Giardi Anna
CRESCERE NELLA FIDUCIA DI UN MONDO POSSIBILE
2024/10, p. 28
«Le posture della cura sono quei modi dell’esserci cui diamo il nome di virtù: sentirsi responsabili, condividere con l’altro l’essenziale, avere una considerazione reverenziale per l’altro, avere coraggio. Il nucleo vitale delle posture della cura è costituito dai modi di essere del rispetto e della generosità» (L. Mortari, 2019).

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ACCANTO A BAMBINI E RAGAZZI
Crescere nella fiducia
di un mondo possibile
«Le posture della cura sono quei modi dell’esserci cui diamo il nome di virtù: sentirsi responsabili, condividere con l’altro l’essenziale, avere una considerazione reverenziale per l’altro, avere coraggio. Il nucleo vitale delle posture della cura è costituito dai modi di essere del rispetto e della generosità» (L. Mortari, 2019).
Oggi più che mai possiamo affermare che il futuro di un bambino è principalmente influenzato dalle relazioni che vive e sperimenta nel suo quotidiano. Questo concetto, che contiene già in se stesso una corresponsabilità, ci lascia liberi di sentirci o meno investiti di questo «mandato» educativo, in un mondo come quello nel quale ogni giorno siamo immersi, nel quale talvolta facciamo anche fatica a ritrovarci e, mi sentirei di affermare, che questo avviene anche perché la nostra attenzione ricade primariamente sull’altro, che responsabilizziamo dei nostri modi di essere e stare in relazione. Vorrei iniziare a riflettere su questo tema che ci accomuna tutti, che rappresenta il nostro oggi e il domani, ma anche il mondo che seguirà a questo.
Sensibilità educativa a partire da noi stessi
Siamo una generazione adulta con buone competenze relazionali rispetto ai nostri predecessori; abbiamo la possibilità di affrontare temi delicati, poiché ogni giorno ci troviamo in situazioni che richiedono non solo maggiore attenzione, ma anche consapevolezza delle nostre emozioni. È importante imparare a guardare dentro di noi con gentilezza, riconoscendo che siamo i primi responsabili del nostro atteggiamento verso gli altri. La nostra scelta consiste nel diventare esploratori della relazione educativa, che si basa sull'interazione tra persone e una comunicazione aperta e autentica. Siamo quindi nella possibilità della semina. Cosa c’è in questi semi? Sviluppare nuove competenze di relazione significa approdare a nuove consapevolezze per arrivare a comprendere meglio la posizione dell'altro nei nostri confronti, sulla base di ciò che manifesta. Lavorare con questo obiettivo sensibile diventa una scelta coraggiosa (dal latino cor habeo, avere cuore, agire con il cuore), che richiede perseveranza ed esercizio quotidiano, partendo innanzitutto da un’attenzione curiosa rivolta essenzialmente verso i nostri modi di interagire, ponendoci maggiormente in ascolto di noi stessi, sulla base di ciò che l’altro ci suscita. Sulla base di questo nostro restare «presenti» con consapevolezza, sarà possibile accedere a nuovi livelli di comprensione. La diffusione di una cultura di corresponsabilità educativa implica che le persone interiorizzino l’importanza di essere sensibili e coinvolte proattivamente. Questo significa proteggere la Bellezza intrinseca dell’umano con sue potenzialità, partendo innanzitutto da noi stessi. Proprio come i bambini e i ragazzi necessitano di attenzione e considerazione, anche noi, come adulti, dobbiamo essere consapevoli delle nostre esigenze e della nostra crescita personale. La trascuratezza verso noi stessi inevitabilmente ricade su chi ci sta intorno.
Risvegliare un’autentica motivazione
Come possiamo avvicinarci ai nostri figli, in modo che sentano una nostra vicinanza rassicurante? Per intraprendere questo «viaggio» e trasformare ogni buon proposito in pratiche concrete e solidali, è essenziale che ognuno possa sentirsi coinvolto attraverso una motivazione autentica e risvegliata. Possiamo imparare a concentrarci su una rinnovata, personale forma di «sorveglianza» che non si focalizzi primariamente sugli errori o sulle cose che non ci vanno bene, ma che ponga l’accento su ciò che può migliorare la qualità della nostra esperienza di vita. Questa pratica (che può richiedere molto allenamento) ci conferisce auto-rassicurazione liberando energia e forza per affrontare meglio le difficoltà. Abbiamo bisogno di trovare modalità di comunicazione maggiormente equilibrate, sentendoci ascoltati e riconosciuti come soggetti portavoce di esperienza sensibile, in grado di esprimere e comunicare vicinanza nella condivisione e nella riflessione attiva. È fondamentale creare spazi in cui voci e pensieri possano essere espressi e non restare chiusi nella solitudine ristagnante. Spesso i dialoghi tra genitori o tra genitori e insegnanti lasciano nel disfattismo e spengono la speranza di potere comunicare e affrontare ciò che meriterebbe considerazione e confronto, portando le persone verso forme di autoisolamento.
Creare una rete educativa
Come possiamo quindi promuovere una sensibilità che si diffonda e si sviluppi in contesti liberati dai pregiudizi consolidati? La risposta sta nella consapevolezza delle nostre modalità di interazione e comunicazione. Allenare la sensibilità nelle relazioni significa essere più ricettivi e integrati nel nostro modo di essere e di fare. Se i genitori agiscono con coerenza e apertura, avvicinandosi ai bambini e ai ragazzi con cautela e rispetto, se gli insegnanti si mostrano saldi ma anche coinvolti e interessati, possono fornire ai giovani un sistema di co-regolazione efficace che genera un’azione calmante e lenitiva a livello emotivo. Questo conferisce sicurezza e contenimento, contribuendo alla stabilizzazione emotiva interna dei bambini e dei ragazzi che progrediscono anche sul piano cognitivo. La connessione emotiva tra genitori e figli dipende dalla consapevolezza di sé e delle proprie modalità relazionali dei genitori, influenzate dagli stili educativi ricevuti nell’infanzia. Fare luce su queste dinamiche ci aiuta a costruire una rete educativa solida e sensibile. Inoltre, le modalità educative e relazionali che adottiamo nei confronti dei bambini spesso riflettono le nostre preoccupazioni personali e i nostri stili di vita. In altre parole, quanto le nostre preoccupazioni e il nostro modo di affrontare la vita influenzano il disagio che i bambini manifestano? E quanto è importante che i nostri metodi educativi e interattivi siano davvero allineati con le loro esigenze e non solo con le nostre intenzioni? «Auspico resti quella sensazione di fragilità condivisa che spinge alla solidarietà e a guardare all’essenziale della vita» (C. Moreno, Associazione Maestri di Strada, Napoli). Smettere di frequentare troppo assiduamente le nostre sicurezze di adulti potrebbe forse aiutarci a rispondere meglio alle vere esigenze dei bambini e dei ragazzi. Non si tratta di agire per tentativi, ma di cercare una connessione emotiva autentica, ascoltando e rispondendo ai loro bisogni piuttosto che anteporre le nostre soluzioni, anche prima che ci vengano richieste da loro.
Famiglia e scuola co-protagoniste di cultura educativa circolare
Nel mio lavoro quotidiano con bambini, ragazzi, genitori e insegnanti, mi impegno a semplificare le esperienze che vivono, aiutandoli a ottenere maggiore chiarezza, a ridurre la confusione ed alleggerire i carichi emotivi. Il mio obiettivo è accompagnarli verso una maggiore consapevolezza di sé, permettendo loro di riconoscersi e ritrovarsi al di fuori delle pressioni e delle quotidiane richieste performanti. Facilitare le relazioni significa tradurre i diversi linguaggi tra genitori e figli, insegnanti e genitori, specie quando la comunicazione è gravata da incomprensioni e tensioni; al tempo stesso, validare ciò che ogni persona porta significa provare interesse per ciò che le accade e assumere nei suoi confronti una postura di «accettazione positiva incondizionata, un’accoglienza profonda che distingue il valore imprescindibile della persona dal suo comportamento, che si concentra sulle sue azioni modificabili, attraverso una formulazione chiara, comprensibile e rassicurante» (C.R. Rogers, 2008). È possibile che bambini e ragazzi ci stiano chiedendo, anche se in modo implicito, di uscire dalle nostre zone di comfort, che sembrano sempre più distanti dalla loro percezione della realtà? Forse, attraverso il loro apparente disallineamento, ci invitano a esplorare insieme a loro un mondo che, sebbene imprevedibile e incoerente per noi, è loro familiare perché, a differenza di noi, è l’unico che conoscono. Anche se temiamo che l’abbondanza di modelli pronti all’uso inibisca o alteri il loro percorso evolutivo, potremmo invece usare le nostre energie per costruire un ponte tra il nostro passato di esperienze e l’oggi, creando una continuità con le nostre radici? Forse il nostro senso di spaesamento si riflette in loro e, alla loro naturale fatica di crescere, si aggiunge la nostra difficoltà a entrare in un mondo che cambia troppo rapidamente e che non riconosciamo più come nostro.
ANNA GIARDI, pedagogista
* «In una delle sette regole dell’arte di ascoltare, Sclavi ci ricorda il valore del decentramento, inteso radicalmente come invito a spostarci per raggiungere ed entrare temporaneamente nel “territorio” dell’altro, intanto per validarlo e assumere temporaneamente il suo punto di osservazione e per prepararsi ai successivi movimenti congiunti» (Zanon). * «Se vuoi comprendere quello che un altro ti sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva» (Sclavi). *Tra le virtù dell’educatore, P. Freire (2017) annovera questa «’pazienza impaziente’ […] del professionista che contempla (in tutti i sensi) un ‘possibile’ ancora da immaginare insieme, l’esistenza del limite proprio come condizione per innescare il cambiamento (cf. Scardicchio) […], l’io non ci sto, non mi fermo qui, non è solo questo il senso, a me non basta; un professionista audace che scommette sulle potenzialità di bambini e genitori, nonostante […] (cf.. Zanon) possa risultare più semplice restare sulle proprie ferme convinzioni auto-rassicuranti». * «Ciascuno cresce solo se sognato» (D. Dolci).
Proposte bibliografiche:
L. Mortari, Metodi per la ricerca educativa; M. Sclavi, L’arte di ascoltare e mondi possibili; O. Zanon, La relazione educativa: trasversalità e specificità nella cura degli interventi domiciliari, in “L’educativa domiciliare”;
A. Scardicchio, Curare, guardare. Epistemiologia ed estetica dello sguardo in medicina.