Chiaro Mario
CARCERI IN ITALIA UN NODO ALLA GOLA
2024/10, p. 44
Antigone, associazione “per i diritti e le garanzie nel sistema penale”, ha scelto il titolo del suo XX Rapporto sulle condizioni di detenzione: “Nodo alla gola”. Così si vuole dare un pugno nello stomaco per una politica assente e per un’opinione pubblica all’oscuro delle condizioni di vita nelle carceri italiane e dei troppi morti che si possono contare.

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XX RAPPORTO ANTIGONE
Carceri in Italia
un nodo alla gola
Antigone, associazione «per i diritti e le garanzie nel sistema penale», ha scelto il titolo del suo XX Rapporto sulle condizioni di detenzione: Nodo alla gola. Così si vuole dare un pugno nello stomaco per una politica assente e per un’opinione pubblica all’oscuro delle condizioni di vita nelle carceri italiane e dei troppi morti che si possono contare.
Nel corso del 2023 l’Osservatorio di Antigone ha visitato 99 istituti penitenziari selezionati tra le 190 Case circondariali attualmente presenti sul territorio italiano.
Tassi record di affollamento
Al 31 marzo 2024 erano circa 61mila le persone detenute, a fronte di una capienza ufficiale di circa 51mila. Dalla fine del 2019 alla fine del 2020, a causa delle misure adottate durante la pandemia, le presenze in carcere sono calate di circa 7mila unità, ma sono subito tornate a crescere. Nel 2023 la crescita delle presenze è stata in media di 331 unità al mese: un tasso di crescita allarmante, che se dovesse venire confermato anche nel 2024 porterebbe a oltre 65mila le presenze entro la fine dell’anno. In questo contesto, si tenga presente che dal 1º gennaio al 31 luglio 2023 sono stati commessi in Italia 1.228.454 delitti, il 5,5% in meno rispetto allo stesso periodo del 2022: questo significa che i tassi di criminalità non giustificano l’affollamento carcerario. Le cause della crescita delle presenze sono legate alla maggiore lunghezza delle pene comminate, alla minore predisposizione dei magistrati di sorveglianza a concedere misure alternative alla detenzione o liberazione anticipata, all’introduzione di nuove norme che portano a un aumento degli ingressi. In questo scenario, la proposta di Antigone è quella di dare l’opportunità agli oltre 22mila detenuti che stanno scontando meno di tre anni di pena di accedere alle misure alternative alla detenzione.
La stagione dei nuovi reati
Nel 2023 sono stati commessi 315 omicidi, di cui 115 con vittime donne. Secondo i dati forniti dal Ministero della Giustizia, prevalgono i reati contro il patrimonio, con poco più di 34mila detenuti; i reati contro la persona sono circa 26mila (7,4% in più rispetto al 2022). Occorre evidenziare che ci sono 20mila reati per violazione della legge sulle droghe (il 6% in più rispetto al 2022): questo significa che punire maggiormente i casi di lieve entità produce un’altra ondata di affollamento carcerario. A questo punto, occorre ricordare che dal 1º giugno 2018 a oggi si sono alternati quattro governi alla guida del paese e nel codice penale sono stati introdotti 28 nuovi articoli. In particolare, dall’insediamento dell’attuale governo nel settembre 2022 è iniziata la stagione dei nuovi reati e degli innalzamenti di pena. Si parte dal cosiddetto decreto dei rave party (feste notturne clandestine punite come «invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica»). Poi c’è stato il decreto Caivano, che ha configurato il reato di «pubblica intimidazione con uso di armi» e quello di «inosservanza dell’obbligo dell’istruzione dei minori». Con il decreto Cutro si è introdotto nel Testo unico sull’immigrazione una nuova fattispecie di reato: chi trasporta migranti illegalmente, mettendone in pericolo la vita, rischia da venti a trent’anni di carcere. In questi ultimi mesi il governo ha presentato al Parlamento il disegno di legge Sicurezza che introduce altri tre nuovi reati: la detenzione di materiale con finalità di terrorismo, l’occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui e la rivolta all’interno di un istituto penitenziario.
I costi delle prigioni
Il Rapporto di Antigone ci informa che i tempi medi di costruzione di un carcere, nella storia recente, sono stati circa di 8-10 anni. Il costo medio di un carcere per 400 persone è di circa 30 milioni di euro. Ciò significa che sarebbero necessarie 40 nuove carceri circa per un costo di 1 miliardo e 200 milioni di euro. Senza contare i costi per l’assunzione di almeno 300 poliziotti penitenziari per ogni carcere, oltre a tutte le altre figure professionali e ai servizi necessari per far funzionare gli istituti. Si tenga presente che il costo giornaliero di un detenuto si aggira sui 150 euro. Invece il detenuto in misura alternativa alla detenzione costa in media 50 euro al giorno. Facendo i conti, se si mandassero in misura alternativa 12mila persone risparmieremmo 438 milioni di euro l’anno.
Il capitolo della salute mentale
Al 31 dicembre 2023, nelle 31 Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) erano ricoverati 577 pazienti incapaci o semi incapaci di intendere e volere (la capienza massima dei posti si aggira intorno ai 600). Di questi 63 erano donne e 144 stranieri. Possiamo intuire che in troppi passano dal carcere o restano in misura di sicurezza provvisoria: si tratta di percorsi contrari alle norme e dannosi per la salute della persona. Nonostante la decisione della Corte costituzionale, che ha ritenuto legittimo avere un sistema di «liste d’attesa» per evitare di sovraffollare le REMS, non si fermano le richieste di un aumento dei posti letto: una misura poco giustificabile sul piano terapeutico, non sostenibile sul piano economico, che finisce per tradire la riforma di chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. A fine gennaio 2024 erano 755 le persone «in lista d’attesa» di un posto in REMS, 45 di loro «attendevano» in carcere. Purtroppo, la presenza di un diffuso disagio psichico rimane una delle problematiche più spesso segnalata all’Osservatorio di Antigone: il 12% delle persone detenute (quasi 6mila) ha una diagnosi psichiatrica grave. L’uso massiccio di psicofarmaci rimane ancora lo strumento principale con cui in carcere viene «gestita» la salute mentale: il 20% dei detenuti (oltre 15mila) usa regolarmente gli stabilizzanti dell’umore, antipsicotici e antidepressivi, cioè la tipologia di psicofarmaci che possono avere importanti effetti collaterali; si aggiunga che il 40% (30mila persone) fa uso di sedativi o ipnotici. Nel 2023, Antigone ha registrato 122 trattamenti sanitari obbligatori (TSO) effettuati in carcere: una pratica illegale se svolta all’interno delle sezioni detentive senza ricoverare la persona in un ospedale, come richiesto dalla legge.
I detenuti stranieri
Diminuisce negli ultimi 15 anni il numero degli stranieri in carcere. Al 31 marzo 2024 nelle carceri per adulti erano circa 19mila (il 31% della popolazione detenuta). Si consideri che nel 2009 gli stranieri in Italia erano circa 3 milioni e 900mila (il 6,5% della popolazione residente), mentre nel 2023 sono arrivati a essere sui 5 milioni e 141mila (l’8,7% dei residenti). Il tasso di detenzione degli stranieri è in calo: dunque non esiste un’emergenza criminalità legata alle persone immigrate. Quindi ogni campagna sulla sicurezza che parta dall’enfatizzazione del numero degli stranieri in carcere diventa un esercizio di propaganda che non aiuta una seria azione di prevenzione investigativa, sociale e criminale. Le nazioni oggi più rappresentate tra gli stranieri detenuti sono: Marocco, Romania, Albania, Tunisia, Nigeria ed Egitto. Il caso rumeno è di particolare interesse: si è assistito ad un calo percentuale di quasi un terzo di detenuti in quindici anni. Questo va considerato un chiaro segnale del fatto che a mano a mano che si procede lungo il processo di integrazione diminuiscono la propensione al crimine e il tasso di detenzione. Le comunità straniere con una maggioranza di donne delinquono di meno. Purtroppo, agli stranieri minorenni si concede meno la possibilità di andare in comunità di accoglienza.
Lo staff penitenziario
Il Rapporto riporta dati importanti sul numero dei funzionari. Gli educatori sono un migliaio, quindi in media sono meno di uno ogni 60 detenuti. Il nuovo concorso migliorerà la situazione nella maggior parte delle regioni italiane. Perdurano comunque situazioni che destano maggiore allarme, come la Casa circondariale di Regina Coeli a Roma dove sono presenti 7 educatori sugli 11 previsti, con un rapporto detenuti di 163 per educatore. Per quanto riguarda gli agenti, sono in servizio poco più di 30mila, circa 1 agente ogni 2 detenuti. C’è comunque una distribuzione disomogenea del personale: le regioni che hanno in media un rapporto più elevato di detenuti per agente sono la Lombardia, il Lazio e la Puglia. Per quanto riguarda i direttori, il recente concorso ha inciso sulla sistematica carenza di personale dirigenziale, con l’obiettivo di assicurare la presenza di un direttore in ogni istituto. Oggi si registra l’ingresso in carriera di 107 nuovi direttori. Tuttavia, i futuri pensionamenti e i passaggi agli uffici dirigenziali, rendono difficile la possibilità di perseguire in pieno l’obiettivo.
Eventi critici
Cerchiamo di estrapolare i dati più significativi. In media si sono registrati 12 provvedimenti di isolamento disciplinare ogni 100 detenuti; 18 atti di autolesionismo, 2,4 tentati suicidi, 3,5 aggressioni a danno del personale e 5,5 aggressioni a danno di altri detenuti, sempre ogni 100 detenuti. In particolare, rispetto ai tentati suicidi la media registrata da Antigone nel 2023 è di 2,39 ogni 100 detenuti: il dato più alto è stato registrato presso la Casa circondariale di Ascoli Piceno, con 18,35 tentati suicidi ogni 100 detenuti. In aumento sono anche le aggressioni denunciate dal personale penitenziario. Da altre informazioni ufficiali si evince anche un sostanziale aumento delle manifestazioni di protesta collettiva, mentre in calo sarebbero le manifestazioni di protesta individuale, come ad esempio gli scioperi della fame o della sete, che diminuiscono da circa 2.200 a circa 1.900. Gli istituti di Caltagirone e Augusta si distinguono per gli scioperi della fame avvenuti negli ultimi mesi; in particolare, nel carcere di Augusta nel maggio 2023 due detenuti sono morti, nel silenzio generale, a seguito di uno sciopero della fame durato rispettivamente 40 e 60 giorni. Si registra una crescita di tutte le altre manifestazioni di dissenso: aumentano i rifiuti del vitto, le battiture delle sbarre e il rifiuto di rientrare in cella. Se passasse la nuova legge con il delitto di rivolta penitenziaria, la maggior parte di queste condotte potrebbero essere punite con la pena alla reclusione dai 2 agli 8 anni di carcere.
In conclusione, si evidenzia che la popolazione carceraria continua ad aumentare in Italia come nel resto d’Europa. In nessun paese e in nessun tempo più carcere ha garantito più sicurezza. Lo sostengono gli addetti ai lavori, quelli che in carcere lavorano o chi l’istituzione penitenziaria la studia e la conosce. Eppure, la popolazione detenuta continua ad aumentare e il sovraffollamento è ormai una tragica emergenza. «Poiché per costruire nuove carceri serve tempo e molto denaro, le celle si riempiono, lo spazio di vita si restringe e la pena perde il suo significato di recupero per diventare solo negazione della dignità umana».
(dall’Osservatore Romano, 7-9-2024).