La Mela Maria Cecilia
Ester, la preghiera di fiducia
2023/4, p. 30
Di fronte alle decisioni difficili della vita, Ester sa prendersi tempo; sa ritrovare forza e bellezza dentro una relazione con il Signore, sa custodire l’intimità con il suo Dio per esporsi poi sulla scena politica e pubblica.

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Testimoni
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FIDUCIA E AFFIDAMENTO
Esterla preghiera di fiducia
Di fronte alle decisioni difficili della vita, Ester sa prendersi tempo; sa ritrovare forza e bellezza dentro una relazione con il Signore, sa custodire l’intimità con il suo Dio per esporsi poi sulla scena politica e pubblica.
Chiediamo alla regina Ester, con tutta la sua grazia e il suo fascino, di introdurci in questa riflessione sulla preghiera di fiducia. Già precedentemente, trattando della preghiera di affidamento e lasciandoci guidare dall’esperienza vissuta da Tobia e Sara, abbiamo sottolineato come fiducia e affidamento si presuppongano l’un l’altro sia a livello semantico e soprattutto in quanto l’uno conseguente all’altro, entrambi legati all’atto di fede.
C’è tutto un cammino di maturazione che sta dietro alla preghiera di Ester e che la porta a fidarsi totalmente del Signore ben oltre ogni possibile rischio. A guidarla è l’anziano parente Mardocheo che aveva adottato la giovane orfana crescendola nella tradizione dei padri e nella fedele osservanza alla Torah. Non possiamo dunque non puntare per prima i riflettori su questo pio israelita che aiuta Ester - nel frattempo presa in sposa dal re persiano Assuero - a leggere la propria storia personale intrecciata a quella di Israele e provvidenzialmente guidata dalla mano di Dio, anche se deve passare attraverso il complotto del malvagio Aman, consigliere del re, che decreta lo sterminio dell’intero popolo. In giorni caratterizzati da grande angoscia e paura, solo la preghiera diventa la forza che tiene desta la speranza e apre spiragli di luce anche nell’oscurità più fitta. Da una iniziale resistenza volta a salvare la propria vita, Ester prende consapevolezza del progetto di Dio su di lei e si consegna definitivamente per essere strumento di salvezza per la propria gente. Ciò non le risparmia però l’umanissima angoscia; tuttavia ella trova il coraggio proprio a partire dalla certezza che il Signore è fedele e non abbandona il suo popolo. Dopo aver detto il suo sì, Ester ordina che tutti preghino e digiunino. Dall’umile casa di Mardocheo si innalza pure una preghiera accorata e fiduciosa: «Signore, Signore re, sovrano dell'universo, tutte le cose sono sottoposte al tuo potere e nessuno può opporsi a te nella tua volontà di salvare Israele.
Tu hai fatto il cielo e la terra e tutte le meraviglie che si trovano sotto il firmamento. Tu sei il Signore di tutte le cose e nessuno può resistere a te, Signore. […] Ora, Signore Dio, Re, Dio di Abramo, risparmia il tuo popolo! […] Ascolta la mia preghiera e sii propizio alla tua eredità; cambia il nostro lutto in gioia, perché vivi possiamo cantare inni al tuo nome, Signore, e non lasciare scomparire la bocca di quelli che ti lodano».
Quasi fatta un’unica preghiera «a distanza ravvicinata», la regina Ester, nelle fastose stanze della reggia, cerca rifugio presso il Signore: «Mio Signore, nostro re, tu sei l'unico! Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso se non te, perché un grande pericolo mi sovrasta. Io ho sentito fin dalla mia nascita, in seno alla mia famiglia, che tu, Signore, hai scelto Israele da tutte le nazioni e i nostri padri da tutti i loro antenati come tua eterna eredità, e hai fatto loro secondo quanto avevi promesso. Ora abbiamo peccato contro di te e ci hai messi nelle mani dei nostri nemici, per aver noi dato gloria ai loro dèi. Tu sei giusto, Signore! […]. Ricordati, Signore; manifestati nel giorno della nostra afflizione e a me dà coraggio, o re degli dèi e signore di ogni autorità. Metti nella mia bocca una parola ben misurata di fronte al leone e volgi il suo cuore all'odio contro colui che ci combatte, allo sterminio di lui e di coloro che sono d'accordo con lui.
Quanto a noi, salvaci con la tua mano e vieni in mio aiuto, perché sono sola e non ho altri che te, Signore! […] La tua serva da quando ha cambiato condizione fino ad oggi, non ha gioito di nulla, se non di te, Signore, Dio di Abramo.
Dio, che su tutti eserciti la forza, ascolta la voce dei disperati e liberaci dalla mano dei malvagi; libera me dalla mia angoscia!» (Est 4, 1-17z).
«Oscurità lucente»
Quante volte, di fronte ad eventi drammatici che coinvolgono l’umanità e il creato, o a dure prove personali da accettare, o alla stessa modalità salvifica per cui la nostra redenzione è costata l’atroce passione e morte del Nostro Signore Gesù, ci è capitato di rimanere sconcertati, confusi, persino atterriti. Eppure, nel momento di piena adesione della fede, di intensa preghiera, ci siamo affidati quasi esclamando: «Mio Dio, io non comprendo, ma mi fido». Quando si parla dei cosiddetti «misteri» della fede non dobbiamo intendere per mistero un qualcosa di altro che ci sovrasta, come il fato per gli antichi greci, in una sorta di cieco determinismo, di inaccessibilità, di fredda lontananza. Si sperimenta invece che il Mistero, a volte incomprensibile alla ragione, apre la porta del cuore perché si presenta e ci raggiunge come Amore. Allora si sperimenta che l’oggetto della fede è una Persona che ci ama infinitamente e incondizionatamente, è il Creatore, il Padre buono, il Salvatore.
L’inno del congresso eucaristico svoltosi a Catania nel 1959 consegnava alla riflessione orante un ossimoro davvero pregnante: «Oscurità lucente». Impossibile spiegare a parole la «folgorazione» interiore di questo accostamento poetico che non sgomenta, bensì chiarisce, rassicura, conferma. Viaggiando in percorsi caratterizzati da sequenze di gallerie, può capitare di leggere, apposta a mano da qualcuno sul cartello indicativo della lunghezza della galleria e della visibilità interna ad essa, la scritta: «Dio c’è». Sì, alla fine del tunnel, dopo ogni notte, la visibilità si accresce. Così è la fede che si irrobustisce e matura anche, e forse soprattutto, attraversando i momenti difficili, di dubbio, ma sentendosi accompagnati dal Signore.
È quanto vissuto dalla bella regina Ester: «Digiuna, si veste con abiti dimessi, prega con intensità […]. Poi veste gli abiti da regina […]. Di fronte alle decisioni difficili della vita, quando ne va di lei e di coloro che ama, sa prendersi tempo; sa ritrovare forza e bellezza dentro una relazione con il Signore, sa custodire l’intimità con il suo Dio per esporsi poi sulla scena politica e pubblica. La conclusione del racconto, tra molte altre vicende, è la celebrazione di una festa, la festa di Purim, che servirà a ricordare, fino ad oggi, che il Signore salva il suo popolo rovesciando le sorti. Ester, regina segnata da una debolezza radicale, è all’origine di questo ribaltamento, lei piccola sorgente si trasforma in un fiume dalla forza travolgente attraverso la decisione di dare la vita per il suo popolo […]. Forse anche noi consacrati siamo chiamati a generare vita nelle situazioni di morte, a credere nella forza e promessa della vita più che alle minacce e alla paura della morte».
In un contesto sociale in cui sembra prevalere un diffuso senso di sfiducia in ogni cosa, nella vita, nelle persone, in se stessi, dove si cerca di narcotizzare i sentimenti più profondi e lasciarsi imbalsamare dalla paura, dal sospetto, dalla diffidenza, ecco che come cristiani siamo chiamati a testimoniare il mistero della fede celebrato in ogni Eucaristia – annuncio della morte del Signore, proclamazione della sua resurrezione e attesa della sua venuta – e poter dire con san Paolo: «So a chi ho dato la mia fiducia» (2Tm 1,12). Come scrive don Serafino Tognetti, «la fede in Dio è tutto […]. La vita ci propone delle difficoltà, delle circostanze difficili, tuttavia non dobbiamo fissare l’attenzione su di esse, anche se ci sembrano insuperabili, ma su Dio che nella sua divina Provvidenza permette quelle prove […]. Tutti i personaggi del popolo di Dio furono messi alla prova nella fede. Per ottenere ogni bene, infatti, occorre combattere, e la lotta più tenace è quella della fiducia. Dio non fa che chiedere una cosa sola anche oggi: la fiducia in Lui».
E noi ne abbiamo?
SUOR MARIA CECILIA LA MELA, OSBAP