Chiaro Mario
Accogliere la fragilità
2023/6, p. 29
L’attualità di Charles de Foucauld risiede nelle sue scelte di vita: ha esplorato le periferie dell’umanità, le fragilità dell’esistenza e la povertà nel mondo. Così egli rimane l’esempio di un fratello incompiuto e santo nello stesso tempo.

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A CONFRONTO CON I TESTIMONI
Accogliere la fragilità
L’attualità di Charles de Foucauld risiede nelle sue scelte di vita: ha esplorato le periferie dell’umanità, le fragilità dell’esistenza e la povertà nel mondo. Così egli rimane l’esempio di un fratello incompiuto e santo nello stesso tempo.
Papa Francesco ha fatto delle «fragilità» la cifra originale di un discernimento al servizio di una rinnovata umanizzazione. Nell’udienza del 4 gennaio 2023 ha parlato della fragilità come «la nostra vera ricchezza: noi siamo ricchi in fragilità, tutti; la vera ricchezza, che dobbiamo imparare a rispettare e ad accogliere, perché, quando viene offerta a Dio, ci rende capaci di tenerezza, di misericordia e di amore. Guai a quelle persone che non si sentono fragili: sono dure, dittatoriali. Invece, le persone che con umiltà riconoscono le proprie fragilità sono più comprensive con gli altri. La fragilità ci rende umani. […] Dio, per renderci simili a Lui, ha voluto condividere fino in fondo la nostra propria fragilità. Guardiamo il crocifisso: Dio che è sceso proprio nella fragilità».
Un’esistenza incompiuta
La Famiglia spirituale di Charles de Foucauld, a un anno dalla sua canonizzazione, ritiene che sia arrivato il momento di crescere proprio come «testimoni della fragilità». A questo tema è dedicato il numero 169/2023 della rivista «Jesus Caritas». Se a partire dal 1955, quando fu creata la Famiglia spirituale internazionale, la missione principale era la custodia della memoria del santo e la diffusione della spiritualità, attualmente i membri sono chiamati a testimoniare quanto hanno ricevuto e trasmesso.
In particolare il contributo della laica consacrata Margarita S. Montajo (cf. il suo volume Charles de Foucauld. Fratello incompiuto e santo, Ed. Paoline 2022) ci indica la bellezza del cammino spirituale dei Piccoli Fratelli, una bellezza «data dal “carattere incompiuto” della nostra vita, dalla ricerca della fedeltà in mezzo alla fragilità, da vivere l’ideale del Vangelo tra le ombre delle contraddizioni». Frére Charles ha vissuto momenti di aridità nella fede, ha affrontato la fragilità dei suoi familiari, ha sofferto di solitudine nel vivere la fede in mezzo ai musulmani. Egli in questi casi si affidava al Vangelo come risposta alla fragilità personale e di altri. Uno dei criteri che ha governato la regola di vita di questo «marabutto» (santo asceta che vive nelle zone di confine con gli infedeli) è «l’utilità delle anime». La scrittrice si domanda cosa possiamo avere in comune oggi con un «uomo del XXI secolo, francese, visconte, esploratore, trappista, eremita, sacerdote?». Dalla vicenda di Foucauld si può comprendere innanzitutto che la santità è un processo continuo di apertura della propria fragilità all’azione della grazia. Visto da questa prospettiva la storia del «fratello universale» suscita il desiderio di vivere la santità alla portata di tutti. Il volume della Montojo è particolarmente prezioso grazie all’accesso diretto ad archivi della postulazione e a materiali finora non conosciuti. Il frutto di questa ricerca mette in evidenza due pilastri della vicenda del santo Charles de Foucauld: l’esplorazione e l’evoluzione. In particolare, la chiave interpretativa dell’evoluzione offre alcune dimensioni del suo itinerario di vita: siamo di fronte a una «irradiazione», nel senso che la vita di Charles grida silenziosamente il Vangelo attraverso ciascuna di quelle dimensioni che mostrano sfumature diverse durante la sua esistenza. La sua santità è fatta di ricerca, di tentativi falliti e dell’apertura all’azione di Dio.
La speranza che nasce dalle ferite
Nella rivista spicca il contributo di una della Discepole del Vangelo, Antonella Fraccaro, che ci apre una finestra sui momenti di aridità nel cammino di fede di Charles: «Mio Dio, che cosa vi dispiace di più nella mia anima? Mi mancano lo spirito di preghiera, la fiducia in voi, l’amore, la mitezza, la fedeltà, la generosità […] Gesù non è contento di me [..] Bisogna che mi aggrappi alla vita di fede. Se almeno sentissi che Gesù mi ama» (p. 6). Questi momenti di «buio spirituale» l’hanno portato a riflettere sulla vita terrena come un insieme di prove che si susseguono fino all’ultimo giorno. «Tutto è a un tempo così piccolo, e così grave nelle cose puramente terrene: piccolo, poiché attaccarsi a esse è una tale puerilità; grave, poiché questo attaccamento può avere delle conseguenze terribili […] Gli anni che si susseguono sono come una fuga in Egitto» (28 ottobre 1906 – cfr. il volume Non c’è distanza per i cuori che si amano. Lettere alla sorella Marie, Effatà, Cantalupa Torino 2020). La morte di Henry Huvelin, l’amico e padre spirituale per 24 anni, è per Charles, una grave perdita, ma anche in questo caso sa rileggere con speranza anche queste ferite. Scrive in una lettera alla sorella Maria del 12 febbraio 1900: «la morte è stata per lui il passaggio dal dolore alla gloria. Ma per coloro che l’amavano e l’avevano come padre spirituale, è un vuoto che senza dubbio non sarà mai colmato. È una grazia eccezionale avere, una volta nella vita, un direttore come lui; bisogna ringraziare Dio profondamente. Il buon Dio ci donerà sempre il necessario, ma non sempre donerà una tale sovrabbondanza». Charles ha spesso raccolto situazioni di sofferenza tra gli amici e i familiari. Questa sua cura è evidente nel suo rapporto con Henri Duveyrier, un uomo fragile che arriverà a suicidarsi. Charles cerca in tutti i modi di stargli vicino e di consolarlo: «Senza portarvi parole di consolazione né di distrazione, voglio dirvi quanto partecipo al vostro dolore, quanto mi affliggo per ciò che vi affligge […] Ahimè! Se ogni vita ha i suoi dolori, la vostra mi sembra averne ricevuto una parte poco comune. Partecipo con tutto il mio cuore di amico a ciò che so e a tutto ciò che ignoro e la tristezza della vostra lettera, ispirandomi una sincera afflizione, mi ha fatto dispiacere di non poter essere vicino a voi e di trovarmi così lontano» (29 agosto 1888).
Fratelli in un tempo di fragilità
La figura di Charles de Foucauld ha la capacità di ispirare la Chiesa del nostro tempo: il popolo di Dio può avvicinarsi a un santo «più umano». Egli si rivela come colui che continua ad attraversare sempre «i deserti esteriori e interiori, di ricominciare incessantemente, di impegnarsi nell’andare incontro all’altro nonostante la stanchezza e i limiti». Come afferma papa Francesco nell’enciclica «Fratelli tutti»: «solo indentificandosi con gli ultimi arrivò a essere fratello di tutti». Con questo spirito, i discepoli del santo però si confrontano oggi con il numero ridotto e l’età che avanza. La Famiglia spirituale italiana, riunitasi a Sassovivo, ha riflettuto sul fatto che la Chiesa ha canonizzato frère Charles in un «tempo di fragilità»: «La missione per noi è che possiamo vivere il tempo delle fragilità con gioia e coraggio. Forse gli altri non vedranno la nostra bontà – come diceva Charles: «… perché sono discepolo di uno molto più buono di me» – ma potrebbero vedere il coraggio, la nostra serenità e perseveranza». Oggi, più che mai, le chiese europee sperimentano la desertificazione spirituale: in questo contesto, il messaggio di de Foucauld ci indica anche oggi che lo sguardo deve tornare alla fraternità. Il suo è un carisma dinamico proprio perché non ha fondato nulla! «Ci sono persone che vivono il suo messaggio e che magari non faranno parte della Famiglia, ma hanno assunto elementi della spiritualità foucauldiana: un ritorno a Nazaret, alle origini. Dobbiamo essere docili alla libertà dello Spirito che fa sempre cose nuove».
L’integrazione tra fraternità e fragilità
Nel capitolo generale dei delegati eletti nelle diverse regioni ad Avila, in Spagna, con un messaggio si è confermato il senso di impotenza e di fragilità di fronte ai pochi numeri e all’invecchiamento degli attuali fratelli di Charles. «Ci sentiamo impotenti e fragili di fronte a tutti quei mali che colpiscono noi e tutti quelli con i quali condividiamo il cammino. Le debolezze dei nostri amici sono diventate le nostre. A volte è la delusione a prevalere sui nostri cuori feriti, nel nostro desiderio di seguire Gesù […] Verso quale riva Gesù vuole che andiamo?». Gesù stesso si è fatto nostro fratello, condividendo la condizione umana fragile e limitata. La fraternità è un punto di incontro per riscoprirsi fratelli. Frère Charles l’ha sperimentata nel momento in cui si ammala (inverno 1907-1908), rischiando di morire. I Tuareg raggiungono alcuni villaggi per mettere insieme una quantità di latte sufficiente per aiutarlo a guarire. In quel momento si è creata una speciale fraternità, capace di superare ogni barriera culturale e religiosa. Questo episodio insegna che fraternità e fragilità creano una dinamica circolare. Ci si scopre fratelli quando si comprende che la fragilità dell’altro è la mia stessa fragilità. Perciò è fondamentale avere l’umiltà di permettere all’altro di farsi accanto alle proprie miserie umane. Si richiede il coraggio di superare il pudore, che spingerebbe a condividere con l’altro solo la parte migliore di sé, nascondendo quella più fragile e ferita.
«Charles de Foucauld ci rivela che la santità va ben oltre la guarigione delle ferite. Quando il Risorto appare ai discepoli, la salvezza che propone coabita con il segno delle sue piaghe. La grazia cicatrizza le ferite della vita, non le cancella, in ogni cicatrice è presente una fragilità. C’è una idealizzazione della santità che sorge da un perfezionismo psichico, morale e spirituale. Noi siamo sempre zizzania e buon grano e il Signore ci chiede di offrirli entrambi. Attraverso questo cammino, frère Charles ha vissuto le ultime parole di Gesù durante la sua passione: “Padre, non la mia, ma la tua volontà si compia” […]. Attraverso la fede in Gesù, frère Charles, poco alla volta, si è lasciato modellare dal Signore. Potremmo evocare molti aspetti della sua vita: la santità al centro del quotidiano con la spiritualità di Nazaret – il cristianesimo è una delle poche religioni al mondo che santifica il quotidiano –; la santità al centro dell’apostolato che affonda le radici nell’Eucaristia e nell’adorazione eucaristica; la santità vissuta nell’accompagnamento dei più poveri e la spiritualità del piccolo e del fratello; la santità in terra islamica, volta alla preghiera e all’amicizia fraterna» (Jean-Claude Boulanger, vescovo di Seéz. «Jesus Caritas», n. 105 / gennaio 2007).
MARIO CHIARO