PUTZOLU JEAN-CHARLES
La scomparsa del Paese, «un crimine contro l’umanità»
2023/6, p. 46
La testimonianza di suor Marie Antoinette Saadé, presidente dell’Assemblea generale delle Superiore Maggiori del Libano e superiora delle Suore Maronite della Sacra Famiglia, espone le conseguenze, per la popolazione, della profonda crisi che il Libano sta attraversando da quattro anni.

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LIBANO
La scomparsa del Paese
«un crimine contro l'umanità»
La testimonianza di suor Marie Antoinette Saadé, presidente dell'Assemblea generale delle Superiore Maggiori del Libano e superiora delle Suore Maronite della Sacra Famiglia, espone le conseguenze, per la popolazione, della profonda crisi che il Libano sta attraversando da quattro anni.
La profonda crisi che il Libano sta attraversando dal 2019 e che si è accentuata dopo l'esplosione nel porto di Beirut del 4 agosto 2020, sta mettendo a dura prova decine di migliaia di famiglie libanesi. Dal punto di vista economico, il Paese è in preda all'iperinflazione, che secondo i dati ufficiali ha raggiunto il 190% lo scorso febbraio, con picchi del 260% solo per i generi alimentari. La sterlina libanese ha perso il 98% del suo valore rispetto al dollaro statunitense e oggi otto libanesi su dieci vivono al di sotto della soglia di povertà. Il Fondo Monetario Internazionale teme addirittura una crisi senza fine, mentre per Transparency International, il Libano è tra gli Stati più corrotti del mondo, trovandosi al 150° posto su una lista di 180 Paesi. Dal punto di vista politico, il Paese è senza presidente da sei mesi, a causa della mancanza di un accordo dopo la fine del mandato di Michel Aoun nell'ottobre 2022.
Un Paese in caduta libera
Per suor Marie Antoinette Saadé, superiora della Congregazione delle Suore Maronite della Sacra Famiglia del Libano e presidente dell'Assemblea generale delle Superiore Maggiori, «il Libano è in caduta libera e l’intero Paese sta crollando». La sua congregazione ha già dovuto chiudere quattro scuole su 22 per mancanza di fondi e si sta preparando a chiudere la quinta. «La crisi è multidimensionale», dice a Radio Vaticana - Vatican News, aggiungendo che nemmeno durante la guerra tra il 1975 e il 1990 il Paese era caduto così in basso. La crisi è percepibile a prima vista. Gli edifici di Beirut sono sempre più vecchi e malridotti. La popolazione soffre. «Ogni giorno, le famiglie chiedono medicine, chiedono di entrare in ospedale quando non possono pagare», spiega. Famiglie che non possono nemmeno comprare il cibo. «Si immagina le famiglie che vivevano dignitosamente?», si chiede suor Saadè. «Ora dobbiamo dare loro scatole di cibo. Questo non si è mai visto nella storia del Libano, se non nel 1916-17 quando ci fu la carestia e la gente morì di fame».
Un sistema scolastico al collasso
I beni di prima necessità sono diventati inaccessibili e fuori dalla portata della maggioranza dei libanesi, che sono anche preoccupati per la scolarizzazione dei loro figli. «Le istituzioni stanno lottando per continuare a fornire l'istruzione nelle scuole cristiane che accolgono tutti, senza discriminazioni», sottolinea ancora suor Saadé, descrivendo le difficoltà economiche quasi insormontabili per i genitori che vogliono mandare i figli a scuola. Ad alcune scuole è stato impedito dal governo di accettare gratuitamente gli alunni delle famiglie bisognose, per non svuotare le scuole pubbliche, i cui insegnanti sono in continuo sciopero. Questa situazione lascia poche speranze ai giovani che cercano un futuro fuori dal Libano. «Stiamo assistendo a una “fuga di cervelli”», dice la suora, «le forze vive stanno lasciando il Libano e questo è molto pericoloso per un Paese che un giorno dovrà risorgere».
L'impasse politica
Senza un presidente della Repubblica dalla fine del mandato di Michel Aoun, nemmeno l'esecutivo è in grado di far ripartire la macchina. Ma l'elezione del presidente della Repubblica non è l'unica impasse. «L'impasse - aggiunge la religiosa - è il livello di questa casta politica che è corrotta, che gestisce il Paese a modo suo e che non ha più alcuna credibilità». Sour Saadè si interroga sulla capacità del futuro capo di stato di fare le riforme richieste dalla comunità internazionale: «avrà la legittimità di tutti i partiti che gestiscono il Paese e ne tirano le fila?». Il Libano è classificato a livello internazionale tra i Paesi più corrotti. Una corruzione endemica che costituisce un ostacolo agli aiuti internazionali, per la mancanza di «fiducia» nell'attuale classe politica. D'altra parte, suor Marie Antoinette elogia le organizzazioni non governative, tra cui la ROACO, l’Opera d’oriente e aiuto alla Chiesa che soffre, che forniscono sostegno finanziario alle comunità cristiane cattoliche. Grazie a questi aiuti, «possiamo stare ancora in piedi da soli, anche se questa somministrazione ha i suoi limiti. Perché la gestione di scuole, ospedali e centri sociali richiede denaro dallo Stato e non poco», precisa la religiosa, sottolineando anche che molte strutture sociali, educative e sanitarie poggiano «sulle spalle di congregazioni religiose femminili o maschili o di alcune diocesi».
Un messaggio per il Libano
«Il Libano è più di un Paese: è un messaggio di libertà e un esempio di pluralismo per l'Oriente e per l'Occidente», scriveva san Giovanni Paolo II nella sua lettera apostolica a tutti i vescovi della Chiesa cattolica sulla situazione in Libano, il 7 settembre 1989. Suor Saadé, leggendo questa frase, osserva: «Dovrebbe esserlo, ma non può. Il Libano non deve morire... Ve lo immaginate un Libano che scompare dalla carta geografica? Sarebbe un crimine contro l'umanità!». Il Libano, afferma, «è un baluardo contro il fondamentalismo sciita o sunnita».
JEAN-CHARLES PUTZOLU