Un cammino sinodale per nascere e rinascere
2023/9, p. 3
Un percorso di ridisegnamento delle presenze per una migliore qualità di vita vocazionale in fedeltà al Vangelo e al carisma
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Un cammino sinodale per nascere e rinascere
Un percorso di ridisegnamento delle presenze per una migliore qualità di vita vocazionale in fedeltà al Vangelo e al carisma
Il cammino della nostra congregazione negli ultimi 15 anni, a partire dal triennio di preparazione alla celebrazione del centenario di fondazione (2010), è caratterizzato da un particolare processo sinodale che abbiamo chiamato «Nascere e Rinascere», entro il quale trova spazio un percorso di ridisegnamento delle presenze per una migliore qualità di vita vocazionale in fedeltà al Vangelo e al nostro carisma. Come congregazione, da molti anni stiamo vivendo un processo di diminuzione numerica e di forze, che è divenuto occasione e opportunità benedetta per una riflessione sinodale sul chi siamo e sul dove andiamo e per sospingerci, come famiglia, in un percorso di… ritorno alle origini (non al passato!) per una rinascita, oggi, secondo l’ottica del Vangelo e del carisma.
Il percorso del «Nascere e Rinascere» ha comportato varie fasi e movimenti interconnessi.
L’aggiornamento delle Costituzioni, realizzato attraverso un processo triennale che ha coinvolto tutte le sorelle nello studio, nella riflessione, nel contribuire coi propri apporti, critiche e suggerimenti alla revisione del testo. Le Costituzioni aggiornate sono state quindi riviste e approvate dal Capitolo generale straordinario del 2014 e successivamente ratificate dalla Santa Sede.
L’aggiornamento successivo dei restanti documenti del Diritto proprio (Direttorio Generale, Regolamento Amministrativo, Ratio formationis) seguendo la stessa dinamica sinodale, con il coinvolgimento attivo e vivace di tutte. I testi aggiornati sono stati rivisti e approvati dal Capitolo generale ordinario del 2017.
L’elaborazione della Ratio missionis dell’Istituto, con la stessa metodologia sinodale accennata sopra, rivista e approvata dal Capitolo generale ordinario del 2023.
Il percorso di riflessione sistematica ed esperienziale sul carisma, sempre avvalendoci di una dinamica sinodale che ha coinvolto tutte le sorelle dal 2018 al 2023. L’assemblea intercapitolare del 2022 ha rappresentato un’importante tappa di questo percorso, configurandosi come un laboratorio sul carisma, della durata di 40 giorni, che ha coinvolto 34 sorelle di diverse età, provenienze ed esperienze. L’esperienza laboratoriale vissuta nell’Intercapitolo, che ha davvero infiammato il cuore delle partecipanti, viene ora riproposta nelle comunità, con opportuni adattamenti.
Il processo del «Ridisegnare le presenze», lanciato dal Capitolo generale ordinario del 2011 è ancora in corso. Dopo aver elaborato, attraverso la consultazione di tutte le circoscrizioni, i criteri fondamentali per ridisegnare le presenze, partendo dall’icona biblica della vite e dei tralci (cf. Gv 15,1-8) quale parola chiave che sostiene tutto il processo, la nostra famiglia religiosa si è impegnata in questo percorso spirituale di revisione delle presenze e delle attività, perché la vigna dell’Istituto, ricevendo con gioia le amorevoli cure del Vignaiolo, inclusa la salutare potatura, possa generare nuovi germogli: non importa quanti, ma importa che siano di qualità, atti a produrre il buon vino della consolazione!
Nelle assemblee a diversi livelli e nei Capitoli generali si è speso un tempo quantitativamente e qualitativamente sostanzioso a fare memoria insieme della nostra storia passata e recente, attraverso narrazioni, immagini, scritti, interazioni tra le partecipanti, visite ai luoghi delle origini dell’Istituto (quando possibile), momenti prolungati di preghiera e di celebrazione. È stato sempre commovente, per me, constatare come, durante questi spazi di memoria, l’assemblea vibrava all’unisono: ecco donne di diverse età, culture, esperienze e caratteri stare bene assieme, convocate dal fuoco del carisma come attorno al focolare di famiglia, ricordando gli avvenimenti e cammini di cui sono state parte, narrando le une alle altre le meraviglie che Dio ha compiuto nella nostra famiglia missionaria, le sofferenze e le crisi, riportando alla memoria del cuore le sorelle che sono state particolarmente significative per ciascuna, rivisitando la storia del fondatore, delle prime sorelle. Fare memoria insieme fa ardere il cuore, scioglie le resistenze, apre canali di comunicazione, alimenta e sostiene il senso di appartenenza, rinsalda i vincoli di sorellanza, raccoglie tutte attorno a focolare comune caldo e accogliente, vivifica la connessione vitale fra le radici e i germogli dell’albero centenario dell’Istituto, favorisce l’approfondimento dell’esperienza del «noi».
In questo tempo di rinascita, di crisi trasformatrice e rigeneratrice che attraversiamo come Istituto, è stato per noi fruttuoso ritornare all’immagine paolina del corpo e delle membra: «Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti, noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra» (1Cor 12,12-14).
L’immagine dell’Istituto-corpo ci accompagna in modo particolare in questi ultimi anni, lungo i quali la diminuzione numerica e di forze è diventata più evidente e acuta. Siamo diventate piccole, e questo ridimensionamento, questa potatura del sapiente Vignaiolo alla sua amata vigna, ci ha aiutato ad avvicinarci maggiormente fra noi approfondendo la riflessione su ciò che è effettivamente importante, centrale, vitale e irrinunciabile nel nostro cammino di Missionarie della Consolata. La strada che ci si è aperta davanti però non è più quella di circoscrizioni-corpo in cui sia espressa tutta l’articolazione dei vari settori di vita, ma piuttosto di circoscrizioni-membra, che offrano la propria specificità al corpo unico e unito dell’Istituto. La nostra identità e la sacralità dei nostri legami di sorelle non si fondano nell’appartenenza a una circoscrizione (provincia, regione, delegazione…) ma nell’appartenenza a Cristo in questa famiglia religiosa, il cui carisma esprime un tratto particolare di Cristo, che costituisce il senso dell’esistenza della nostra congregazione nella Chiesa.
Abbracciare la piccolezza
Nella storia di salvezza, Dio interviene il più delle volte dalla fragilità, dalla debolezza, dal deserto, dalla sterilità, dalla malattia, dalla vecchiaia, dalla caduta, dal peccato, dall’assurdo, dalla crisi. Ecco, lì Lui irrompe e salva, libera, rigenera. Allora la piccolezza, la diminuzione, la fragilità sono i tempi e i luoghi favorevoli e benedetti da Dio per la rinascita, sono occasioni in cui Dio si prende cura speciale di noi e ci trasforma.
L’anno scorso, durante la sua visita in Kazakistan, papa Francesco così si esprimeva: «…se adottiamo lo sguardo speranzoso di Gesù, facciamo una scoperta sorprendente: il vangelo dice che essere piccoli, poveri in spirito, è una beatitudine, la prima beatitudine (cf. Mt 5,3), perché la piccolezza ci consegna umilmente alla potenza di Dio e ci porta a non fondare l’agire ecclesiale sulle nostre capacità. E questa è una grazia! Lo ripeto: c’è una grazia nascosta nell’essere una Chiesa piccola, un piccolo gregge; invece, che esibire le nostre forze, i nostri numeri, le nostre strutture e ogni altra forma di rilevanza umana, ci lasciamo guidare dal Signore e ci poniamo con umiltà accanto alle persone».
L’immagine evangelica della vedova povera (cf. Mc 12, 41-44), sulla quale l’ultimo Capitolo generale (maggio-giugno 2023) si è lungamente soffermato, diviene un’icona benedetta del nostro cammino di Istituto che, nella piccolezza, nell’umiltà, nell’essenzialità e nella libertà della consegna di tutto a Dio trova la gioia e la fecondità missionaria. Molte volte, come i primi discepoli chiamati da Gesù a guardare la vedova povera, anche il nostro sguardo corre invece alle pietre e alle costruzioni di templi maestosi (cf. Mc 13,1-2). E il Signore non cessa, nella sua infinita tenerezza e misericordia, di ricordarci in molti modi che le pietre crolleranno, le maestose costruzioni passeranno, come anche le lunghe vesti degli scribi, i loro primi posti e i saluti nelle piazze (cf. Mc 12,38-39).
Un proverbio macua dice: «La tartaruga viaggia con la sua casa». La gente macua applica spesso questo proverbio a Dio e tutto ciò che gli appartiene: Dio ha la vita in se stesso, proprio per questo non ha fissa dimora, è liberissimo, va ovunque e dorme dove si trova; la sua casa è dappertutto, e ovunque e con tutti si trova «a casa». L’immagine si presta pure come una bella icona del pellegrinaggio evangelico dei nostri Istituti. Un carisma vivo cammina, si muove, non ha fissa dimora, e là dove arriva è a casa sua.
Il rapporto tra consacrata (o Istituto) e il popolo da cui viene accolta è di reciprocità: il carisma «passa» dalla consacrata/Istituto al popolo ma il popolo restituisce una elaborazione carismatica originale, che reca l’impronta del «genio» del popolo stesso. La tartaruga mangia la verdura del luogo in cui si trova e questa verdura la nutre e la fa crescere. L’inculturazione carismatica e l’interculturalità all’interno dei nostri Istituti diviene allora vera fonte di rinnovamento: lo stimolo dato dal contatto con esperienze altre, i diversi modi di ricevere e restituire il patrimonio carismatico contribuiscono ad arricchirlo. Da questi incontri, il carisma ne esce rigenerato, rafforzato, cresciuto, moltiplicato, fecondo, variopinto, e sempre più se stesso, vigoroso, raffinato, purificato, in grado di restituire alla congregazione nuova vita e nuove prospettive.
SR. SIMONA BRAMBILLA, MC