Mastrofini Fabrizio
«LA BELLEZZA DELL’AMORE GUARISCE IL MONDO»
2024/10, p. 3
Dal 2 al 13 settembre, papa Francesco ha compiuto il suo 45º viaggio apostolico in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor-Leste e Singapore: il viaggio più lungo del pontificato.

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PAPA FRANCESCO IN ASIA E OCEANIA
«La bellezza dell’amore guarisce il mondo»
Dal 2 al 13 settembre, papa Francesco ha compiuto il suo 45° viaggio apostolico in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor-Leste e Singapore: il viaggio più lungo del pontificato.
«Il Papa è andato nel posto più emarginato e sperduto della Papua Nuova Guinea, a 2 ore di volo da Port Moresby. I missionari che lo hanno invitato a Vanimo, e la sua gente, riescono a malapena a crederci. Il suo messaggio? La bellezza dell’amore guarisce il mondo, perché è di Dio». Così ha scritto in un post su X il noto commentatore inglese Austin Ivereigh, biografo di papa Francesco e tra i partecipanti alla seconda sessione dei lavori del Sinodo sulla sinodalità. Il post non solo riassume il senso del messaggio di papa Francesco, ma offre lo spunto per sottolineare come questo viaggio, molto più degli altri, si stia svolgendo anche sui social media, con una grande quantità di messaggi, video, foto, che vengono dal folto gruppo di giornalisti presenti sul volo papale. E sempre di più i viaggi si legano alle immagini. In questo caso, è la popolazione indigena di Vanimo a colpire il resto del mondo, e sono gli abbracci dei giovanissimi, a colpire ed emozionare.
Dialogo interreligioso
Papa Francesco in Indonesia ha messo a fuoco il tema del dialogo interreligioso; in Papua Nuova Guinea ha parlato di speranza, bellezza e rispetto dell’ambiente. E ha dato spazio a quella Chiesa missionaria che da sempre opera in Asia e Oceania collegando l’evangelizzazione alla educazione e promozione sociale.
Il tema del dialogo interreligioso è diventato bollente proprio sui social media. Le frasi del Papa, in linea con il Concilio e con 60 anni di dialogo interreligioso, non sono piaciute ai gruppi integralisti del mondo cattolico, soprattutto Usa, che le hanno utilizzate per polemizzare accusando Francesco di relativismo.
Ed ecco cosa ha detto il Papa a Jakarta, nell’incontro interreligioso nella più grande Moschea dell’Asia: «Vi incoraggio a proseguire su questa strada: che tutti, tutti insieme, ciascuno coltivando la propria spiritualità e praticando la propria religione, possiamo camminare alla ricerca di Dio e contribuire a costruire società aperte, fondate sul rispetto reciproco e sull’amore vicendevole, capaci di isolare le rigidità, i fondamentalismi e gli estremismi, che sono sempre pericolosi e mai giustificabili».
E della tappa in Indonesia (2-5 settembre) del lungo viaggio in Asia e Oceania (2-13 settembre), restano alcune immagini importanti. Nell’ordine: la cordialità nell’incontro con il Presidente della Repubblica, le manifestazioni di rispetto e amicizia con l’Imam di Jakarta, la firma del documento comune di impegno nel dialogo interreligioso avvenuta nel «tunnel dell’amicizia» (il collegamento tra la Moschea e la Cattedrale cattolica). E naturalmente resterà impressa la Messa del 5 settembre, alla presenza di una folla così vasta che gli organizzatori hanno allestito in tutta fretta un secondo stadio attrezzato con maxischermi per consentire ai fedeli di seguire il Papa.
Il messaggio di papa Francesco in Indonesia ha seguito tre direttive. La prima, espressa nell’incontro con le autorità politiche e il Corpo diplomatico. Ha detto il Papa che «Il vostro motto nazionale Bhinneka tunggal ika (Molti, ma uno) manifesta bene questa realtà multiforme di popoli diversi saldamente uniti in una sola Nazione. E inoltre mostra che, come la grande biodiversità presente in questo arcipelago è fonte di ricchezza e splendore, analogamente le differenze specifiche contribuiscono a formare un magnifico mosaico, nel quale ogni tessera è insostituibile elemento per comporre una grande opera originale e preziosa. E questo è il vostro tesoro, è la vostra ricchezza più grande. L’armonia nel rispetto delle diversità si raggiunge quando ogni visione particolare tiene conto delle necessità comuni e quando ogni gruppo etnico e confessione religiosa agiscono in spirito di fraternità, perseguendo il nobile fine di servire il bene di tutti. La consapevolezza di partecipare a una storia condivisa, nella quale ciascuno porta il proprio contributo e dove è fondamentale la solidarietà di ogni parte verso il tutto, aiuta a individuare le giuste soluzioni, a evitare l’esasperazione dei contrasti e a trasformare la contrapposizione in fattiva collaborazione. (…) Per favorire una pacifica e costruttiva armonia, che assicuri la pace e unisca le forze per sconfiggere gli squilibri e le sacche di miseria, che ancora persistono in alcune zone, la Chiesa desidera incrementare il dialogo interreligioso. (…) La Chiesa Cattolica si pone al servizio del bene comune e desidera rafforzare la collaborazione con le istituzioni pubbliche e altri soggetti della società civile, ma mai facendo proselitismo, mai; rispetta la fede di ogni persona. E con questo, incoraggia la formazione di un tessuto sociale più equilibrato e per assicurare una distribuzione più efficiente ed equa dell’assistenza sociale».
La seconda, a proposito del dialogo interreligioso: «Cari fratelli e sorelle, promuovere l’armonia religiosa per il bene dell’umanità è l’ispirazione che siamo chiamati a seguire e che dà anche il titolo alla Dichiarazione congiunta preparata per questa occasione. In essa assumiamo con responsabilità le gravi e talvolta drammatiche crisi che minacciano il futuro dell’umanità, in particolare le guerre e i conflitti, purtroppo alimentati anche dalle strumentalizzazioni religiose, ma anche la crisi ambientale, diventata un ostacolo per la crescita e la convivenza dei popoli. E davanti a questo scenario, è importante che i valori comuni a tutte le tradizioni religiose siano promossi e rafforzati, aiutando la società a «sconfiggere la cultura della violenza e dell’indifferenza» (Dichiarazione congiunta di Istiqlal) e a promuovere la riconciliazione e la pace. Vi ringrazio per questo cammino comune che portate avanti. L’Indonesia è un grande Paese, un mosaico di culture, di etnie e tradizioni religiose, una ricchissima diversità, che si rispecchia anche nella varietà dell’ecosistema e dell’ambiente circostante. E se è vero che ospitate la più grande miniera d’oro del mondo, sappiate che il tesoro più prezioso è la volontà che le differenze non diventino motivo di conflitto ma si armonizzino nella concordia e nel rispetto reciproco».
«Fede, fraternità, compassione»
La terza direttiva, per la Chiesa, incontrata nella cattedrale di Jakarta. Erano presenti vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, laici: «non stancatevi di prendere il largo, non stancatevi di gettare le reti, non stancatevi di sognare, non stancatevi di sognare e costruire ancora una civiltà della pace! Osate sempre il sogno della fraternità, che è un vero tesoro fra voi. Sulla Parola del Signore vi incoraggio a seminare amore, a percorrere fiduciosi la strada del dialogo, a praticare ancora la vostra bontà e gentilezza col sorriso tipico che vi contraddistingue. Vi hanno detto che voi siete un popolo sorridente? Non perdete il sorriso, per favore, e andate avanti! E siate costruttori di pace. Siate costruttori di speranza!».
Il giorno prima ai vescovi, sacerdoti, consacrate e consacrate, laici e laiche, aveva espresso il suo mandato preciso: «vi incoraggio a continuare la vostra missione, forti nella fede, aperti a tutti nella fraternità e vicini a ciascuno nella compassione. Fede, fraternità e compassione. Tre parole che vi lascio, e voi dopo ci pensate. Fede, fraternità e compassione. Vi benedico, vi ringrazio per il tanto bene che fate ogni giorno in tutte queste belle isole! Prego per voi. Prego ma, per favore, vi chiedo di pregare per me. E state attenti a una cosa: pregate a favore, non contro! Grazie».
Certo resta l’interrogativo di fondo: nel paese con la più ampia presenza musulmana, la Chiesa deve anche fare i conti con legislazioni restrittive e limitazioni. Senza contare i rigurgiti anti-cristiani che si sono verificati in passato e sempre pronti a riemergere quando si avvia una retorica politica antireligiosa. Dopo questa visita, cosa potrà cambiare? Lasciando l’Indonesia e questo interrogativo, la seconda tappa in Papua Nuova Guinea, ha visto al primo posto il tema dell’ambiente e la «periferia delle periferie» a Vanimo, estrema propaggine dell’isola.
Valorizzare le risorse naturali e umane
A Port Moresby, parlando al Corpo diplomatico ed alle autorità, papa Francesco ha osservato che «questa ricchezza ambientale e culturale rappresenta al tempo stesso una grande responsabilità, perché impegna tutti, i governanti insieme ai cittadini, a favorire ogni iniziativa necessaria a valorizzare le risorse naturali e umane, in modo tale da dar vita a uno sviluppo sostenibile ed equo, che promuova il benessere di tutti, nessuno escluso, attraverso programmi concretamente eseguibili e mediante la cooperazione internazionale, nel mutuo rispetto e con accordi vantaggiosi per tutti i contraenti. Condizione necessaria per ottenere tali risultati duraturi è la stabilità delle istituzioni, la quale è favorita dalla concordia su alcuni punti essenziali tra le differenti concezioni e sensibilità presenti nella società. (…) Auspico, in particolare, che cessino le violenze tribali, che causano purtroppo molte vittime, non permettono di vivere in pace e ostacolano lo sviluppo. Faccio pertanto appello al senso di responsabilità di tutti, affinché si interrompa la spirale di violenza e si imbocchi invece risolutamente la via che conduce a una fruttuosa collaborazione, a vantaggio dell’intero popolo del Paese».
Alle diverse componenti della Chiesa locale, ha portato un messaggio preciso: «Cari fratelli e sorelle, ringraziamo insieme il Signore per come il Vangelo attecchisce e si diffonde in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone. Continuate così la vostra missione, come testimoni di coraggio, di bellezza e di speranza! E non dimenticate lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza. Sempre avanti con questo stile del Signore!».
Incontro con i giovani
Ma è Vanimo, periferia della periferia, il luogo dove si è sentita maggiormente la vicinanza del Papa con la Chiesa locale, favorita dalla presenza di alcuni missionari argentini, ben conosciuti da Bergoglio. E quindi il valore aggiunto di questa tappa si è visto benissimo nell’incontro con i più giovani della Holy Trinity Humanistic School di Baro dove il Papa è stato accolto dai missionari che lo hanno accompagnato nella School & Queen of Paradise Hall dove ha assistito a un breve concerto dell’orchestra degli studenti della scuola.
Prima di congedarsi, il messaggio da non dimenticare: «Voi qui siete ‘esperti’ di bellezza, perché siete circondati di bellezza! Vivete in una terra magnifica, ricca di una grande varietà di piante e di uccelli, in cui si resta a bocca aperta davanti ai colori, suoni e profumi, e allo spettacolo grandioso di una natura che esplode di vita, evocando l’immagine dell’Eden!». E il secondo monito: «vincere le divisioni». «Vincere le divisioni – personali, familiari e tribali –; di scacciare dal cuore delle persone la paura, la superstizione e la magia; di porre fine a comportamenti distruttivi come la violenza, l’infedeltà, lo sfruttamento, l’uso di alcool e droghe: mali che imprigionano e rendono infelici tanti fratelli e sorelle, anche qui. Ricordiamolo: l’amore è più forte di tutto questo e la sua bellezza può guarire il mondo, perché ha le sue radici in Dio. (…) Cari amici, molti turisti, dopo aver visitato il vostro Paese, tornano a casa dicendo di aver visto ‘il paradiso’. Si riferiscono, in genere, alle attrazioni paesaggistiche e ambientali di cui hanno goduto. Noi però sappiamo che, come abbiamo detto, il tesoro più grande non è quello. Ce n’è un altro, più bello e affascinante, che si trova nei vostri cuori e che si manifesta nella carità con cui vi amate. È questo il dono più prezioso che potete condividere e far conoscere a tutti, rendendo Papua Nuova Guinea famosa non solo per la sua varietà di flora e di fauna, per le sue spiagge incantevoli e per il suo mare limpido, ma anche e soprattutto per le persone buone che vi si incontrano; e lo dico specialmente a voi, bambini, con i vostri sorrisi contagiosi e con la vostra gioia prorompente, che sprizza in ogni direzione. Siete l’immagine più bella che chi parte da qui può portare con sé e conservare nel cuore!».
Inculturazione della fede
ed evangelizzazione della cultura
A Timor Est, il messaggio papale ha preso in considerazione il tema del radicamento della fede nella cultura locale. Quando Giovanni Paolo II ha visitato Timor Est, il 12 ottobre 1989, il paese era una propaggine indonesiana ed era in corso un duro scontro per raggiungere l’indipendenza, sancita nel 2002, dopo il referendum del 1999. Da notare che l’attuale presidente, José Ramos Horta, eletto nel 2022, è stato uno dei protagonisti della lotta per l’indipendenza. Timor, inoltre, è stata al centro delle cronache per le vicende del vescovo Carlos Filipe Ximenes Belo, Nobel per la Pace nel 1996 insieme a Ramos Horta. Poi è stato sopraffatto dalle accuse di aver commesso abusi.
Torniamo a papa Francesco ed alla lettura della presenza del cristianesimo in un piccolo paese, propaggine orientale dell’isola di Timor (Indonesia). «Il Cristianesimo, nato in Asia, ha detto il Papa, è arrivato a queste propaggini del continente tramite missionari europei, testimoniando la propria vocazione universale e la capacità di armonizzarsi con le più diverse culture, le quali, incontrandosi con il Vangelo, trovano una nuova sintesi più alta e profonda. Il cristianesimo si incultura, assume le culture e i diversi riti orientali, dei diversi popoli. Infatti, una delle dimensioni importanti del cristianesimo è l’inculturazione della fede. Ed esso, a sua volta, evangelizza la cultura. Questo binomio è importante per la vita cristiana: inculturazione della fede ed evangelizzazione della cultura. Non è una fede ideologica, è una fede radicata nella cultura».
Papa Francesco è entrato nel vivo delle problematiche di quello che ha definito un «paese giovane» dove il 65% della popolazione (1,2 milioni) ha meno di 30 anni, che deve avere cura del futuro, del progresso sociale e culturale, e soprattutto non deve perdere la «speranza». Però ha enumerato le «piaghe sociali», come l’eccessivo uso di alcolici tra i giovani. «Date ideali ai giovani, perché escano da queste trappole!». Ha aggiunto il «fenomeno del costituirsi in bande, le quali, forti della loro conoscenza delle arti marziali, invece di usarla al servizio degli indifesi, la usano come occasione per mettere in mostra l’effimero e dannoso potere della violenza». Senza dimenticare i problemi dei minori, spesso indifesi. Per la soluzione ha indicato una strada precisa: «preparare adeguatamente, con una formazione appropriata, coloro che saranno chiamati ad essere la classe dirigente del Paese in un non lontano futuro».
La Chiesa, ha aggiunto, «offre come base di tale processo formativo la sua dottrina sociale»: «non è un’ideologia, è basata sulla fraternità. È una dottrina che deve favorire, che favorisce lo sviluppo dei popoli, specialmente di quelli più poveri».
Il sorriso di un popolo
Nel percorso ecclesiale nella realtà di Timor Est, restano impresse le immagini fortissime della grande quantità di persone che si sono riversate per le strade e allo stadio, per vedere il Papa e ascoltare il suo messaggio. Dal canto suo papa Francesco non si è sottratto. Al clero, alle religiose, ai vescovi, ha detto con estrema chiarezza che è necessario un «rinnovato slancio nell’evangelizzazione» perché «a tutti arrivi il profumo del Vangelo: un profumo di riconciliazione e di pace dopo gli anni sofferti della guerra; un profumo di compassione, che aiuti i poveri a rialzarsi e susciti l’impegno per risollevare le sorti economiche e sociali del Paese; un profumo di giustizia contro la corruzione. State attenti! Tante volte la corruzione può entrare nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie. E, in particolare, il profumo del Vangelo bisogna diffonderlo contro tutto ciò che umilia, ciò che deturpa e addirittura distrugge la vita umana, contro quelle piaghe che generano vuoto interiore e sofferenza come l’alcolismo, la violenza, la mancanza di rispetto per la donna. Il Vangelo di Gesù ha la forza di trasformare queste realtà oscure e di generare una società nuova. Il messaggio che voi religiose offrite di fronte al fenomeno della mancanza di rispetto per le donne è che le donne sono la parte più importante della Chiesa, perché si occupano dei più bisognosi: li curano, li accompagnano».
E nella messa, martedì 10, di fronte alla folla, valutata dalle autorità in 600 mila persone – praticamente la metà della popolazione – una cifra impressionante, papa Francesco ha rilasciato il messaggio finale. «Ho pensato molto: qual è la cosa migliore che ha Timor? Il sandalo? La pesca? Non è questa la cosa migliore. La cosa migliore è il suo popolo. Non posso dimenticare la gente ai lati della strada, con i bambini. Quanti bambini avete! Il popolo, che la cosa migliore che ha è il sorriso dei suoi bambini. E un popolo che insegna a sorridere ai bambini è un popolo che ha un futuro. (…) Vi auguro la pace. Vi auguro di continuare ad avere molti figli: che il sorriso di questo popolo siano i suoi bambini! Prendetevi cura dei vostri bambini, ma prendetevi cura anche dei vostri anziani, che sono la memoria di questa terra».
Dimensione etica e positiva inclusività
Ed infine Singapore. Nel discorso a Corpo diplomatico e autorità locali, ha parlato – ovviamente, vista la prosperità e la tecnologizzazione della città-stato – di intelligenza artificiale, di condizioni di lavoro, di sviluppo sostenibile. Sull’intelligenza artificiale, ha ribadito l’importanza della dimensione etica: «è essenziale coltivare relazioni umane reali e concrete; e che queste tecnologie si possono valorizzare proprio per avvicinarsi gli uni agli altri, promuovendo comprensione e solidarietà, e non per isolarsi pericolosamente in una realtà fittizia e impalpabile».
Inoltre il Papa ha avuto parole di apprezzamento per la coesistenza armonica di etnie, culture e religioni nella città-stato e del fatto che questa «positiva inclusività» sia favorita anche dall’imparzialità dei poteri pubblici. Constata che questo è un modo per arginare a priori estremismo e intolleranza. «Il rispetto reciproco, la collaborazione, il dialogo e la libertà di professare il proprio credo nella lealtà alla legge comune sono condizioni determinanti del successo e della stabilità ottenuti da Singapore, requisiti per uno sviluppo non conflittuale e caotico, ma equilibrato e sostenibile». E a proposito di quest’ultimo punto, lo ha sviluppato nel seguito del discorso: «il vostro impegno per uno sviluppo sostenibile e per la salvaguardia del creato è un esempio da seguire, e la ricerca di soluzioni innovative per affrontare le sfide ambientali può incoraggiare altri Paesi a fare lo stesso. Singapore è un brillante esempio di ciò che l’umanità può realizzare lavorando insieme in armonia, con senso di responsabilità e con spirito di inclusività e fraternità. Vi incoraggio a continuare su questa strada, confidando nella promessa di Dio e nel suo amore paterno per tutti».
Quanto all’impegno dei cattolici (300 mila in 32 parrocchie, su 5,6 milioni di abitanti tra cui 74% cinesi, 14% malesi, 7% da indiani e per il resto da eurasiatici), il Papa ha sottolineato come questa visita, a quarantatré anni da quando furono stabilite le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Singapore, si propone di confermare nella fede i cattolici ed esortarli a proseguire con gioia e dedizione la collaborazione con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, «per la costruzione di una società civile sana e coesa, per il bene comune e per una testimonianza cristallina della loro stessa fede».
A Singapore resteranno impresse le immagini dei 50 mila alla messa di giovedì nell’imponente e avveniristica struttura dello stadio della città. E il messaggio ai giovani, in un dialogo ricco di incoraggiamenti: «uscire dalle zone confortevoli un giovane che sceglie di vivere sempre la sua vita in un modo confortevole è un giovane che ingrassa, [risate], ma non ingrassa la pancia ingrassa la mente, per questo io dico ai giovani rischiate, uscite, non avete paura, la paura è un atteggiamento dittatoriale, che ti paralizza».
O ancora l’incoraggiamento a usare i social media, ma per diffondere una buona notizia: «Tutti i giovani devono usare i media ma usare i media perché ci aiutino ad andare avanti non perché ci rendano schiavi, siete d’accordo o no?».
E infine le religioni, altra cifra del viaggio, all’insegna del dialogo e non del proselitismo da parte cattolica: «come Dio è Dio per tutti, noi siamo tutti Figli di Dio».
Venerdì 13 settembre il rientro in Vaticano, dopo 11 giorni.
FABRIZIO MASTROFINI
GIANLUCA MONTALDI