Chiaro Mario
Viaggio negli stili di vita spirituali del nostro tempo
2023/6, p. 36
Assistiamo alla svolta rituale nella Chiesa cattolica: crollo al 5% della partecipazione alla messa domenicale e crescita dei riti di passaggio (battesimo, prima comunione, cresima, matrimonio, funerali ecc.). Come le comunità cristiane possono incontrare i nuovi «credenti non praticanti»? Si riesce a gestire una diversità celebrativa tra la messa della domenica e un rito di passaggio?

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SENZA PIÙ LA DOMENICA
VIAGGIO NELLA SPIRITUALITÀ SECOLARIZZATA
di Luigi Berzano Effatà editrice, Cantalupa-Torino 2023, pp. 112, € 13,00
L’ARTICOLO COMINCIA DA QUI
Viaggio negli stili di vita spirituali
del nostro tempo
Assistiamo alla svolta rituale nella Chiesa cattolica: crollo al 5% della partecipazione alla messa domenicale e crescita dei riti di passaggio (battesimo, prima comunione, cresima, matrimonio, funerali ecc.). Come le comunità cristiane possono incontrare i nuovi «credenti non praticanti»? Si riesce a gestire una diversità celebrativa tra la messa della domenica e un rito di passaggio?
Nel 2017 la canzone vincitrice del Festival di Sanremo si intitolava Occidentali’s karma: è questo uno dei segnali che le nuove forme di spiritualità eclettiche sono ormai filtrate anche dal mercato globale. Molti sociologi e psicologi negli ultimi decenni del secolo scorso hanno diagnosticato la «liquidazione della religione», descrivendo in tal modo un’umanità che è passata da un approccio mitologico e religioso a una forma di maturità razionale, anche grazie all’avanzamento della scienza. Questo paradigma che teorizza il progressivo declino della pratica religiosa è stato smentito dai fatti, dal momento che le proposte spirituali si sono addirittura moltiplicate. Oggi gli studiosi ammettono, pur guardando questo fenomeno da diverse prospettive, che la novità delle nostre società consiste nella mescolanza di diverse spiritualità, le quali portano le persone a passare senza difficoltà o conflitti da una all’altra forma. Le varie ricerche sul campo convergono nell’evidenziare che «la religione è sempre declinante e sempre rinascente» (un assioma del sociologo Andrew Greeley, citato da G. Cucci nell’articolo «Le nuove religiosità in Italia», Civiltà Cattolica n. 4145/2023).
I cattolici «stagionali» e la disaffezione delle donne
Su queste problematiche, si segnala un illuminante volume del sociologo Luigi Berzano. Egli non segue l’ipotesi della scomparsa dei riti, ma quella di una loro trasformazione e durata, anche nella diaspora religiosa della società globale. Ci viene proposto un viaggio nella spiritualità secolarizzata intitolato Senza più la domenica (Effatà editrice, Cantalupa-Torino 2023, pp. 112).
Certamente le religioni storiche «vedono diminuire la massa dei frequentatori dei loro riti, sostituiti dai likes, dai friends, dai followers, che però non creano comunità con una dimensione corporea, ma rafforzano solo l’eco di sé». Permane comunque «il bisogno di una tradizione e di un’istituzione come polo di riferimento visibile, come luogo simbolico collettivo». La svolta rituale tra i cattolici è significativa: oltre il 90% non va più a messa la domenica e solo il 5% partecipa abitualmente al rito eucaristico. Oltre il 90% partecipa però ai «riti di passaggio»: battesimi, prime comunioni, cresime, funerali e messe in ricordo dei propri parenti defunti. Insomma, per quasi tutti i cattolici «la fede si trasforma in un “religioso festivo stagionale” e si struttura intorno a riti e cerimonie che i sociologi definiscono anche come “riti stagionali”, perché attorno a essi avviene la socializzazione dei cicli familiari del nascere, del crescere, del formare una famiglia, del morire». Secondo l’autore del libro, le percentuali richiamate certificano, per altro verso, la povertà simbolica delle celebrazioni laiche attorno ai grandi passaggi della vita. Gli stessi dati poi indicano anche due tendenze: la nuova sensibilità che valorizza il benessere, le relazioni positive, la ricerca di emozioni; l’impegno della Chiesa nel realizzare nuove forme celebrative attraverso grandi eventi, quali le visite del papa, i pellegrinaggi, le Giornate mondiali della gioventù e altri incontri di massa, nei quali si comunica la meraviglia e l’ottimismo. In particolare, proprio le ricerche sociologiche sui grandi raduni confermano quanto contino le esperienze collettive nel rinnovare identità e motivazioni, e nel ricomporre un nuovo sistema di simboli e di parole. Nonostante questo sforzo di rinnovamento ecclesiale, diverse inchieste italiane ed europee confermano che un forte contribuito al calo della partecipazione alla messa domenicale è dato dalla disaffezione delle donne (cf. A. Matteo, La fuga delle quarantenni). Anche se la frequenza delle donne ai riti è ancora maggiore di quella degli uomini, l’andamento della decrescita nella loro partecipazione è più veloce.
I riti di passaggio e la vicarious religion
«Una trasformazione rilevante della natura del fenomeno religioso, specie in Europa, è lo slittamento da una religione dell’obbligazione delle pratiche religiose e delle credenze comuni, a una religione della “libera scelta” orientata da emozioni, sensibilità e gusti personali». In questo spazio di libertà, i «riti di passaggio» evocano un altro tipo di sacro: aiutano nel mettere a fuoco l’attuale passaggio socio-culturale, sintetizzato con il concetto di vicarious religion («religione vicaria») utilizzato dalla sociologa inglese Grace Davie. Berzano la definisce come «la religione praticata da una minoranza attiva, ma per conto di un numero molto più grande di altri che, almeno implicitamente, capiscono, condividono e approvano ciò che la minoranza sta facendo, ma non vi partecipano regolarmente» (pp. 44 e ss). Oggi si potrebbe dire che le parrocchie sono sempre più incaricate, da parte di molti cattolici non più praticanti, per mantenere a nome loro – cioè vicariamente ‒ feste, riti, credenze e principi morali. Di fronte a episodi tragici, catastrofi ed eventi collettivi, gli appartenenti alla vicarious religion chiedono spesso di partecipare al sistema rituale. Si crea in questo modo una relazione permanente tra esponenti di Chiesa e fedeli della cosiddetta «religione vicaria», formando in tal modo un modello religioso rassicurante da entrambe le parti. I casi più frequenti in cui si richiedono i servizi della Chiesa sono proprio i già citati «riti di passaggio» (nascita, adolescenza, matrimonio, morte). In ogni modo, in Italia occorre fare i conti con quella peculiare relazione tra le comunità cattoliche e la maggioranza degli italiani che è legata alla storia dei rapporti tra Stato e Chiesa: nel paese si è sviluppata l’idea di una Chiesa come sistema di servizi per l’utilità pubblica, finanziato anche attraverso lo specifico sistema pubblico dell’otto per mille. Questa vicenda storica contribuisce al moltiplicarsi di cerimonie miste tra il sacro e il profano, in cui «sono presenti un ministro religioso e la struttura istituzionale della celebrazione, ma insieme sono presenti anche numerosi altri elementi non propri del sistema rituale liturgico. Sono eventi/esperienze vissuti da una collettività non formale né delimitabile entro i confini istituzionali, ma capaci di far vivere ai partecipanti emozioni individuali e sociali» (p. 48).
Lo stile di vita spirituale
Nella ricerca si sottolinea più volte che, nonostante le previsioni, non è avvenuta la scomparsa del sacro e realtà inattese si sono formate nelle società secolari. Questo avviene anche all’interno del fenomeno delle nuove spiritualità. Il termine «spiritualità» viene ormai utilizzato per indicare ogni «stile di vita spirituale», inglobando in questo modo sia le spiritualità religiose che quelle secolari. Nello scenario di pluralismo religioso, grazie alla rivoluzione della comunicazione, è possibile oggi far arrivare ovunque i mezzi tecnici della “realizzazione del sé”, producendo per così dire un individuo spirituale. Tutto ciò evidenzia che è venuto meno il potere di controllo delle Chiese sulle forme spirituali considerate troppo libere, individuali ed esperienziali. Anche Dio è diventato un nome comune, una metafora per indicare un’energia, un sogno, un mistero. Siamo di fronte a una «rivoluzione delle aspettative spirituali crescenti». Esistono spiritualità esoteriche, magiche, spiritiche, new age (nuova era), astrologiche, terapeutiche, ufologiche; spiritualità di ricerca di sé nel profondo e di ricerca della sintonia con se stessi. Spiritualità è davvero una parola seducente, che indica una via per curare le ferite, liberarsi da dipendenze interiori ed esteriori, raggiungendo il nostro vero sé. Si tratta di un cammino differente da quello etico e morale: la morale cerca di correggere e cambiare le persone con comandamenti e norme dall’esterno, mentre la spiritualità si propone di trasformarle a partire dall’interno. Questo clima culturale crea le condizioni affinché le pratiche e i sistemi liturgici diventino una riserva di significati simbolici. Come esempio di questa situazione, si ricorda il «fenomeno della comunità di Taizé, che con la sua musica, il modo di pregare, la disposizione delle luci, il saio dei monaci, il mito del fondatore, gli eventi spirituali e altri elementi, ha prodotto uno stile liturgico oggi adottato in diversi movimenti e parrocchie cattoliche».
Oltre l’esclusione religiosa
Nella postfazione, il vescovo di Pinerolo mons. Derio Olivero, alla luce della ricerca sociologica contenuta nel volume, afferma: «Nel “mercato” delle religioni non basta dire: “Noi siamo i migliori”. Occorre dimostrarlo». Le comunità cristiane devono scendere dal piedistallo dell’esclusiva e non chiudersi nel «meglio pochi ma buoni». La Chiesa, pur diventando minoranza, non può mai diventare setta, nella sua essenza è «per tutti». «Questo significa due cose: la Chiesa deve “toccare” l’umano che è di tutti (nascita, amore, morte, relazioni, lavoro); la Chiesa deve rivolgersi sempre a tutti, nella loro situazione reale, qualunque essa sia (praticante regolare, praticante stagionale, non praticante, non credente). Oggi potremmo dire: la Chiesa deve rivolgersi a tutti, qualunque sia la loro “ricerca spirituale”». «Non dobbiamo costruire una “cittadella fortificata, ma una “Chiesa poliedrica” che contempla una pluralità di appartenenze». Occorre insomma guardare in faccia la liquidità del credere nella pluralità delle spiritualità. Occorre farsi una ragione della realtà: è diminuita la pratica della messa domenicale, ma resta alta la pratica dei riti di passaggio. Si conferma che siamo di fronte a «una svolta rituale contrassegnata dalla preminenza della forma rasserenante ed estetica del rito nelle fasi fondamentali della vita» (p. 52). Secondo mons. Olivero, la Chiesa è costretta a ripensarsi non per «tagliare fuori» i praticanti stagionali, ma per tenerli dentro offrendo loro il miglior servizio possibile. Occorre però rispondere a domande stringenti: come incontriamo coloro che non vengono più a messa, ma vengono ai riti di passaggio? Riusciamo a mettere in conto una diversità celebrativa tra la messa della domenica e un rito di passaggio?
MARIO CHIARO