Ronzoni Giorgio
L’abuso spirituale: riconoscerlo per prevenirlo
2023/7, p. 1
È una trappola in cui è facile entrare e da cui è difficile uscire. L’esca seducente è costituita dalla promessa di un rapporto speciale con Dio, di un accesso a una «spiritualità superiore». Don Giorgio Ronzoni, parroco di Santa Sofia in Padova e docente di Teologia pastorale alla Facoltà teologica del Triveneto, che ne ha recentemente offerto un’analisi accurata e ben documentata nel volume L’abuso spirituale. Riconoscerlo per prevenirlo, ce ne restituisce in queste pagine un quadro sintetico e a un tempo esauriente. Le sue riflessioni si focalizzano su un fenomeno che si verifica in particolare nel contesto della direzione spirituale o dell’accompagnamento spirituale, ma anche all’interno di rapporti caratterizzati dalla posizione di «autorità» di una persona, che può indurre i più fragili a perdere ogni autonomia.

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L’abuso spirituale:riconoscerlo per prevenirlo
È una trappola in cui è facile entrare e da cui è difficile uscire. L’esca seducente è costituita dalla promessa di un rapporto speciale con Dio, di un accesso a una «spiritualità superiore». Don Giorgio Ronzoni, parroco di Santa Sofia in Padova e docente di Teologia pastorale alla Facoltà teologica del Triveneto, che ne ha recentemente offerto un’analisi accurata e ben documentata nel volume L’abuso spirituale. Riconoscerlo per prevenirlo, ce ne restituisce in queste pagine un quadro sintetico e a un tempo esauriente. Le sue riflessioni si focalizzano su un fenomeno che si verifica in particolare nel contesto della direzione spirituale o dell’accompagnamento spirituale, ma anche all’interno di rapporti caratterizzati dalla posizione di «autorità» di una persona, che può indurre i più fragili a perdere ogni autonomia.
Quando, nel 2016, pubblicai il libro Le sètte «sorelle». Modalità settarie di appartenenza a gruppi, comunità e movimenti ecclesiali? non avevo mai sentito parlare di abuso spirituale, eppure è qualcosa che accade proprio nelle realtà settarie. I primi articoli in italiano li ho trovati in rete nel 2018, ma papa Francesco aveva già accennato a questo problema, usando però un vocabolo spagnolo: nel 2013, durante l’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, disse: «L’incontro con Cristo è un incontro personale. Non si può manipolare. In questo tempo noi abbiamo una grande tentazione nella Chiesa, che è l’acoso [molestia] spirituale: manipolare le coscienze; un lavaggio di cervello teologale, che alla fine ti porta a un incontro con Cristo puramente nominalistico, non con la Persona di Cristo Vivo. Nell’incontro di una persona con Cristo, c’entra Cristo e la persona! Non quello che vuole l’ingegnere spirituale che vuol manipolare».
In quella frase c’era già tutto l’essenziale: un «ingegnere spirituale», cioè uno che ha pronte delle formule per ogni situazione, si intromette nel rapporto tra Cristo e la persona che gli si affida, manipolando la sua coscienza.
Senza esserne consapevoli né colpevoli, possono essere proprio le persone in ricerca di consiglio a chiedere che chi le accompagna risparmi loro il laborioso ascolto della propria coscienza che, va ricordato, è definita da Gaudium et spes 16 come «il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità».
Chi accompagna non deve assecondare questa richiesta, ma educare piuttosto all’ascolto della propria interiorità, altrimenti si cade nell’abuso spirituale e di coscienza. Nell’abuso spirituale un’autorità religiosa, spesso affascinante, si frappone tra Dio e la coscienza di coloro che si affidano alla sua guida. Questa «guida» ritiene di sapere ciò che Dio vuol dire alle persone che le obbediscono e in tal modo acquista un potere assoluto perché parla a nome di Dio e quindi può imporre letteralmente qualsiasi cosa a quelli che le si affidano.
Il ruolo dell’accompagnatore spirituale è ben diverso, perché Dio si comunica alla coscienza delle persone tramite mozioni che poi esse confidano a colui o colei che le accompagna. Con la sua esperienza e sapienza questi aiuta progressivamente e rispettosamente le persone a comprendere meglio desideri, dubbi, timori, speranze, avversioni e propensioni… tutto ciò che si muove nella loro coscienza, fino a quando esse raggiungono una certezza morale sulla volontà di Dio per loro. Invece, negli abusi di potere spirituale il nome di Dio è utilizzato per sottomettere le persone, talvolta fino a ridurle in stato di schiavitù.
Ma come avviene di fatto l’abuso spirituale? Da quali segni riconoscerlo? Quali fattori principali entrano in gioco? Come prevenirlo?
Tre gradi di abuso
Come per altre forme di abuso, esistono varie gradazioni di abuso spirituale:
a)La negligenza spirituale: si verifica quando la libertà spirituale e l’autoefficacia delle persone non sono sostenute, quando non hanno accesso al cibo spirituale (informazione, cultura teologica, formazione ecc.) di cui hanno bisogno.
b)La manipolazione spirituale: consiste nel prendere il controllo e dominare la vita spirituale degli altri, spesso senza ammetterlo e preferibilmente senza che se ne accorgano. Grazie a esternazioni cariche di emotività, alla trasmissione di informazioni parziali o fatti inventati, alla formulazione di giudizi morali, minacce sottili, giochi di potere o dinamiche relazionali, i manipolatori raggiungono l’obiettivo di dominare la vita interiore e la vita spirituale degli altri.
c)La violenza spirituale vera e propria: è spesso particolarmente crudele. Ci sono superiori che rompono le relazioni dei religiosi coi loro amici e le loro famiglie, per esempio costringendoli a rinunciare alle loro foto di famiglia o a bruciarle davanti a loro, costringendoli a digiunare o a lavorare oltre ogni limite e mettendo a rischio la loro salute fisica e mentale, costringendoli a subire esorcismi o terapie pseudomediche controindicate. Tutto questo avviene facendo credere che sia volontà di Dio e inducendo a glorificare la sofferenza, anche strumentalizzando la passione di Gesù: Gesù è stato crocifisso e ora tocca anche a te.
Tre tipi di manipolatori
Esistono anche vari tipi di manipolatori, più o meno pericolosi e nefasti che si differenziano per l’intenzione che li motiva, più che per il loro comportamento.
1. Il manipolatore superprotettore o «salvatore»: vuole fare il tuo bene malgrado te, crede di sapere cosa è bene per te. È difficile determinare esattamente dove finisce la buona intenzione e comincia la manipolazione. Manipola con intenzioni che sono, a suo parere, lodevoli: parte dal presupposto che l’altro non è capace di essere, di comprendere e di scegliere da solo. In realtà, le persone alle quali il superprotettore viene in aiuto gli permettono di compensare certe sue difficoltà: è in effetti codipendente e ha bisogno di questo comportamento per le carenze di cui non è cosciente. Si sente responsabile degli altri e non ha più accesso alle proprie emozioni; si fa carico dei fedeli, dei loro sentimenti, decisioni, pensieri, benessere, problemi; vola in loro soccorso per valorizzarsi: in realtà ha un immenso bisogno di essere amato e considerato.
2. L’egocentrico: è un leader che soffre, come il precedente, di un deficit di stima di sé. Si serve degli altri per nutrire il suo nucleo narcisista mal costruito. Manca di riconoscimento e cerca segni di attenzione per compensare questa mancanza: è lo sguardo dei fedeli che lo nutre. Crea attorno a sé una corte che gli fornisce abbondanti segni di gratitudine; al contrario, rigetta quelli che non lo gratificano più o non lo fanno abbastanza spesso, cercando di emarginarli oppure ignorandoli totalmente. Non gli piace la concorrenza né l’ombra che gli fanno le personalità brillanti: compensa la debolezza del suo ego circondandosi di gregari che non possono più esistere da soli. Quelli che lo circondano non sono mai ascoltati o presi in considerazione per se stessi, ma per servire la sua gloria. Per questo è anche bugiardo e pratica la disinformazione.
3. Il perverso narcisista: è il più pericoloso. Anche se ha un’apparenza cristiana, vuole il male e non il bene. Mentre il manipolatore egocentrico, anche se è raro che avvenga, può riconoscere i fatti e cambiare atteggiamento quando è confrontato con le sue azioni e i loro effetti, il perverso narcisista è invece incapace di cambiare. La sua condotta abusante si esprime con comportamenti, parole, atti, gesti, scritti che attentano alla personalità, alla dignità, all’integrità fisica o psichica della vittima, facendole perdere completamente la stima di sé. È un processo di distruzione insidioso, sotterraneo di cui la vittima non osa lamentarsi. La dominazione del perverso paralizza la vittima mettendola in una posizione di incertezza, impedendole di pensare, soffocandola e mettendola alla propria mercé. Essa difficilmente ne prende coscienza e spesso rigetta l’idea di vivere una violenza psicologica.
Il leader perverso ha un senso di grandezza e non sopporta di essere superato: non ha un supervisore e non rende conto a nessuno. Tutto ciò che pensa, dice e fa è espressione della volontà di Dio, la salvezza passa solo attraverso di lui. È irresponsabile e psicorigido: solo il suo giudizio è valido. È paranoico: si sente perseguitato. Come i vampiri, ha bisogno di nutrirsi della sostanza dell’altro: quando non c’è la vita, deve tentare di appropriarsene o, se è impossibile, distruggerla perché non ci sia vita da nessuna parte. Immoralità sessuale e cattiveria sono conseguenze di questa struttura di personalità.
Il dirigente perverso entra in relazione con gli altri per sedurre: la sua personalità carismatica è irresistibile, le sue predicazioni brillanti, ma la sua seduzione non comporta alcuna affettività. La sua forza è l’insensibilità, non conosce alcuno scrupolo di ordine morale, non soffre, mantiene una distanza affettiva per non impegnarsi. Per accettarsi e affermarsi, deve trionfare e distruggere qualcuno: gioisce allora della sua sofferenza. Critica tutto e tutti, in questo modo si mantiene nell’onnipotenza: «Se gli altri sono nullità, io sono per forza migliore». Non è mai colpevole: tutto quel che va male è sempre colpa degli altri. L’efficacia dei suoi attacchi sta nel fatto che nessuno può immaginare che possa essere così sprovvisto di sollecitudine o di compassione.
GIORGIO RONZONI