Per una nuova stagione di impegno politico dei credenti
2023/9, p. 40
Il Codice di Camaldoli. Tra mito e storia una vicenda ricolma di futuro, un convegno voluto dalla comunità dei monaci benedettini di Camaldoli, dal settimanale «Toscana oggi», dalla Conferenza episcopale toscana e fatto proprio anche dalla CEI, ha inteso ricordare gli 80 anni del documento conosciuto appunto come «Codice di Camaldoli».
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IL CODICE DI CAMALDOLI
Per una nuova stagione
di impegno politico dei credenti
Il Codice di Camaldoli. Tra mito e storia una vicenda ricolma di futuro, un convegno voluto dalla comunità dei monaci benedettini di Camaldoli, dal settimanale «Toscana oggi», dalla Conferenza episcopale toscana e fatto proprio anche dalla CEI, ha inteso ricordare gli 80 anni del documento conosciuto appunto come «Codice di Camaldoli».
Il 18 luglio 1943 si svolse, nel monastero aretino, la riunione da cui doveva iniziare il complesso processo di redazione del documento. Ci si proponeva di giungere alla pubblicazione di un testo in cui i problemi economici e sociali del momento fossero presentati alla luce di un’aggiornata riflessione teologica. Così, in piena Seconda Guerra mondiale, una nuova generazione di cattolici avvertì il bisogno di «prendere posizione» guardando con speranza a un nuovo ordine sociale e politico, allontanandosi sia dal corporativismo fascista che dal liberalismo. Quel «pensatoio» affrontò sette temi cruciali: lo Stato, la famiglia, l’educazione, il lavoro, la produzione e lo scambio, l’attività economica, la vita internazionale. Questa ricchezza di pensiero è stata al centro dei lavori del recente convegno che, con l’apporto di autorevoli studiosi, ha potuto riflettere su come i temi del Codice abbiano influenzato il laboratorio che ha poi dato vita alla Costituzione repubblicana. Il metodo e lo stile del Codice può essere una bussola utile in un tempo in cui misuriamo il divorzio tra cultura e politica, con laici cristiani impegnati in politica che fanno molta fatica a dimostrare l’attualità e l’attuabilità del vangelo. A questo fine giova ricordare un passaggio della «Premessa sul fondamento spirituale della vita sociale» contenuta nel testo scaturito 80 anni fa: «I principi qui sopra esposti costituiscono le uniche e imprescindibili condizioni perché la coscienza pratica degli uomini mantenga la sua umanità, e il mondo della Storia parimenti si mantenga mondo umano cioè degno dell'uomo e non lotta selvaggia. Questi principi sono i “postulati della genuina umanità”: ed è proposizione centrale, che costituisce uno dei maggiori […]; tra le leggi che regolano la vita del fedele cristiano e i postulati di una genuina umanità non c'è contrasto ma comunanza e mutuo appoggio, il che è conforme alla ragione profonda delle cose perché l'autore del Vangelo è l'autore dell'uomo (cf n. 7 Vita cristiana e civiltà umana)».
Il contributo di Sergio Mattarella
In vista del convegno, il presidente della Repubblica ha inviato il seguente messaggio alle testate della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc).
«Quando un regime dittatoriale, come quello fascista, giunge al suo disfacimento, a provocarlo non sono tanto le sconfitte militari, quanto la perdita definitiva di ogni fiducia da parte della popolazione, che misura sulla propria vita il divario tra la realtà e le dichiarazioni trionfalistiche. Si apre, in quei giorni, una transizione, a colmare la quale la tradizionale dirigenza monarchica palesa tutta la sua pochezza, dopo il colpevole tradimento delle libertà garantite dallo Statuto Albertino. In quel luglio 1943, nel momento in cui il suolo della Patria viene invaso dalle truppe ancora nemiche, mentre il Terzo Reich si trasforma rapidamente da alleato in potenza occupante, entrano in gioco le forze sane della nazione, oppresse nel ventennio della dittatura. La lunga vigilia coltivata da coloro che non si riconoscevano nel regime trova sbocco, anche intellettuale, nella preparazione del “dopo”, del momento in cui l’Italia sarebbe nuovamente risorta alla libertà, con la successiva scelta dell’ordinamento repubblicano. Trova radice in questo l’esercizio di Camaldoli, voluto dal Movimento laureati cattolici e dall’ICAS, l’Istituto cattolico attività sociali. Siamo nel pieno di una svolta: nel maggio 1943 le truppe dell’Asse in Tunisia si arrendono, ponendo fine alla campagna dell’Africa del Nord; il 10 luglio avviene lo sbarco delle truppe USA in Sicilia. Il 19 luglio l’aviazione alleata dà avvio al primo bombardamento su Roma per colpire lo scalo ferroviario di San Lorenzo, con migliaia le vittime. Il 24 luglio sarà lo stesso Gran Consiglio del fascismo a porre termine all’avventura di Mussolini. Il convegno di Camaldoli si conclude il giorno precedente, mostrando di aver saputo avvertire il momento cruciale della svolta della storia nazionale.
Oggi possiamo cogliere il valore della riflessione avviata sul futuro dell’Italia e lo sforzo di elaborazione proposto in quei frangenti dai circoli intellettuali e politici che non si erano arresi alla dittatura. Dal cosiddetto Codice di Camaldoli, al progetto di Costituzione confederale europea e interna di Duccio Galimberti e Antonino Repaci, all’abbozzo di Silvio Trentin per un’Italia federale nella Repubblica europea, alla Dichiarazione di Chivasso dei rappresentanti delle popolazioni alpine, al Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi, alle “idee ricostruttive della Democrazia Cristiana”, che De Gasperi aveva appena fatto circolare, non mancano sogni e progetti lungimiranti per fare dell’Italia un Paese libero e prospero in un’Europa pacificata.
A settantacinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica è compito prezioso tornare sulle riflessioni che hanno contribuito alla sua formazione e alle figure che hanno avuto ruolo propulsivo in quei frangenti. Ecco allora che il testo “Per la comunità cristiana. Principi dell’ordinamento sociale”, dispiega tutta la sua forza, sia come tappa di maturazione di quello che sarà un impegno per la nuova Italia da parte del movimento cattolico, sia come ispirazione per il patto costituzionale che, di lì a poco, vedrà impegnati nella redazione le migliori energie del Paese, con il contributo, fra gli altri, non a caso, di alcuni fra i redattori di Camaldoli. Occorreva partire, anzitutto, dal ripristino della legalità, violentata dal fascismo, riconosciuta persino nell’ordine del giorno dei Grandi al Gran Consiglio, con l’esplicita indicazione dell’esigenza del “necessario immediato ripristino di tutte le funzioni statali”, dopo una guerra che il popolo italiano non aveva sentita “sua”, con aggravata “responsabilità fascista”.
Da Camaldoli vengono orientamenti basilari, che riscontriamo oggi nel nostro ordinamento. Anzitutto la affermazione della dignità della persona e del suo primato rispetto allo Stato – con il rifiuto di ogni concezione assolutistica della politica – da cui deriva il rispetto del ruolo e delle responsabilità della società civile. Di più, sulla spinta di un organico aggiornamento della Dottrina sociale della Chiesa cattolica, emerge la funzione della comunità politica come garante e promotrice dei valori basilari di uguaglianza fra i cittadini e di promozione della giustizia sociale fra di essi. Si identifica poi, con determinazione, il principio della pace: “deve abbandonarsi il funesto principio che i rapporti internazionali siano rapporti di forza, che la forza crei il diritto…”. Occorre “la creazione di un vero e non fittizio o formale ordine giuridico che subordini o conformi la politica degli Stati alla superiore esigenza della comune vita dei popoli”.
Vi è ragione di essere ben orgogliosi, guardando ai Padri fondatori del Codice di Camaldoli, per il segno che hanno saputo imprimere al futuro della società italiana, anche sul terreno della libertà di coscienza per ogni persona, descritta, al paragrafo 15, come “esigenza da tutelare fino all’estremo limite delle compatibilità con il bene comune”. Il cardinale Matteo Zuppi, nella sua lettera alla Costituzione, due anni or sono, riprendendo una considerazione del costituente Giuseppe Dossetti, iniziava così: “Hai quasi 75 anni, ma li porti benissimo! Ti voglio chiedere aiuto, perché siamo in un momento difficile e quando l’Italia, la nostra patria, ha problemi, sento che abbiamo bisogno di te per ricordare da dove veniamo e per scegliere da che parte andare…».
Non vi sono parole migliori.
M.C.