Sovernigo Giuseppe
Formare per prevenire
2023/6, p. 1
Giuseppe Sovernigo, presbitero della diocesi di Treviso, psicoterapeuta ed esperto di problematiche giovanili e familiari, ci presenta un attento studio sulle varie forme di abuso e sulle azioni preventive e formative da intraprendere per ridurre o togliere l’azione nefasta degli abusi.

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DAVANTI ALLO SCANDALO DEGLI ABUSI
Formare per prevenire
Al secondo Congresso latino-americano sulla prevenzione degli abusi, che si è tenuto ad Asuncion, in Paraguay, papa Francesco non ha fatto mancare il suo messaggio. Tema dell’incontro «Curare, informare e comunicare: elementi chiave per una gestione efficace dei casi di abuso sessuale». Francesco ha voluto ricordare l’incontro di quattro anni fa, in Vaticano, di vescovi e superiori religiosi di tutto il mondo con i membri della Curia romana per stigmatizzare «il problema tangibile della cattiva gestione degli abusi sessuali sui minori da parte della gerarchia della Chiesa», lasciando «una ferita indelebile» in tante persone. E ha ribadito che «chiunque sminuisca l'impatto di questa storia o minimizzi il pericolo attuale disonora coloro che hanno sofferto così tanto e inganna coloro che dice di servire». L'abuso sessuale da parte di chiunque nella Chiesa, ovunque si sia verificato, ha affermato con forza, «è un pericolo chiaro e presente per il benessere del popolo di Dio e la sua cattiva gestione continuerà a degradare il vangelo del Signore agli occhi di tutti». In queste pagine Giuseppe Sovernigo, presbitero della diocesi di Treviso, psicoterapeuta ed esperto di problematiche giovanili e familiari, ci presenta un attento studio sulle varie forme di abuso e sulle azioni preventive e formative da intraprendere per ridurre o togliere l’azione nefasta degli abusi.
La consapevolezza della realtà assai problematica e della dannosità degli abusi dei minori e delle persone più vulnerabili è andata crescendo in questi ultimi decenni. Gradatamente, e a volte forzatamente, si va aprendo gli occhi e il cuore su questa piaga che da tempo ferisce e fiacca tante persone variamente vittimizzate, nei confronti delle quali è richiesto un vero senso di responsabilità anche istituzionale.
Dopo due anni dall’inizio del progetto per il servizio nazionale per la tutela dei minori e persone vulnerabili della Conferenza episcopale italiana, il volume curato da Barbara Barbareschi e Paolo Rizzi, Proteggere, prevenire, formare. Primo rapporto sulla rete territoriale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, del novembre 2022, traccia un primo bilancio.
A partire dall’aspetto più eclatante degli abusi sessuali, emersi diffusamente nelle Chiese e nella società dagli anni 1980-90 in poi nelle varie parti del mondo, è venuta emergendo la coscienza di una pratica squallida e subdola nelle varie forme di abuso più esteso e variato.
Con il passare degli anni l’abuso sessuale ha aiutato a portare l’attenzione sulla sua origine, come pure sulla genesi delle altre forme di abuso in campo educativo e interpersonale verso i minori e le persone più vulnerabili, in particolare sull’abuso di potere e sull’abuso spirituale che ne stanno alla base (cf. i vari testi del magistero ecclesiale di papa Francesco, in particolare Vos estis lux mundi; Alberto Pellai, Tutto troppo prest., L’educazione sessuale dei nostri figli nell’era di internet, De Agostini, Milano 2022).
Ne è emersa una maggior coscienza del rischio che ogni azione e relazione educativa comportano in questo settore della formazione.
Ovviamente i fattori in questo settore della vita sono molteplici e di varia natura, parte consci e parte inconsci, entro il divenire evolutivo della concreta persona, individuali e sociali. Entro questa molteplicità di fattori, alcuni emergono per la loro particolare incisività, su cui è possibile e necessario svolgere un’azione di prevenzione e formazione adeguata degli educatori nelle loro molteplici funzioni e ruoli.
Di qui l’emergere di alcune domande centrali: in che cosa consiste l’abuso del minore e delle persone più vulnerabili? da che cosa esso si origina più facilmente nella persona dell’abusatore? qual è nelle persone il terreno predisponente all’abuso che richiede un’adeguata pedagogia? quale azione preventiva e formativa, personale e sociale, è necessario attivare per ridurre o togliere l’azione nefasta degli abusi nelle loro varie forme?
Ogni abuso avviene sempre all’interno di una relazione di fiducia che si è consolidata nel tempo. Rappresenta la terribile rottura di una relazione in cui una persona si è affidata, progressivamente consegnata e raccontata e, nel caso dell’abuso compiuto da un prete, ha parlato anche della sua fede, dei suoi dubbi e delle sue fatiche, ricevendone un apparente aiuto e anche suggerimenti spirituali. Un crimine come l’abuso non accade mai a caso, non è uno stupro improvviso, ma il frutto di una precisa manovra di adescamento.
Ciò che favorisce e alimenta il movente dell’abuso è il potere che una persona esercita su di un’altra sino ad arrivare a schiacciare e umiliare la sua dignità riducendola a un oggetto di cui potersi servire per gratificare i propri bisogni. Colui che abusa esercita questo potere sfruttando una sua superiorità che può essere legata all’età, al ruolo e all’autorità che ne deriva (quando si tratta di abusi in ambito ecclesiale facilmente può essere il confessore, la guida spirituale, il consigliere spirituale), ma anche alla sua fama, al suo prestigio, al suo stile di leadership spirituale e carismatica. Spesso tende a manipolare la vittima attraverso la sua competenza, la sua intelligenza e una ipocrita maschera di paternità.
È molto importante sapere che quello sessuale è l’ultimo anello di una catena di abusi sulla persona: sulla sua sensibilità e sulla sua coscienza, sulla sua libertà e i suoi sentimenti, sulle sue scelte e sui suoi giudizi. Si parla per questo di abuso di relazione, di fiducia, di ruolo, di coscienza, di potere, di abuso verbale, fisico, psichico, sessuale e spirituale.
Sono tre le situazioni ricorrenti di depistamento dal proprio compito nella vita o ruolo [Enrico Parolari, Aspetti psicopatologici dei delitti canonici, il caso della pedofilia, in Tredimensioni 10 (2013), p. 162]. Chi svolge ruoli diversificati di presidenza, di amministrazione, di guida, di educazione e di consiglio, come il prete o il laico, può essere esposto, più di altre figure professionali, a violare i confini propri e altrui, più o meno avvertitamente. Ne precisiamo i principali.
I - Le forme esagerate di idealizzazione e di attaccamento
A volte sono le sofferenze, i bisogni, le attese delle persone aiutate a spingere l’aiutante a violare i confini del ruolo e del servizio. Altre volte è la guida stessa a lasciarsi coinvolgere attraverso coinvolgimenti affettivi e/o economici o lasciando sviluppare negli altri, gli aiutati, l’idealizzazione e/o un esagerato attaccamento, senza percepirne il pericolo per entrambi.
II - Lo sfruttamento della propria autorità
Allo stesso modo la condizione di autorità del prete o della guida laica professionista gli offre di fatto un potere che, sganciato dalla sua finalità e stile, potrebbe degenerare in forme di controllo degli affetti, dei pensieri, delle relazioni, del corpo delle altre persone con ricatti, costrizioni, premi e punizioni.
III - La condizione di bisogno come stato di vulnerabilità
Infine, il confidarsi di una persona nella sua intimità, per una richiesta di consiglio o di una confessione sacramentale, pone questa persona in una situazione di vulnerabilità verso il sacerdote (cf. Marcello Semeraro, Discernere e formare per prevenire, sugli abusi nella chiesa, in Rivista del clero italiano, ottobre 2018, p. 648-656).
L’abuso avviene su tre livelli: potere, fiducia, sessualità. È sempre un abuso di potere perché è sempre compiuto da qualcuno che ha potere su un altro.
Maschere e doppia vita
Le situazioni di vita, come pure le dinamiche personali di ogni persona, sono profondamente segnate da un’ambivalenza costitutiva e strutturale entro il divenire personale e comunitario. Questa ambivalenza, se non è ben riconosciuta, gestita e risolta in senso costruttivo, per scelta personale più o meno conscia, può scadere in ambiguità nelle sue varie forme, un doppio gioco, un deviare, un andare fuori strada, un condurre una doppia vita in uno o più punti, un mascheramento di sé, una dissociazione di sé, uno sfruttamento reciproco dell’altro nelle varie forme di abuso. Ciò comporta di fatto gravi danni per l’aiutante e per l’aiutato nel servizio educativo.
Per una buona prevenzione degli abusi occorre far luce su una lotta oscura interna alla persona che, prima o poi, si rende presente sotto varie forme. L’esperienza educativa e clinica mostrano quotidianamente che esistono divisioni che, fondate anche su spinte subconsce, dispongono per esempio in modo stabile a varie forme di lotta non costruttiva per la fede per il permanere di una grossa resistenza nel cuore della persona.
La durezza di cuore o la sclerocardia è una realtà molto concreta con cui ogni cammino spirituale ha a che fare. Diventa profondamente difficile lasciare che esigenze educative si realizzino nella persona, e può essere praticamente impossibile, quando nel cuore umano esistono divisioni che, fondate anche su spinte subconsce, dispongono in modo stabile ai seguenti esiti, come ricorda Franco Imoda in Esercizi spirituali e psicologia (Pug Roma 1994, p. 77-78).
I principali nuclei problematici sono i seguenti.
In una prima serie di casi l’insicurezza e il dubbio su di sé e sul proprio valore portano a difficoltà, talora a un’incapacità a decidere, con le frequenti conseguenze di scetticismo, di indifferenza, di scontentezza diffuse. Queste rimandano a forme di rassicurazione di sé compensatoria e a ricerca di contatti intimi auto confermanti.
Con frequenza è presente un eccessivo e non controllato bisogno di dipendenza dagli altri per un sostegno affettivo e rassicurante, con la conseguente compiacenza nelle relazioni e i ricorrenti passi di abuso, fatto o subìto.
In altre situazioni una paura eccessiva del rischio, di un possibile danno al benessere individuale, porta alla conseguente ricerca di autoprotezione difensiva o di predazione preventiva auto rassicurante.
In altri casi la paura della perdita dell’immagine che si ha di sé o della fama diviene pusillanimità. Questo smorza la franchezza della fede e porta al conseguente bisogno di compensare il deficit personale nei modi meno opportuni.
In vari casi l’ambizione incontrollata come reazione a un senso di inferiorità alimenta un attaccamento al posto, al ruolo, all’immagine, talora alla rivincita auto affermativa per ciò che è mancato nel tempo dello sviluppo infantile e adolescenziale.
Il risentimento connesso a un senso di privazione affettiva ingiusta, soprattutto nel paragone con altri che appaiono più dotati o fortunati, porta a relazioni interpersonali concorrenziali, solitamente dominative come rivalsa sulla privazione affettiva patita e rimossa.
La tendenza a dominare gli altri e le situazioni per affermare il proprio valore o superiorità, con il correlativo stile dominativo o manipolatorio o narcisistico avviene con frequenza a scapito delle persone vulnerabili che si affidano.
La presenza di queste o altre tensioni tra le forze psicologiche e motivazionali, soprattutto perché per buona parte subconsce, e quindi insufficientemente controllate e sottoposte alla libertà, finisce per mantenere la lotta all’interno del cuore umano su un piano puramente psicologico tra forze contrapposte.
La situazione resta così, cioè bloccata a ripetizione, con coazioni a ripetere dati comportamenti, fino a che non se ne prende coscienza in modo esistenziale, talora doloroso ma liberante.
Fino a che non si fa luce e ordine su questa realtà sul piano umano e spirituale, la persona resta prigioniera delle coazioni a ripetere che riducono l’apertura alla realtà, aumentano la probabilità di predazione in uno dei vari modi e contraggono la relativa interiorizzazione dei valori spirituali.
Adeguatamente aiutati, occorre passare da un conflitto interno oscuro e inafferrabile a un confronto aperto, responsabile e più libero che sfocia nella accettazione umile e coraggiosa di sé e della realtà effettiva e nell’impegno di crescita adeguato. Ciò costituisce un passaggio qualificante nella crescita.
GIUSEPPE SOVERNIGO