Amapani Alessandro
Oggi è il giorno che verrà
2024/12, p. 11
Si apre un tempo nuovo, il tempo di Avvento, il tempo della speranza! Questo nuovo tempo sarà la preparazione immediata al Giubileo ordinario 2025: «La speranza è anche il messaggio centrale del prossimo Giubileo, che secondo antica tradizione, il Papa indice ogni venticinque anni. Penso a tutti i pellegrini di speranza che giungeranno a Roma per vivere l’Anno Santo e a quanti, non potendo raggiungere la città degli apostoli Pietro e Paolo, lo celebreranno nelle Chiese particolari. Per tutti, possa essere un momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, “porta” di salvezza (cf. Gv 10,7.9); con Lui, che la Chiesa ha la missione di annunciare sempre, ovunque e a tutti quale “nostra speranza” (1Tm 1,1)» (SNC, 1).

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Testimoni
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AVVENTO E NATALE NELL'ANNO SANTO
«Oggi è il giorno che verrà»
Si apre un tempo nuovo, il tempo di Avvento, il tempo della speranza! Questo nuovo tempo sarà la preparazione immediata al Giubileo ordinario 2025: «La speranza è anche il messaggio centrale del prossimo Giubileo, che secondo antica tradizione, il Papa indice ogni venticinque anni. Penso a tutti i pellegrini di speranza che giungeranno a Roma per vivere l’Anno Santo e a quanti, non potendo raggiungere la città degli apostoli Pietro e Paolo, lo celebreranno nelle Chiese particolari. Per tutti, possa essere un momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, “porta” di salvezza (cf. Gv 10,7.9); con Lui, che la Chiesa ha la missione di annunciare sempre, ovunque e a tutti quale “nostra speranza” (1Tm 1,1)» (SNC, 1).
Il cammino dell’anno liturgico ha inizio nel cuore dell’inverno, quando la terra è muta e fredda, quando le giornate sono avare di luce. Tra le zolle di questa terra indurita e sterile, riposa il seme di una promessa antica: «Ecco, verranno i giorni nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d’Israele e alla casa di Giuda» (Ger 33,14, prima lettura della prima domenica). Dio si affaccia sull’orizzonte del tempo con la promessa di una visita, con l’annuncio di una speranza, con la potenza della sua parola fedele. In questa umanità, impastata di terra, Dio sceglie di dimorare come un seme nel grembo, per elargire il suo bene e far germogliare la vita: «Il Signore elargirà il suo bene e la nostra terra produrrà il suo frutto» (Ant. di comunione, salmo 84,13).
Il tempo di Avvento inizia nei giorni bui e spesso malinconici dell’autunno, nulla dunque sembra invitare alla festa: le giornate piovose, i colori spenti, le festività natalizie ancora lontane; eppure, l’Avvento ha la pretesa di segnare l’inizio di un nuovo anno liturgico. Come ridestare la gioia? Come testimoniare la letizia che caratterizza l’inizio del tempo di Avvento? Spesso le nostre celebrazioni sono meste, mediocri, prive di quella spontaneità gioiosa proprie di un’assemblea domenicale; anche l’inizio di un nuovo tempo liturgico passa molto spesso inosservato, celebrato a volte come una qualunque domenica del tempo ordinario; in altri casi, soprattutto in occasione dei tempi forti, alcune parrocchie si avvalgono di surrogati festivi, in molti casi estranei alla liturgia, e dettati più dalla fantasia del singolo che da un sentire autentico e condiviso.
Un grande portale
Il Giubileo, nel desiderio di papa Francesco, è «un momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, “porta” di salvezza (cf. Gv 10,7.9)»: un grande portale allora! Ecco come potremmo rappresentare questo tempo liturgico: come un grande portale che introduce all’interno di una maestosa cattedrale di cui sono impreziosite le città italiane. Esso nel suo essere monumentale e nel presentarsi come primo elemento di incontro con l’edificio, in un certo qual modo lo rappresenta e lo sintetizza. «Il tempo di Avvento ha una doppia caratteristica: è tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi» (Calendario Romano, n.39). Varcando quel portale potremo: incontrare il Verbo, che si è fatto carne (preparazione al Natale); prepararci al suo Giorno glorioso (attesa escatologica); accogliere il Signore che nei Sacramenti, nella Parola e nel povero ci viene incontro.
Come il portale ci prepara e rappresenta quello che noi vedremo all’interno, così, in un certo modo, il tempo di Avvento ci aiuta a vivere tutto l’anno liturgico come tempo favorevole per la salvezza, tempo dell’incontro con Dio, tempo presente che è attesa di futuro. I piedritti sono, nel portale quelle strutture verticali che permettono all’architrave di mantenersi, e nella loro robustezza costituiscono l’ossatura stessa che permette all’intera struttura di stare in piedi. I nostri piedritti sono costituiti dalla Sacra Scrittura. Questo tempo liturgico pone come riferimento costante la meditazione della Parola che è annunzio e profezia. Di domenica in domenica, siamo invitati ad ascoltare la testimonianza dei Profeti che ci scuotono dal grigio delle nostre giornate autunnali e si spingono a guardare oltre per vedere la luce che colora perfino le nubi. Potremo così gustare la radicalità del Vangelo, che è dolce come il miele e talvolta duro come le pelli di cui era vestito Giovanni Battista. Questo esercizio ci porterà a fare l’esperienza del Precursore, che divenne segno del Cristo veniente. Di giorno in giorno, ci viene proposto: di interrogarci su come potremmo incarnare la Parola. Faremo l’esperienza di Maria: con umiltà rispose all’annuncio e con docilità divenne testimone che «nulla è impossibile a Dio». Sui piedritti troveremo le storie dei profeti, delle loro parole, delle loro lacerazioni: da Isaia a Giovanni il Battista. Sull’architrave troveremo scolpita la vicenda di Maria che sorretta dalla Parola divenne Madre della Parola eterna. E varcheremo la Porta, le porte Sante, nelle basiliche romane e nelle chiese giubilari! Essa ci racconterà di una promessa e di una sua realizzazione: «il Figlio dell’uomo verrà».
Un tempo favorevole
Infine, questo Avvento 2024 è il «tempo favorevole» per accogliere l’accorato appello del Papa nel pellegrinaggio giubilare: «Guardare al futuro con speranza equivale anche ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere. Purtroppo, dobbiamo constatare con tristezza che in tante situazioni tale prospettiva viene a mancare. La prima conseguenza è la perdita del desiderio di trasmettere la vita» (SNC 9).
«Dopo l’annuale rievocazione del mistero pasquale, la Chiesa non ha nulla di più sacro della celebrazione del Natale del Signore e delle sue prime manifestazioni: ciò che essa compie con il Tempo di Natale» (Norme Generali per l’ordinamento dell’Anno Liturgico e del Calendario).
Il Giubileo ordinario si aprirà nella notte di Natale, quando papa Francesco varcherà la Porta Santa della Basilica di San Pietro, e comincerà anche il ciclo liturgico di Natale-Epifania-Battesimo del Signore: è il Tempo dell’Anno Liturgico che più di ogni altro porta in sé le tracce della sua genesi tardiva e del suo articolato sviluppo storico, nella sinfonia dei diversi accenti teologici tra Oriente e Occidente cristiano.
Le troviamo anzitutto nella sequenza delle sue celebrazioni caratterizzanti, che nell’arco di pochi giorni introducono i fedeli nel mistero dell’Incarnazione/Manifestazione del Signore, e che non lasciano dubbi circa la coscienza che la Chiesa ha sempre avuto riguardo al loro carattere pasquale: «Esultiamo nel Signore, carissimi, e lasciamoci inondare di gioia interiore, perché è sorto il giorno luminoso della nuova redenzione [...] Col ciclo liturgico annuale ci viene reso presente il mistero (sacramentum) della nostra salvezza (Leone Magno, Serm. 2,1).
Sono soprattutto il ciclo del lezionario e i testi eucologici, per lo più risalenti all’antica tradizione liturgica romana (secc. V-VII), ad offrire una vasta gamma di temi teologici e spirituali: dalla salvezza all’incarnazione, dal «meraviglioso scambio» divino-umano al rinnovamento cosmico ed escatologico, dagli albori della Chiesa al fondamento universale della solidarietà umana.
Significativa è anche l’ospitalità che questo Tempo liturgico offre alle espressioni della devozione popolare (il presepio, l’albero, i canti…), che nel mistero di un Dio che si fa Bambino ha intuito la portata del Dono che risponde oltre ogni attesa ai più profondi desideri di semplicità, di luce e di pace, presenti da sempre nel cuore umano. Infine, il rapporto che il tempo istituisce tra le celebrazioni natalizie e il concomitante passaggio al nuovo anno, nonché il confronto con i tratti sentimentalistici e commerciali che la cultura secolare ha attribuito al Natale, richiamano ad una sapiente programmazione liturgica in chiave evangelizzatrice e alla responsabilità di «celebrare con arte», sapendo aiutare le assemblee a rimanere centrate sul mistero celebrato.
Una bussola di orientamento
Per non smarrirsi tra i tesori e le insidie di questo Tempo, la liturgia indica in Maria la bussola di orientamento e la mano che, insieme a Giuseppe, accompagna e custodisce il cammino dei suoi figli verso l’esperienza di un’autentica liberazione pasquale e di una loro rinascita nel Figlio Gesù. Il Santo Padre indica Maria donna di Speranza: «La speranza trova nella Madre di Dio la più alta testimone. In lei vediamo come la speranza non sia fatuo ottimismo, ma dono di grazia nel realismo della vita. Come ogni mamma, tutte le volte che guardava al Figlio pensava al suo futuro, e certamente nel cuore restavano scolpite quelle parole che Simeone le aveva rivolto nel tempio: “Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2,34-35). E ai piedi della croce, mentre vedeva Gesù innocente soffrire e morire, pur attraversata da un dolore straziante, ripeteva il suo “sì”, senza perdere la speranza e la fiducia nel Signore. In tal modo ella cooperava per noi al compimento di quanto suo Figlio aveva detto, annunciando che avrebbe dovuto “soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere” (Mc 8,31), e nel travaglio di quel dolore offerto per amore diventava Madre nostra, Madre della speranza. Non è un caso che la pietà popolare continui a invocare la Vergine Santa come Stella maris, un titolo espressivo della speranza certa che nelle burrascose vicende della vita la Madre di Dio viene in nostro aiuto, ci sorregge e ci invita ad avere fiducia e a continuare a sperare» (SNC 24).
DON ALESSANDRO AMAPANI
Teologo Pastoralista