Cabra Piergiordano
Beatificazione di sr. Lucia, Ancella della Carità
2023/6, p. 34
Quando è giunta la notizia dell’approvazione del miracolo attribuito all’intercessione della nostra suor Lucia, oltre alla «santa euforia» per avere presto una beata che viene dalle nostre file, mi sono giunte, assieme alle congratulazioni, anche delle domande del tipo «Che cosa ha fatto di speciale?». Confesso che mi sono quasi vergognata di rispondere «niente di speciale», anche se ho aggiunto «ma tutto con amore speciale», perché mi sembrava che quel «niente» fosse un po’ pochino per diventare beata.

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Testimoni
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Beatificazione di sr. Lucia, Ancella della Carità
Le confessioni di sr. Giacomina
Quando è giunta la notizia dell’approvazione del miracolo attribuito all’intercessione della nostra suor Lucia, oltre alla «santa euforia» per avere presto una beata che viene dalle nostre file, mi sono giunte, assieme alle congratulazioni, anche delle domande del tipo «Che cosa ha fatto di speciale?».
Confesso che mi sono quasi vergognata di rispondere «niente di speciale», anche se ho aggiunto «ma tutto con amore speciale», perché mi sembrava che quel «niente» fosse un po’ pochino per diventare beata.
In cuor mio avrei preferito avere dei fatti corposi da presentare alla gente di oggi, così attenta ai fatti, alle realizzazioni, alle spiccate personalità. Perché ne abbiamo avute parecchie di sante sorelle, che potevano presentare fatti consistenti, episodi edificanti, iniziative ammirate, vite eroicamente spese negli ospedali e nei ricoveri, educatrici influenti, operatrici innovative nei vari settori della carità… insomma una sorella che avesse dato l’idea di quello che sono state e hanno fatto le Ancelle in questi quasi due secoli di vita.
Confesso inoltre che quando prego, preferisco rivolgermi direttamente al Signore e alla Madonna e più raramente ai santi e tra questi mi vengono spontanei come intercessori quelli che ritengo più importanti o che mi hanno più impressionato.
Ecco perché mi sono sentita spiazzata quando, a botta fredda, ho dovuto spiegare a «gente di mondo» la nostra futura beata.
Sia chiaro che io ho sempre creduto alla sua santità, e sono lietissima che venga così autorevolmente riconosciuta, ma avendo l’impressione che stenti a impressionare la gente, ho deciso di documentarmi per meglio spiegare e spiegarmi.
E qui ho ripreso in mano il libretto di don Giovanni Antonioli I fioretti di sorella Lucia, che anche questa volta ho letto d’un fiato, ma che ora mi ha anche lasciato senza fiato.
D’un fiato perché breve, ma anche perché gustoso. Senza fiato perché l’autore con garbo e finezza spirituale, ci ricorda che cosa è indispensabile per essere Ancella della Carità. Invece di fare disquisizioni dotte, presenta situazioni concrete, comprensibili da tutti, a partire da noi religiose fino ai laici più esigenti e curiosi e persino ai nostri sacerdoti.Basta un esempio: «Le suore si meravigliavano che suor Lucia fosse sempre in piedi e spesso la invitavano a sedersi, ma lei, sorridendo rispondeva: “riposerò in paradiso”. Strano questo potersi riposare in anticipo col pensiero. Provate a dire anche a un bravo uomo: “Come ferie te le assegno in paradiso; ora le puoi sfruttare col pensiero”. Probabilmente s’irriterebbe e si stancherebbe di più. Invece suor Lucia a questo pensiero si ricaricava d’energia e riprendeva le sue fatiche, come se fosse stata seduta al fresco di un alloro. Ecco perché era facile vedere lo straordinario, in questa vita che sembrava ordinaria».
L’autore, da vero uomo di Dio, ha il dono della leggerezza, anche quando dice le cose più serie e persino pesanti. Come quando vuol dire che l’Ancella è una persona semplice e umile, proprio come dice il nome «ancella», cioè serva, pronta a servire in ogni occasione e in ogni situazione. Il che non è facile, almeno per me, perché ci metto molte condizioni, molti «se»: parecchi però, dicono la mia poca umiltà e scarsa disponibilità.
Don Giovanni con il suo stile disinvolto, vuol farmi capire che l’Ancella di serie A può essere anche quella che fa grandi cose, ma che comunque è sempre e solo quella che possiede l’umiltà, perché con l’umiltà è facile diventare santi. Il difficile è diventare umili! Infatti, come mi pesa l’umiltà! Ma non avendo questo peso, non riesco a volare verso la santità, né a far intravvedere lo straordinario nel mio ordinario.
Suor Lucia aveva la leggerezza dell’umiltà, che le permetteva di non stancarsi di mettersi a disposizione di tutti, di non avere altro impegno che gli impegni degli altri, da servire, a costo di rompere qualche cosa, come le accadeva sovente, di non avere altra preoccupazione personale che quella di ascoltare le preoccupazioni degli altri e di dire solo parole «provate», maturate in silenziosa e sofferta interiorità.
Confesso che dubito che sia stata proprio la mia poca umiltà a farmi vergognare di dire che suor Lucia aveva fatto niente di speciale, temendo di presentarla come una santa di serie B. Ed è certamente per questo che mi sembra che coloro che parlano con me, sentano la pesantezza del mio io, che mi impedisce di volare e di invitare a volare in alto anche chi vive con me e chi mi incontra.
Devo proprio cominciare a pregare suor Lucia, perché mi faccia avere quella levità che mi permetta di passare nella serie A della famiglia delle Ancelle, destinate, come tutti, ad essere innalzate quando si abbassano e di essere ascoltate quando non si ascoltano.
Cara suor Lucia, prega per la mia conversione!
p. PIERGIORDANO CABRA