Scattolini Antonio
I discepoli di Emmaus
2024/10, p. 38
Il chiostro di una antica abbazia benedettina spagnola conserva da circa mille anni un importante ciclo di sculture che possiamo riconoscere come «tracce pasquali di pietra».

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INCONTRI CON LA BELLEZZA
I discepoli di Emmaus
Il chiostro di una antica abbazia benedettina spagnola conserva da circa mille anni un importante ciclo di sculture che possiamo riconoscere come «tracce pasquali di pietra».
Questo monastero benedettino fu fondato nel VII secolo, poco lontano da Burgos, nella Valle di Tabladillo, in una terra che vide l’alternarsi del dominio prima romano, poi visigotico, poi arabo ed infine castigliano. Attorno agli anni 1040, l’edificio che era caduto in rovina, venne radicalmente rinnovato dal santo abate Domenico, a cui poi fu intitolato, divenendo per l’appunto «Santo Domingo».
Ad un primo sguardo, chi entra nel chiostro, ha l’impressione di tornare indietro nei secoli e di essere immerso in un ambiente di silenzio e di pace! Una serie di doppie colonnine, scandiscono le aperture delle logge che lasciano entrare la luce nei corridoi laterali: ciò che predomina è il senso di leggerezza, l’equilibrio delle proporzioni e soprattutto il «ritmo» … il ritmo che evocava quello della giornata del monaco, il ritmo dei passi delle processioni, il ritmo della preghiera e così via.
Ai quattro pilastri angolari del chiostro, sul lato interno, sono scolpiti degli eccezionali bassorilievi, raggruppati a due e due, altri un metro e sessanta e larghi circa un metro. L’altissima qualità di queste sculture, appartenenti al primo stile romanico spagnolo, è opera di una mano raffinata e sottile, capace di rendere con naturalezza il movimento del corpo umano. I volti sono ieratici ed i gesti hanno ancora un sapore bizantino (probabilmente diffuso dalle decorazioni dei paramenti liturgici e dagli avori di provenienza orientale). I panneggi sono ariosi, ed il gusto della linea curva trasforma le impostazioni geometriche di fondo in una poesia che non riporta ancora i volumi dai pesi del romanico maturo.
Certamente, gli anonimi autori di questi bassorilievi hanno saputo valorizzare le loro abilità artistiche per lasciare, nella pietra, una traccia eccezionale della Pasqua di Cristo, mistero centrale della fede, che qui viene rappresentato a partire dalla lettura dei testi biblici, dalla meditazione che ne fecero i Padri della Chiesa e dalla loro continua attualizzazione attuata dalla celebrazione liturgica. È un’arte che ha come scopo quello di accompagnare le persone che sostavano nel chiostro all’incontro col Signore Gesù, morto e risorto. Le otto scene rappresentate sono:
– la Crocifissione/deposizione, la Sepoltura nel primo pilastro nord-est;
– l’Incredulità di Tommaso e i Discepoli di Emmaus, nel secondo, nord-ovest;
– l’Ascensione e la Pentecoste, nel terzo a sud-est;
– nel quarto pilastro ci sono delle raffigurazioni aggiunte successivamente e non facenti parte del programma dei bassorilievi originali.
A differenza degli altri pannelli, che presentano affollati gruppi con molti personaggi, questo, dedicato ai Discepoli di Emmaus, ci permette di concentrare maggiormente la nostra attenzione su volti, gesti e dettagli, che gustiamo meglio, anche perché realizzati in scala maggiore rispetto al resto dei bassorilievi. L’austerità e l’essenzialità della scena possono sorprenderci. Tre soli uomini occupano lo spazio … e il loro cammino è come un invito a seguirli:
– colui che sta davanti, il Risorto, è vestito da pellegrino: il bastone purtroppo è andato perduto ma si può distinguere sulla sua borsa il simbolo della «Conchiglia di San Giacomo» di Compostela; egli sembra accennare ad una svolta, o ad una sosta, accompagnando il volgersi indietro del volto e del busto, con una aggraziata torsione della gamba destra, che sembra evocare un passo di danza;
– il secondo personaggio leva un dito verso l’alto per indicare che ormai il cielo si fa buio, mentre con la mano sinistra sembra toccare il primo come per trattenerlo;
– il terzo invece stringe tra le mani un libro e sembra quasi accarezzarlo affettuosamente perché quelle Scritture hanno cominciato a parlargli e a rivelargli il senso della ricerca di tutta una vita.
I due discepoli menzionati nel Vangelo, l’uno identificato come Cleopa, e l’altro senza nome, stanno infatti seguendo il misterioso pellegrino che si è fatto loro compagno di viaggio: lo scultore ha lavorato con cura, e pur nella resa convenzionale e geometrica delle forme dei volti, ha rifinito occhi, capelli e barbe con un raffinato gusto ornamentale. Gli sguardi sono fissi sul Signore che li precede: sembra quasi che questi occhi siano già aperti per riconoscerlo in anticipo rispetto alla narrazione, che colloca invece questo atto al momento dello spezzare il pane.
Il Risorto cammina davanti a loro. Questa è una delle più antiche raffigurazioni di Cristo in veste di pellegrino. Ma, pur portando con sé la sacca dei pellegrini, notiamo che egli indossa un ricco mantello fissato sulla spalla, il cui bordo è decorato con delle perline. Questa veste elegante non è certo un abbigliamento da viaggio, quanto piuttosto da cerimonia! Infatti, Cristo, mentre si gira verso i due di Emmaus, si rivolge pure a noi, di fronte, perché possiamo imparare a riconoscerlo presente nella Parola e nel Pane spezzato nella celebrazione eucaristica.
Il volto di Cristo è colmo di nobiltà e assomiglia ai ritratti degli antichi sovrani assiro/babilonesi. I lunghi capelli scendono sulle spalle e, sulla testa, sono raccolti sotto un copricapo singolare: questo diadema a casco, decorato a coste, è concluso da un bordo lavorato come la veste all’altezza dei polsi. Una corona di questo genere la si ritrova nell’iconografia degli imperatori bizantini. Lo scultore probabilmente vuole rafforzare così l’immagine di un messia Re e Sacerdote … che tuttavia si è fatto pellegrino, e ha preso il nostro passo. Ricordiamo che i pellegrini del tempo erano, per la maggior parte, gente che doveva fare penitenza, espiare delitti: questa immagine di Cristo Pellegrino come loro, rendeva presente Colui che si era messo in fila con i peccatori e che aveva mangiato con loro!
Che uno stringa le Scritture nelle mani come una guida … che l’altro inviti a restare … entrambi i discepoli, consapevoli o meno, stanno seguendo la via aperta da Cristo, come suggeriscono questi bellissimi piedi. Essi rappresentano in qualche modo tutti coloro che cercano, e anche coloro che seguono i passi del Risorto. Non dimentichiamo che l’abbazia di Silos era una tappa sul cammino verso Santiago de Compostela e i piedi dei pellegrini erano al centro dell’attenzione delle cure ospitali dei monaci: oggi noi possiamo solo immaginare pallidamente tutta la fatica e i sacrifici dei viandanti della fede dei secoli del Medioevo. Se qualcuno ha fatto questo cammino ai nostri giorni, può forse intuire qualcosa e guardando questi piedi vivrà senz’altro un’emozione che in qualche misura ricorderà quella dei suoi antenati.
La breve meditazione conclusiva sul bassorilievo dei Discepoli di Emmaus la lasciamo ai versi della poetessa Ada Negri (1870-1945) che ci guida nella contemplazione di questa straordinaria scena di cammino: «Tu mi cammini a fianco, Signore. Orma non lascia in terra il tuo passo. Non vedo te: sento e respiro la tua presenza in ogni filo d’erba, in ogni atomo d’aria che mi nutre. Per la redola scura, in mezzo ai prati, alla chiesa del borgo tu mi conduci, mentre arde il tuo tramonto dietro la torre campanaria. Tutto nella mia vita arse e si spense, come quel rogo che or divampa ad occidente e fra poco sarò cenere ed ombra: solo m’è salva questa purità d’infanzia che risale, intatta, il corso degli anni per la gioia di ritrovarti. Non abbandonarmi più. Fino a quando l’ultima mia notte (fosse stanotte!) non discenda, colma solo di te dalle rugiade agli astri: e me trasmuti in goccia di rugiada per la tua sete, e in luce d’astro per la tua gloria».
ANTONIO SCATTOLINI