COME SENTINELLE SUL MONTE
2024/10, p. 33
Ricorre in questo anno 2024 il centenario di aggregazione del monastero «San Benedetto» di Modica all’Istituto delle Benedettine dell’adorazione perpetua del SS. Sacramento, di Catania.
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Testimoni
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DA 100 ANNI E PRIMA ANCORA
Come sentinelle sul monte
Ricorre in questo anno 2024 il centenario di aggregazione del monastero «San Benedetto» di Modica all’Istituto delle Benedettine dell’adorazione perpetua del SS. Sacramento, di Catania.
Ricorrendo in questo anno 2024 il centenario di aggregazione del monastero «San Benedetto» di Modica all’Istituto delle Benedettine dell’adorazione perpetua del SS. Sacramento, passata provvidenzialmente proprio dalla nostra comunità di Catania, insieme alle nostre consorelle vogliamo ringraziare il Signore per le meraviglie che continuamente opera nella nostra vita e per i tanti segni di quel suo Amore che sa disporre i tasselli della storia unendo i cuori di quanti la scrivono, giorno per giorno, con la sua grazia. Questo loro – e quindi anche nostro – momento celebrativo nel ricordo di quell’evento che ha permesso la ripresa e la continuità della presenza benedettina femminile già attiva a Modica dal 1500, si carica fortemente di commozione.
Siamo coscienti che un «ruolo fondamentale giocano nella formazione alla sinodalità la memoria e il conseguente stile narrativo della vita e del linguaggio. Abbiamo bisogno di storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme. Abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri, ci ha ricordato più volte papa Francesco […]. Senza memoria non c’è identità e senza identità non c’è vita e comunione possibili».
Sentinelle su Modica
Lungo lo sfondo dei suggestivi monti Iblei del ragusano, ecco Modica abbarbicata sulle rocce dell’altopiano in un intreccio di splendidi vicoli e scalinate, un affascinante scenario rupestre che sembra opera di un sapiente scalpellino che ha come intagliato case e palazzi, gradinate imponenti e viuzze che si aprono su panorami da contemplare. Una bellezza barocca che esprime agilità e gusto e che alla sera, accendendosi di luci, sembra divenire un presepio dove architettura e natura si fondono in un prolungato, sereno sospiro d’attesa. E l’imponente monastero, con la sua struttura massiccia in primo piano rivolta a oriente quasi veglia, raccordando in sé i palpiti, i suoni, i colori, il fiato della città. «Guarda ad oriente, Gerusalemme, osserva la gioia che ti viene da Dio» (Bar 4,36). È il cuore vigile delle monache che continua a raccogliere nella preghiera le gioie e i dolori, le ansie e i fardelli, i sogni e le speranze dei concittadini e dell’umanità intera.
A questa comunità monastica il Signore sembra aver affidato lo stesso mandato del profeta: «Ti ho posto per sentinella alla casa d’Israele» (Ez 3,16). Sì, perché la sentinella veglia, sta sempre su un luogo elevato per poter intravedere da lontano qualunque cosa stia per accadere. Proprio per questa sua posizione privilegiata, pur carica di responsabilità, è la prima a scorgere i segni della luce e dare l’annuncio del nuovo giorno.
Essere poste sul monte rimanda all’altitudine delle scelte di vita e al coraggio di portare a compimento l’opera iniziata da Dio e corrisposta con la propria adesione. E questo filo rosso della tenacia coraggiosa attraversa la porzione di storia della salvezza, declinata sull’esperienza benedettina, in un continuo intreccio di carisma ed eventi, che vorremmo rileggere. Raccontare è ricordare, ricordare è ringraziare perché «tu possa raccontare e fissare nella memoria di tuo figlio e del figlio di tuo figlio i segni che ho compiuti: così saprete che io sono il Signore!» (Es 10,2).
Sentinelle sul panorama della storia
Il monastero, inizialmente intitolato a Santa Scolastica e ubicato di fronte alla Chiesa di San Pietro a Modica Bassa, era abbastanza fiorente. La comunità fu però decimata dal terribile terremoto che distrusse la Val di Noto nel gennaio 1693. Le 15 monache superstiti non si arresero e diedero mano alla ricostruzione del monastero. A loro possiamo opportunamente fare esclamare insieme al profeta Isaia: «Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono con gli occhi il ritorno del Signore in Sion. / Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme» (Is 52, 8-9).
Come annotava lo storico don Salvatore Guastella, «del periodo che va dalle origini del monastero al 1866, anno della legge di soppressione, è stato possibile rintracciare solo qualche sporadico episodio. Cronaca scarna ma significativa di quella quotidianità consacrata fatta di silenzio e di operosità, di orazione e di accoglienza, di immolazione e di obbedienza. Stuolo, anch’esso, numeroso e benemerito di vergini prudenti “i cui nomi sono scritti nel libro della vita” (Fil 4,3)». Quei volti di allora ci piace rivederli rispecchiati nelle monache che sono venute dopo fino a quelle di oggi perché sono state loro a permettere la continuità dell’osservanza monastica consegnandola fiduciosamente alle generazioni future.
Dopo il terremoto, ecco un nuovo devastante evento dovuto questa volta all’agire degli uomini. Con il Decreto regio del 7.7.1866 vennero soppresse le Corporazioni religiose e i loro beni incamerati dallo Stato. Le 30 monache che vivevano nel monastero furono costrette a sottoscrivere una domanda per continuare ancora a vivere da ospiti in casa propria essendo questa ormai proprietà del Demanio.
La sentinella che non si arrese: madre Aloisia Adamo
Nel 1879, venne fatta pervenire alla comunità l’ingiunzione di sgombero forzato. La giovane abbadessa Aloisia Adamo, coraggiosa e lungimirante, si rifiutò. Otto giorni dopo, il 12 maggio, la guardia nazionale fece sgomberare di notte le monache dal monastero. Quel piccolo gregge lasciò il chiostro con la morte nel cuore preferendo l’esilio nel mondo pur di non perdere la propria identità: «Un giorno solo bastò per incanutire il nostro crine!» è annotato nel diario di quei giorni. Le monache si sparpagliarono chi in famiglia, chi in altri conventi. Madre Aloisia, da buona e santa guida spirituale, spronò le sue sorelle alla speranza già presagendo l’alba imminente: «“Sentinella, a che punto è la notte?”. La sentinella risponde: “Viene la mattina e viene anche la notte”» (Is 21,12). Esortandole a rimanere in attesa del sereno nonostante le dense nubi anticlericali sul nascente Regno d’Italia, con alcune di loro, pochi anni dopo, decise di vivere insieme da monache in una casa presa in affitto. Venne poi acquistato un terreno sulla collina dell’Itria con l’appoggio anche economico del vescovo di Noto, mons. Giovanni Blandini, e nel 1888 venne posta la prima pietra del nuovo monastero. Così il 26 luglio 1892 le prime sette monache poterono riprendere la vita monastica, mai effettivamente interrotta sebbene per alcuni anni alimentata tenacemente nella clandestinità. Man mano che il nuovo San Benedetto cresceva pietra su pietra, anche la vita claustrale acquistava una fisionomia più completa e unitaria grazie anche all’apporto di cappellani e confessori benemeriti. Il gruppo delle sentinelle aumentò e il nuovo monastero vide una fioritura ancor più rigogliosa proprio perché ben piantata sul sacrificio e le tante sofferenze patite sino a divenire «pietra angolare orante» della Chiesa netina (diocesi di Noto, in latino: Dioecesis Netensis, ndr.)
Sentinelle eucaristiche
Seguirono anni di storia e di grazia, ma anche momenti difficili sino ad arrivare al 1924. Il vescovo mons. Giuseppe Vizzini ottenuto l’aiuto della comunità di Catania, precedentemente aggregata all’Istituto dell’Adorazione perpetua nel 1910, così annunciava festoso: «Mi gode l’animo di comunicare che il 24 c.m., festa della Madonna della Mercede, giungeranno a Modica con il treno delle 12,32 le religiose Benedettine che la Provvidenza ci manda da Catania». Con la santa e saggia guida della prima madre Priora, madre Margherita Alacoque della Divina Volontà (Agata Santagati), giunta dalla città etnea e missionaria dell’Ostia a Modica per 17 anni, il monastero riprese vita nella fedeltà quotidiana al disegno d’amore del Padre. Ma è soprattutto con madre Saveria dell’Immacolata (Francesca Lucifora) – emblematicamente definita dall’eremita don Ugo Van Doorne «icona del silenzio» – eletta il 2 luglio 1945 e rimasta in carica per ben 36 anni, che la comunità conobbe un periodo di grande ripresa numerica e spirituale che si espresse anche nell’accoglienza e nella gestione di alcune opere educative e sociali.
Da tanta ricchezza spirituale maturò una nuova missione eucaristica: dare vita nel 1974 ad un cenacolo metildiano a Noto che, per l’esiguità dei soggetti, verrà purtroppo soppresso nel 2012.
A raccogliere il testimone di madre Saveria è stata madre Agnese dell’Immacolata (Marietta Monte), eletta nel 1980 e che ha guidato la comunità per 21 anni con premurosa cura e un governo sapiente e illuminato. Ella è stata definita una grande donna, una grande madre, una grande monaca.
Il Signore, sempre fedele e amorevole nei confronti della comunità ha poi donato altre brave priore: madre Gabriella Iozzia, madre Veronica Spadola e attualmente madre Metilde Trimboli.
Sentinelle d’amore come Maria
Per noi Benedettine dell’adorazione perpetua del SS. Sacramento la Madonna è la celeste Abbadessa mentre la superiora della casa, chiamata Priora, la rappresenta in comunità. È bella la coincidenza che, già il 6 agosto 1626, il Consiglio comunale di Modica aveva fatto richiesta al Vescovo con plebiscito popolare che la Madonna delle Grazie fosse dichiarata Patrona principale della Città, inoltre al tempo della ripresa della vita monastica dopo la soppressione, la comunità aveva fatto un «voto di riconoscenza» alla Madonna che aveva diradato le tenebre di quel lungo periodo di prova. E, ancora, la felice coincidenza dell’arrivo delle sorelle da Catania per avviare l’aggregazione nel giorno dedicato alla Madonna venerata sotto il titolo della Mercede. E veramente Ella ha ricompensato abbondantemente le figlie desiderose di continuare al meglio la vita monastica, sentinelle tenaci e capaci di vedere oltre, di fidarsi e di affidarsi.
Fatte una voce sola con quella della Chiesa, collocata nella storia come sentinella che veglia nell’attesa della venuta gloriosa del Signore, a noi monache è affidato il compito di essere come quelle sentinelle alle quali la sposa del Cantico dei Cantici (3,3) si rivolge accorata: «Avete visto l’amato del mio cuore?».
Da cento anni e prima ancora, nell’ininterrotta vita monastica femminile assicurata nella città di Modica, questo hanno fatto e vogliono continuare a fare le nostre consorelle e noi con loro: indicare a tutti lo Sposo, l’Amato del nostro cuore.
Suor MARIA CECILIA LA MELA OSBap