La Mela Maria Cecilia
Maria e la preghiera di lode
2023/7, p. 29
Aprendo le pagine del vangelo e sfogliandole con in filigrana il tema della preghiera, incontriamo per prima Colei che per eccellenza è modello di orazione, di persona fatta preghiera. La Vergine Maria è la donna in ascolto, che vive di fede, si nutre della Parola di Dio e fa della preghiera un modo di essere, prima ancora che di fare.

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MODELLI DI PREGHIERA
Maria e la preghiera di lode
Aprendo le pagine del vangelo e sfogliandole con in filigrana il tema della preghiera, incontriamo per prima Colei che per eccellenza è modello di orazione, di persona fatta preghiera. La Vergine Maria è la donna in ascolto, che vive di fede, si nutre della Parola di Dio e fa della preghiera un modo di essere, prima ancora che di fare.
Nelle riflessioni precedenti abbiamo preso a esempio alcuni oranti del Primo Testamento, in quelle successive guarderemo ad alcuni del Secondo. Maria fa dunque da cerniera, li raccorda tutti fino a raggiungere l’apice in Gesù Cristo che ci consegna la preghiera stessa del Signore, la oratio Dominici.
Avendo seguito fino ad ora la disposizione canonica dei vari libri della Bibbia associando alle figure evocate particolati aspetti della preghiera, con Maria puntiamo l’attenzione sulla preghiera di lode: ci siamo soffermati già sulla preghiera di intercessione (Abramo), di pentimento (Esdra), di affidamento (Tobia e Sara), di fiducia (Ester), di domanda (Ezechia) e di liberazione (Daniele) e prossimamente mediteremo su quella di contemplazione (Simeone), di supplica (Cananea) e di ringraziamento (lebbroso), ebbene la preghiera di lode le raccoglie tutte e le trascende, se così possiamo dire. Nel Padre Nostro questo ventaglio di preghiera che si schiude sulle vicende dell’uomo, quasi sfaccettature di un unico prisma, elevandole verso Dio, ha il suo manico di tenuta aprendosi proprio con la lode: «Sia santificato il tuo nome». È quello che fa Maria: consegnandosi totalmente al Signore con il cosciente fiat alla sua volontà, si espropria totalmente di sé, non ha più rapporto con le sue pur legittime esigenze; non chiede, ma rimanda il suo io e la sua vita a Lui. Ancor più dopo il saluto di Elisabetta che la chiama «beata» «a Maria non rimane che cominciare a lodare Dio, intonando il Magnificat […]. Ella viene infiammata dallo Spirito Santo ed eleva un’immensa lode d’amore; quel potente inno alla bontà di Dio che ancor oggi ci è dato di intonare […]. Ella non ha mai tenuto per sé l’onore ricevuto, ma l’ha restituito, con amore e umiltà, senza riserve a Dio».
Preghiera e dono di sè
Maria è la Madre del Signore e rimane madre, oltre che figlia, in tutto quello che fa. È la maternità che accentua in lei questa totale oblatività. Se non pensare a se stessi è proprio di una mamma, figurarsi in Maria che è la «piena di grazia»! Tutto della vita di lei è per il Figlio in gestazione: il suo grembo, il suo sangue, ma anche i rischi, il pericolo della lapidazione, l’iniziale perplessità di Giuseppe, i rischi del viaggio verso Betlemme… tutto di lei è per il Figlio appena nato: il suo latte, il suo calore nell’inospitale rifugio su cui la stella si è posata e ancora rischi di un altro viaggio, in fuga verso l’Egitto e poi il ritorno... Tutto di lei è per il Figlio da accompagnare nella crescita, per farne un uomo e un vero israelita, anche quando non comprende. Cosa è quel «custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2, 19) se non un pregare continuando a lodare? «È importante non dimenticare che la pienezza di grazia di Maria non le toglieva la possibilità di peccare, proprio come era stato per Eva e Adamo anch’essi creati immacolati. Ma, al contrario dei progenitori, Maria non offese la Trinità, non si allontanò da Dio con il peccato personale e, per l’eccellente beneficio ricevuto dal Figlio, continua ad essere sommamente riconoscente a Lui. Così l’intera esistenza della Vergine è una lode al servizio del Signore».
La preghiera di lode è la preghiera più disinteressata, liberata dalla soggettività e volta a riconoscere la presenza amorevole di Dio, il suo agire giusto e provvidente, la magnificenza delle sue opere. È sì preghiera di contemplazione, di ringraziamento, ma va oltre, perché è totalmente sganciata da ogni schema possibile, da ogni tornaconto anche buono, per farsi puro riconoscimento, adorazione, inno, canto di glorificazione. La liturgia delle ore, in quanto lode alla Maestà divina, viene anche definita come sacrificium laudis. Il termine sacrificio va accolto nella sua accezione più bella, non come un qualcosa di gravoso che schiaccia la persona o che va fatto per forza con detrimento di una parte o di tutto se stessi. Il sacrificio sarebbe solo un gesto spietato, come imposto, se disgiunto dall’amore. Torna l’immagine della mamma che per amore non avverte il peso, il costo, dell’accudire il figlio. Ella si dà e si dà tutta. È questione di «devozione», ossia di dedicare se stessi a qualcun altro. Il sacrificio non è pertanto qualcosa che si subisce, ma un’offerta spontanea, una dedizione, un voler esprimere al massimo riconoscenza per il dono ricevuto facendosi a propria volta «restituzione», assenso. L’iniziativa è sempre di Dio; a noi è dato di rispondere e accogliere e, quindi, di lodare. Come afferma san Beda il Venerabile, «magnifica il Signore l’anima di colui che volge a lode e gloria del Signore tutto ciò che passa nel suo mondo interiore, di colui che, osservando i precetti di Dio, dimostra di pensare sempre alla potenza della sua maestà».
Lode senza fine
Se abbiamo contemplato l’icona della maternità in riferimento a Maria, e forse anche trasportate dalla nostra femminilità, non possiamo non completare il quadro senza giustamente riconoscere tanta gratuità nell’identità dell’uomo, del padre. Anche questi dà la vita, e può darla anche in una dimensione spirituale – basti pensare ai sacerdoti, così come è per noi consacrate – non in virtù della genitorialità ma della paternità. È il prendersi cura, il favorire la crescita, l’accompagnare il cammino, il dedicarsi a tempo pieno, cioè con tutto se stessi che fa di un uomo e di una donna un essere per l’altro. È il dinamismo profondo della carità, del farsi prossimo, del non dimenticare coloro che sono preziosi agli occhi di Dio, specialmente i piccoli e gli orfani. Ecco che Maria non smette di essere madre neppure dopo la morte del Figlio, anzi da madre di Gesù ci viene donata dalla croce come madre per tutti. Per Giovanni, per la Chiesa, per ogni figlio che il Figlio le affida.
Così, nella preghiera liturgica che scandisce la giornata, nel nostro impegno di farci voce di lode per tutti, saremo per i nostri fratelli e le nostre sorelle come quegli «Angeli di strada che nulla chiedono e attendono per se stessi. Tutto di sé donano nel servizio di incoraggiamento e consolazione. E come non invocati accorrono, così nell’amore nascosto di pura perdita si ritirano». Allora saremo capaci di cullare sogni e speranze, delusioni e dolori, attese e aneliti di una rinascita sempre possibile, perché anche nel crepuscolo, all’ora del vespro, possiamo intonare la preghiera di Maria all’Onnipotente senza sentirci soli in quella lode senza fine che imperfettamente cominciamo quaggiù, ma che sarà totalmente piena in Paradiso. Lì non avremo più richieste da fare, malattie o pericoli da cui essere liberati, non dovremo più neanche affidarci, perché saremo totalmente e pienamente nel seno di Dio che è Padre e Madre. Insieme a tutti i Santi «lo vedremo così come Egli è» (1Gv 3,2).
Alla Vergine Maria chiediamo pertanto di insegnarci l’arte della vera lode, di trasmetterci quel suo peculiare carisma di mettere al centro la gloria di Dio, di magnificare con le labbra e con il cuore «Colui che è Santo», perché tutta la nostra vita possa essere sempre una vivente dossologia, un inneggiare alla misericordia del Padre, alla bontà del Figlio e all’amore dello Spirito Santo.
suor MARIA CECILIA LA MELA, osbap