Per avere la vita
2023/4, p. 34
Il libro di P. Matteo Ferrari, monaco benedettino camaldolese, ci conduce in modo mirabile, documentato e approfondito, spiritualmente vibrante e vivo, lungo la via percorsa da Gesù insieme ai suoi discepoli, prima e dopo la Pasqua. In questo cammino troviamo tutte le pietre miliari dell’itinerario della Chiesa nascente,
necessarie anche oggi per il cammino sinodale in atto in tutte le Chiese del mondo: ascolto, preghiera, conversione, discernimento, gioia, missione...
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Testimoni
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Matteo Ferrari
«Per avere la vita»
Lo stile di Gesù per una Chiesa sinodale. Un percorso nell’opera lucana
Cittadella Editrice – Assisi (PG), 2022p. 190, € 14,90
Parlare di «sinodalità», è fare riferimento all’identità originaria della vita della Chiesa. La Chiesa, in «cammino sinodale», non fa altro che rinnovare lo stile delle sue origini, che è lo stile del suo Signore.
Il libro di P. Matteo Ferrari, monaco benedettino camaldolese, ci conduce in modo mirabile, documentato e approfondito, spiritualmente vibrante e vivo, lungo la via percorsa da Gesù insieme ai suoi discepoli, prima e dopo la Pasqua. In questo cammino troviamo tutte le pietre miliari dell’itinerario della Chiesa nascente, necessarie anche oggi per il cammino sinodale in atto in tutte le Chiese del mondo: ascolto, preghiera, conversione, discernimento, gioia, missione...
Il percorso nell’opera lucana si sviluppa in 5 capitoli introdotti da una prefazione di mons. Erio Castellucci e da una presentazione dello stesso autore sullo stile di Dio, «stile di vicinanza, compassione e tenerezza». Ogni capitolo segue una dinamica pedagogica che parte dall’approccio alla Parola, per passare a una parte centrale di riflessione e di dialogo, fino a concludersi con proposte di verifica e invito all’attualizzazione: maturare scelte adeguate perché oggi ogni comunità cristiana si senta convocata, in stato permanente di conversione, capace di ascolto e di preghiera, ospitale e missionaria.
I gesti di Gesù, gli insegnamenti, gli sguardi, gli incontri, i diversi modi di farsi presente e i diversi segni per farsi riconoscere, sono altrettanti passaggi orientati ad introdurre il lettore a un graduale cammino di purificazione, di trasformazione, di riconoscimento, di consapevolezza.
La conclusione del libro è sostanzialmente come un sesto capitolo che, attraverso la narrazione dell’incontro di Filippo con l’eunuco, orienta a delineare la natura missionaria della comunità cristiana.
Ascolto e preghiera
Solo la lettura personale e integrale del libro di p. Matteo, permette di cogliere tutta la ricchezza che lo caratterizza. Tuttavia è utile evidenziare che l’elemento decisivo del percorso sinodale e del discernimento ecclesiale che il testo ci indica, è il passaggio attraverso le Scritture. «Se non passiamo attraverso le Scritture non possiamo avere la chiave di lettura per comprendere la realtà, per passare dalla nostra lettura della storia alla lettura di Dio. L'ascolto della Scrittura ci dona di rileggere la nostra storia con gli occhi di Dio. Ma non si tratta di cercare «la ricetta» pronta. La Scrittura non è né un ricettario né un prontuario nel quale trovare risposte facili. È un lavoro di ricerca e di confronto, per mettere insieme la nostra esperienza con la Parola sempre nuova che il Signore rivolge oggi alla sua Chiesa e all'umanità».
Infatti, «lo Spirito, secondo la promessa del Signore, non si limita a confermare la continuità del Vangelo di Gesù, ma illuminerà le profondità sempre nuove della sua Rivelazione e ispirerà le decisioni necessarie a sostenere il cammino della Chiesa» (DP 16). Pertanto «una comunità cristiana può interrogarsi sullo spazio dedicato alle Scritture, non solo nella liturgia, ma anche in altre occasioni, in altri luoghi o nelle piccole comunità. Deve chiedersi se essa crede realmente che queste Scritture – che dichiara sacre o ispirate – la aiuteranno a trovare il proprio cammino pastorale in correlazione con quanto avviene nelle nostre società».
Nel discernimento ecclesiale, dopo l'ascolto della Parola, è necessaria la preghiera. «Non tanto la preghiera rivolta a Dio perché faccia la nostra volontà e segua le nostre vie, ma perché egli rimanga con noi. Una preghiera che esprime la nostra volontà, la nostra decisione di non separare il nostro cammino dal suo, anche quando non comprendiamo fino in fondo la sua volontà: solo illuminati dalla Parola di Dio e uniti nella preghiera, saremo in grado di discernere i processi da attivare per cercare la volontà di Dio e seguire le vie che Dio ci chiama a percorrere – verso una comunione più profonda, una partecipazione più piena e una maggiore apertura a compiere la nostra missione nel mondo», con occhi e cuore risanati e convertiti.
Conversione e missione
Non ci si converte solo guardando al proprio errore e al proprio peccato, ma ci si converte davanti alla santità di Dio, «esposti» alla sua Parola. Dall'incontro con Dio nasce la possibilità di una nuova vita e la possibilità di frutti nuovi. Il luogo dell’insuccesso e della sconfitta degli uomini, se abitato dalla Parola di Dio, diviene luogo di vita e di abbondanza; sentieri umani di morte possono diventare percorsi di resurrezione. La Chiesa deve essere sempre in stato di conversione. «Ogni vero incontro non ci lascia come prima, ma diviene vocazione e missione. La Parola di Dio quando si comunica, è sempre una chiamata. Tuttavia, la Parola non chiama l’uomo a diventare un altro, a lasciare la sua storia: si è chiamati a cambiare, ma così come si è, con le proprie capacità, con i propri limiti, con i propri slanci e con le proprie incertezze... La nostra vita non è annullata, ma trasfigurata dalla Parola. La prima vera conversione che la Parola ci invita a fare è quella che riguarda le nostre immagini di Dio. Gesù con la sua vita e la sua parola è proprio venuto a «raccontarci» (Gv 1,13) il volto di Dio, a convertire le nostre immagini – a volte mostruose – di Dio».
A partire dal racconto dei discepoli di Emmaus, narrato nella seconda parte del cap. V, possiamo vedere con chiarezza il senso del percorso sinodale nel fare nostro lo stile di Gesù. Il riferimento che l’A. inserisce, a un testo di Christoph Theobald è molto significativo: «Sono convinto che il futuro non della tradizione cristiana, ma della sua forma ecclesiale in Europa dipende dalla capacità delle nostre comunità di esercitare il ministero di Cristo Gesù in modo tale che il Vangelo possa raggiungere il cuore dei nostri contemporanei, di riprenderne quindi, oggi, l'opera di taumaturgo nel farsi prossimo, soprattutto dei più bisognosi, di accogliere liberamente i nuovi battezzati e di riunirsi attorno alla cena del Signore; e questo nell'umile consapevolezza che la comunitarizzazione della fede cristiana rimane il dono di colui che, giorno dopo giorno, convoca la sua Chiesa».
La comunione – «parola chiave» del percorso sinodale – è il punto di arrivo e, allo stesso tempo, la verifica del cammino. La meta del percorso sinodale e del discernimento ecclesiale è dunque la comunione, la gioia, la missione.
La Pasqua di Gesù modello e compimento
«Una Chiesa dal volto sinodale non può che avere nella pasqua di Gesù il suo punto di riferimento ultimo. In fondo è la vita cristiana stessa che trova nella morte e risurrezione del Signore il suo senso e la sua fonte, il suo modello e il suo compimento». E nella condivisione dell'unico pane spezzato, nell’eucaristia, si alimenta e si edifica l'unità e la comunione della Chiesa, comunione con Dio e con i fratelli. «La pasqua di Gesù è il fondamento dell'unità e della comunione; ma anche il modello della solidarietà con l'umanità. Il senso di una Chiesa che va incontro agli ultimi e ascolta la loro voce si radica nel dono di vita di Gesù sulla croce e nel dono dello Spirito che egli dona per fare nuove tutte le cose». Sulla croce del Signore trovano verità le parole del documento preparatorio del sinodo, dove si afferma che «una Chiesa capace di comunione e di fraternità, di partecipazione e di sussidiarietà, nella fedeltà a ciò che annuncia, potrà mettersi a fianco dei poveri e degli ultimi e prestare loro la propria voce» (DP 9). Dal racconto della passione del Signore emerge anche il fondamento dell'esercizio dell'autorità nella comunità dei discepoli e quindi della Chiesa. «Il Regno» è di Gesù: «è lui che ci rivela il volto della vera autorità che si fonda non sulla ricerca della propria salvezza, ma sulla logica dell'amore, del servizio e del dono».
ANNA MARIA GELLINI