, ma in realtà è una macchina ‘intelligente’, capace di apprendere risposte più appropriate, proprio grazie all’interazione con una persona. Quindi, apprendere a fare domande precise e chiare, sapendo cosa si vuole ottenere, è una delle competenze che ci viene richiesta per interagire con l’AI. Fare domande è un’arte: pensiamo al maestro dell’interazione attraverso domande che aprono il cuore dell’altro, Gesù.
L’AI pone domande etiche per l’umanità
L’intelligenza artificiale ci proietta in un sistema cognitivo diverso: sono sistemi interattivi, conversazionali; entriamo in una vera e propria relazione con i sistemi di AI rappresentati da macchine che apprendono. È diverso dal modo in cui facciamo ricerche sui motori di ricerca, tipo google, che è per parole chiave e sintetiche. Con un sistema di AI, avviamo un dialogo e una conversazione che ci porta a ottenere ciò che desideriamo dopo un tempo di apprendimento reciproco. Perché parliamo di AI sulla nostra rivista non specializzata sul tema? Per almeno due ragioni. La prima è che l’AI pone domande etiche alla nostra società, e dove c’è l’etica, in qualche modo, ci sentiamo chiamati in causa come Chiesa. La seconda ragione è che il mondo religioso, soprattutto quello impegnato nell’educazione e nella comunicazione, sta avviando sperimentazioni interessanti con l’AI e attraverso l’AI. Insomma, la Chiesa è dentro questo movimento di riflessione e pone domande di senso a un mondo di ingegneri che conosce a menadito il mondo tecnologico, ma non sa nulla di etica e normative; a un mondo di avvocati che sa poco di tecnologia e a filosofi e sociologici che vorrebbero integrare questo cambiamento epocale dentro una cornice di senso per l’umanità.
Passi ufficiali importanti
Il 28 febbraio del 2020 a Roma, durante l’evento RenAIssance, viene firmata la “Call for an AI Ethics”, documento nato per sostenere un approccio etico all’Intelligenza Artificiale e promuovere tra organizzazioni, governi e istituzioni un senso di responsabilità condivisa con l’obiettivo di garantire un futuro in cui l’innovazione digitale e il progresso tecnologico siano al servizio del genio e della creatività umana e non la loro graduale sostituzione. L’idea, a mio avviso, profetica è stata far sedere allo stesso tavolo imprenditori, tecnici, filosofi e religiosi, affinché si avviasse un processo per normare, a livello globale, un fenomeno che è ormai parte della nostra vita. Un ulteriore passo che dimostra come la Chiesa sappia cogliere i segni dei tempi, è la scelta di papa Francesco di consacrare il 2024 al tema dell’AI attraverso due Giornate mondiali importanti: il 1° gennaio, Giornata mondiale della Pace, dal titolo: “Intelligenza artificiale e pace”; e la scelta del tema “Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana”, per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (12 maggio 2024). Non nascondiamo le preoccupazioni legate all’aumento delle diseguaglianze che, un’AI non etica, potrebbe generare, andando a peggiorare il divario di accesso ai beni essenziali e a una vita piena di molti milioni di persone nel mondo. L’AI non è neutrale: è gestita da nove imprese mondiali che hanno una capitalizzazione superiore al PIL (prodotto interno lordo) di intere nazioni; che muovono i fili degli algoritmi e che, per il loro livello di conoscenza tecnica altamente specializzata, possono influenzare una popolazione meno informata e consapevole. Popolazione che pensa ancora di interagire con l’informazione e la comunicazione con le stesse attitudini e mentalità del secolo passato. La cultura digitale ha rovesciato il mondo dell’informazione e della comunicazione al punto che, oggi, è possibile creare notizie e realtà completamente inesistenti ma molto verosimili, al punto da influenzare scelte importanti delle persone e delle istituzioni. Sono le ‘deep fake’ (profondi falsi), molto più manipolative delle ‘fake news’ (notizie false), alle quali siamo, mi auguro, più vaccinati. Cosa provate nel leggere di questi scenari? Quali paure vanno a intercettare?
Intelligenza artificiale generativa: alleata o nemica
L’AI ha tutta una parte molto meno visibile, ma molto più costosa in termini di uguaglianze, di costi ambientali ed energetici, che devono essere presi in considerazione affinché non diventino una spesa che vanno a pagare le nazioni più povere del mondo. Tra le richieste dei governi c’è la preoccupazione che, in tutto il processo, l’AI sia trasparente e attenta alle implicazioni su ambiente e persone. Può l’AI aumentare il divario digitale tra le nazioni e le persone? Potrebbe. Siamo chiamati, tutte e tutti, a essere cittadini digitalmente alfabetizzati. Parlando di Intelligenze generative, come ChatGPT, ci si riferisce a potenti applicazioni che producono risposte alle nostre domande/richieste sondando nel web (internet) le parole e creando testi che fanno narrazione e, quindi, diventano nel tempo cultura; diventando cultura condivisa entrano a far parte del modo in cui classifichiamo e interpretiamo il mondo. Questi testi generati da macchine che, seppure intelligenti, non hanno la capacità di una scelta di coscienza e di saggezza, formano mentalità, le nostre. Il potere della parola è forte più che mai. Noi, figlie e figli di una spiritualità che nasce dal Verbo, siamo chiamati a ritrovare un rapporto autentico e consapevole con le parole dette e scritte: riempiendo la nostra vita di spazi di silenzio da cui lasciar generare le parole, anzi le Parole. «Con strumenti di IA generativa si tratta di imparare a scrivere correttamente le richieste, di sapersi decentrare, di sapere valutare criticamente le risposte, di sapere utilizzare e combinare quanto ottenuto per migliorare ulteriormente il risultato. Mi viene il dubbio, pensando ai miei studenti, che proprio qui si giochi già il “divario digitale”. Sapranno utilizzarlo efficacemente coloro che hanno più risorse e sono più motivati ad imparare ad imparare». (sr. Enrica Ottone, fma). Paolo Benanti definisce l’algoretica come «un guardrail perché l’AI non esca dai binari etici». L’intellettuale e storico contemporaneo, Yuval Noah Harari, afferma che l’AI è la prima specie aliena con cui le persone devono confrontarsi. Ci sentiamo pronte e pronti davanti a questa sfida?
L’AI e la vita consacrata
La pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” ha avviato un progetto molto interessante di riflessione sull’Educazione all’AI e l’Educazione attraverso l’AI. Maria Antonia Chinello e Enrica Ottone sono le due sorelle salesiane che coordinano questo lavoro. «Il mio sguardo sul tema è pedagogico, e la scelta obbligata è educare. La domanda che propongo è la seguente: Quali competenze accrescere in noi e nelle nostre comunità di vita consacrata per attraversare queste nuove frontiere? Abbiamo la responsabilità di esserci come donne (1) consacrate (2) e di abilitarci a scoprire, inventare e organizzare percorsi di auto-formazione e di formazione che ci abilitino ad affrontare le sfide epocali che sono già in atto per cogliere e valorizzare le opportunità», afferma sr. Enrica.
Il progetto prevede la realizzazione di workshop in presenza e online, laboratori pratici e una serie di materiali sui quali riflettere. L’impegno della Facoltà Auxilium è di riconoscere un ruolo all’AI nell’ambito della formazione ed educazione: ponendosi domande importanti e abitandola con consapevolezza, senso di responsabilità e integrità intellettuale. Continua Enrica Ottone: «L’evoluzione della tecnologia, in particolare con gli sviluppi dell’IA, della robotica, della realtà virtuale, ha già portato le nostre società ad una svolta epocale nelle modalità di comunicazione e nell’accesso alla conoscenza. Pensiamo a come ci risponde ChatGPT, a come possiamo usarlo come assistente o tutor per l’apprendimento. È necessario esserci: educarci ed educare è una scelta di cittadinanza critica, consapevole, responsabile, solidale per vivere e aiutare a vivere al meglio questa svolta epocale. Per accrescere la spinta del bene». Si è anche consapevoli del ruolo importante che l’AI può giocare nel sostenere l’apprendimento di studenti con deficit cognitivi o bisogni speciali. La proposta è di integrare l’AI con i metodi più tradizionali; non si tratta di una delega in bianco per l’apprendimento. Sappiamo che quest’ultimo non è solo un processo legato alla funzionalità o efficacia oggettiva, è un faticoso processo di trasformazione della persona nella sua integralità, grazie a nuove prospettive e conoscenze. «L’IA con le sue tecnologie e applicazioni esige di confrontarsi non più (e non solo) con sistemi esperti in grado di assolvere un compito specifico. Oggi l’IA generativa lavora ad automi intelligenti, con cui ci interfacciamo con un linguaggio naturale, che più ricavano informazioni da noi e meglio ci conoscono, perché sono in grado di apprendere e di intervenire sull’algoritmo che li ha generati per farlo evolvere. Cambiano i ruoli e le forme del comunicare. È una sfida comunicativa quella che ci pongono oggi le tecniche di machine learning (apprendimento automatico) e l’uso dei big data (grandi masse di dati informatici), in quanto l’autonomia della comunicazione si è spinta un passo più avanti dai processi psichici di chi interagisce e partecipa. Gli algoritmi come i dati non si vedono; non sappiamo come funzionano e quali dei nostri dati utilizzano; non sappiamo nemmeno a chi li cedono e chi li utilizzerà. È fuori dubbio che possano “pensare”, ma sembra più sicuro che possano fungere da partner comunicativi. Gli algoritmi sanno scrivere, parlano con noi direttamente quando prenotiamo biglietti per i treni e gli aerei, fissiamo appuntamenti, gestiamo i nostri calendari, chiediamo informazioni, acquistiamo su Amazon, chattiamo...», afferma sr Maria Antonia Chinello. Sr. Alessandra Smerilli fma, segretaria del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale del Vaticano, richiama la nostra attenzione sulla responsabilità etica di ‘scrivere’ algoritmi che non siano escludenti o basati su pregiudizi. Sviluppare un algoritmo significa fare delle scelte, imporre una direzione, prevedere un risultato. Se la persona che scrive l’algoritmo è un uomo bianco in salute e benestante, è molto probabile che proietterà il suo paradigma nell’algoritmo, escludendo l’inclusione di parametri di genere e di cultura che potrebbero far ottenere un processo e un risultato differente. E quindi? È necessario abilitarci al pensiero sistemico complesso con un approccio critico: non tutto ciò che leggiamo e vediamo è come lo leggiamo e lo vediamo; potrebbe essere generato dall’AI e corrispondere a dati che esistono nel web, ma che potrebbero non corrispondere al vero.
PATRIZIA MORGANTE