Sovernigo Giuseppe
Prevenzione e formazione
2023/6, p. 3
I fattori in campo per un’adeguata prevenzione e formazione sono vari e di diversa natura. Nell'articolo ne ricordiamo i principali.

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Prevenzione e formazione
I fattori in campo per un’adeguata prevenzione e formazione sono vari e di diversa natura. Qui, di seguito, ne ricordiamo i principali.
I - Superare il clericalismo ricorrente. Papa Francesco non si stanca di ricordare che «dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo». La mentalità clericale è quella di chi pensa che l’essere segnati dall’ordine sacro ponga non ai piedi del prossimo (come Gesù nel cenacolo), bensì su di un «piedistallo» di potere.
II - Affrontare al positivo il discontrollo emotivo, la disregolazione degli impulsi. Si tratta di una situazione di partenza e perdurante di una gestione confusa, a volte caotica, del mondo emotivo affettivo della persona, di un’instabilità affettiva abituale. Se non si impara un’adeguata regolazione emotivo-affettiva, facilmente si abuserà in una o più delle varie forme. Il discontrollo abitualmente non è frutto di un momento, ma un sintomo che segnala una condizione perdurante poco utile o nociva per la persona.
III - Le rigidezze come un sintomo. Il contrario della capacità di mettersi in cammino, di vivere un dinamismo di trasformazione è l’atteggiamento di rigidità. Questa è l’incapacità di coinvolgersi in una formazione che sia un effettivo cammino di trasformazione e crescita. Occorre poi fare luce sia sulla radice e sul terreno personale e comunitario che alimentano tali pratiche, sia sul contesto personale e comunitario di incubazione. Occorre partire dalla formazione interna della persona nelle due dimensioni contenutistica e processuale, verificate sul campo della vita. Spesso sono presenti anche problemi di confine di sé.
IV - Promuovere il laboratorio personale formativo. Per poter prevenire e formare occorre crescere da dentro della persona e coltivarne l’interiorità. Questo richiede l’attivazione e la cura del laboratorio personale o interiore. Si tratta di saper prendere ogni giorno un tempo, un quarto d’ora o una mezz’ora, in cui stare con se stessi, di fermarsi un po’ su di sé, di un rivedere da dentro la giornata nei suoi aspetti positivi e di limite, di un «habitare secum», come sottolinea san Benedetto, tramite un tempo d’essere, non solo per l’esame di coscienza. Spesso occorre passare dal viversi sotto esame o sotto sfida, a viversi come creature, con la propria ricchezza e limite, come salvati dal male, come chiamati a un compito preciso nella vita di cui essere responsabili.
V - Educarsi alla grammatica della vita affettiva e sessuale. Il giovane ha il diritto di sapere cosa avviene nell’equilibrio psicologico di chi fa una scelta come quella celibataria cui è connessa una rinuncia significativa; gli va detto con chiarezza – al di là d’ingannevoli spiritualismi – che vive in una situazione di povertà e persino di squilibrio, sul piano impulsivo, col rischio non così irreale di adottare varie compensazioni, sempre innocenti all’inizio, al fine di ristabilire quell’equilibrio… Il giovane andrebbe accompagnato a capire come affrontare realisticamente le crisi e non a subirle semplicemente, per viverle come momento formativo e non come tentazione fatale, per apprendere a leggere il proprio cuore e a non esser ingenuo. In quest’ottica non può essere assente una considerazione molto realistica sul ruolo del corpo e dei suoi confini nelle situazioni di coinvolgimento emotivo-affettivo. Andrà quindi favorita la possibilità di cammini di conoscenza di se stessi e anche di colloqui di crescita al fine di poter affrontare con profondità e serietà il proprio sviluppo psicosessuale e affettivo, la propria identità e identificazione sessuale, la capacità di relazionarsi con maturità con le donne e gli uomini”.
VI - Educarsi ed educare a una sana significatività di sé come degli altri. In vista di poter prevenire e formare gli altri nel servizio educativo, come in ogni altro servizio alla crescita, è «necessario che la persona della guida abbia effettivamente scoperto e assunto un significato valido per la sua vita». Un significato per la vita è valido se è capace di fornire alla persona senso ed energia, orizzonte e luce per attuare un superamento positivo comprovato delle difficoltà incontrate, talora delle pesanti frustrazioni. Questo comporta poter attingere a «una fonte di senso valida e duratura» quali sono la fonte religiosa o almeno quella filosofica, una forma di trascendenza affidabile.
VII - Chiedere il dono dell’umiltà. In realtà serve sapere bene che ciò che aiuta, cura e lenisce un po’ il dolore sofferto sarà la propria fedeltà di presenza discreta, rispettosa e solidale nel proprio cammino; la propria effettiva disponibilità a offrire l’aiuto che viene richiesto e la propria coerenza tra parole e scelte conseguenti.
Discipline in dialogo
Per favorire la prevenzione e un’adeguata formazione, per affrontare le dinamiche inconsistenti ricordate, occorre «un lavoro assiduo e approfondito con se stessi, un grande aiuto per chi ascolta e guida gli altri» (cf. Tomas Halik, Pomeriggio del Cristianesimo, il coraggio di cambiare, Vita e pensiero, Milano 2022, p. 191-203; Paola Bignardi, Sui seminari. Appunti in margine a una recente indagine, in Rivista del Clero italiano, 2/2023, p. 149-157).
Questo può avvenire anche in un accompagnamento spirituale, purché sia veramente attento al vissuto ed educhi al discernimento nel concreto, nella dialettica tra ascolto della persona e discernimento evangelico. Oppure può avvenire in un accompagnamento psicologico che positivamente riconosca la tipicità motivazionale delle dinamiche spirituali e della condizione ministeriale di un prete. Questo sarà possibile in un contesto in cui approcci spirituali e psicologici si trovino più costantemente in dialogo, anche critico, condividendo almeno gli orientamenti antropologici fondamentali.
GIUSEPPE SOVERNIGO