Bignardi Paola
Vorrei una Chiesa…
2023/6, p. 26
Le critiche dei giovani alla Chiesa sono pesanti e senza sfumature; ciò che prevale nell’abbandono dei giovani sono motivi relativi al modo con cui la Chiesa si propone, al suo rapporto con il mondo e la società, alla sua cultura, al suo rapporto con il potere, allo stile del suo insegnamento.

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Testimoni
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ESPERIENZA RELIGIOSA DEI GIOVANI
Vorrei una Chiesa…
Le critiche dei giovani alla Chiesa sono pesanti e senza sfumature; ciò che prevale nell’abbandono dei giovani sono motivi relativi al modo con cui la Chiesa si propone, al suo rapporto con il mondo e la società, alla sua cultura, al suo rapporto con il potere, allo stile del suo insegnamento.
Il rapporto dei giovani con la Chiesa costituisce uno degli aspetti più critici della loro esperienza religiosa; la ricerca in corso da parte dell’Osservatorio Giovani Toniolo permette di rendersi conto di quanto veloce e convinta sia la presa di distanza delle nuove generazioni dalla vita ecclesiale. Del resto basta vedere come sono attualmente poco frequentate le iniziative della Chiesa: non solo la Messa della domenica, ormai ritenuta una delle proposte più difficili da accogliere, ma anche attività formative, gruppi giovanili, percorsi attivati dopo la Cresima per accompagnare i cresimati verso la maturazione di una fede adulta.
Le critiche dei giovani alla Chiesa sono pesanti e senza sfumature; non riguardano, come molti potrebbero supporre, scandali o contro testimonianze (certo ci sono anche quelle, ma non sono le principali). Ciò che prevale nell’abbandono dei giovani sono motivi più profondi, relativi al modo con cui la Chiesa si propone, al suo rapporto con il mondo e la società, alla sua cultura, al suo rapporto con il potere, allo stile, ancor prima che ai contenuti, del suo insegnamento.
Vorrei in questo contributo però non attardarmi sulle critiche e sulle obiezioni dei giovani, quanto piuttosto al modo con cui idealmente guardano alla Chiesa. Mi pare un modo di valorizzare il loro pensiero e la loro visione che non ha nulla di banale ma che può aprire la strada a un atteggiamento positivo di rinnovamento ecclesiale, in dialogo con le nuove generazioni.
I giovani hanno un sogno di Chiesa!
Mettersi in ascolto di esso potrà non solo lasciar intuire le loro critiche, ma far intravedere il loro progetto, la loro visione. È un pensiero prezioso quello dei giovani, che in genere non hanno obiezioni di principio sul fatto che vi sia una Chiesa che dà forma e consistenza comunitaria a un modo di vivere la fede, ma piuttosto che vi sia questa Chiesa, questo modo di stare in relazione con le persone, questo modo di organizzarsi al proprio interno. I loro suggerimenti ritengo che possano aprire la strada ad una Chiesa migliore per tutti.
Vorrei una Chiesa… libera, aperta, giovane, accogliente, inclusiva, semplice, povera, leggera, più vicina, moderna, attuale, innovativa, comprensiva, autentica, apolitica, umile, rispettosa, gioiosa…. Chiudo qui l’elenco degli aggettivi con cui i giovani rappresentano il loro sogno di Chiesa, eppure l’elenco potrebbe continuare: queste qualità parlano di una passione per la Chiesa, espressa da giovani che pure dichiarano di averla abbandonata. Si potrebbe forse dire che molti abbandoni nascono da una passione, ancor prima e ancor più che da un rifiuto.
Prendo in considerazione alcune delle caratteristiche che le nuove generazioni vorrebbero trovare nella Chiesa: quella istituzionale e quella che hanno conosciuto per coinvolgimento diretto, quella vicino a casa, la parrocchia o l’oratorio che hanno frequentato.
La Chiesa? Come una cena in casa di amici
Inizio ad illustrare le caratteristiche della Chiesa ideale per i giovani con la testimonianza di una giovane venticinquenne che rappresenta così la Chiesa: «La Chiesa dovrebbe essere … come una cena a casa di amici, in cui sei libero di parlare di quello che vuoi sapendo che dall’altra parte ci sono persone che ti vogliono bene e che ti ascoltano e che non ti giudicano a prescindere da quello che tu dica e che tu pensi. E anche sia un momento di convivialità. La immagino proprio come una cena a casa di amici, in cui stai bene, ti senti a tuo agio, in cui puoi parlare di cose belle, di cose brutte, di cose meno importanti, di cose più importanti, con una naturalezza e con una libertà che solo a cena a casa con gli amici puoi avere». (F25). È l’immagine di una Chiesa umana, calda, semplice, in cui sperimentare fraternità e amicizia, nella libertà da tutti quegli aspetti che appesantiscono un’esperienza che non riesce più a comunicare né a far vivere la bellezza e la libertà del vangelo.
Una Chiesa contemporanea
I giovani pensano che la Chiesa sia vecchia. È uno degli aggettivi più ricorrenti nelle loro dichiarazioni. I linguaggi, le proposte, lo stile delle relazioni… per i giovani sono il segno di quanto la Chiesa sia fuori tempo e dunque secondo loro non in grado di interpretare la loro vita. Solo una Chiesa contemporanea può essere in grado di interpretare la loro esistenza di oggi, di loro che si sentono persone di questo tempo e che vogliono vivere in sintonia con esso. Vorrebbero una Chiesa che «si concentri di più sul presente», dice un giovane, che sia «al passo con i tempi» afferma un altro, che sia «completamente rinnovata, più attraente». Sì, più attraente, perché secondo i giovani la Chiesa di oggi è noiosa, ripetitiva. D’altra parte, è una Chiesa abitata per lo più da persone avanti negli anni, che ai giovani lasciano poca possibilità di esprimersi e di dare alle celebrazioni, ai linguaggi, ai momenti comunitari il timbro delle loro culture.
Una Chiesa aperta, inclusiva e dialogica
Tra le qualità che ricorrono più frequentemente nel sogno di Chiesa dei giovani vi è l’apertura, sia rispetto ai temi del suo insegnamento sia nella relazione con le persone. È lo stile perentorio del magistero ecclesiale che i giovani non accettano; vorrebbero essere ascoltati, ma non in una specie di rituale che consente loro di parlare senza che poi nulla cambi; piuttosto in un dialogo in cui le loro ragioni siano prese in considerazione, che lasci intendere la disponibilità a lasciarsi modificare e a mettersi in gioco.
Quando i giovani parlano di inclusione non si riferiscono a qualcuno in particolare, quanto piuttosto a tutta quella parte del popolo di Dio che è diventata «straniera» per le proprie scelte: divorziati e omosessuali in primo luogo. Non che tutti i giovani che affermano questo siano omosessuali: i giovani non pensano a sé ma a quegli amici che vorrebbero non vedere esclusi per le loro scelte, come afferma questa giovane: «mi piacerebbe […] che tutti i cristiani credessero che una persona è libera di amare chi vuole, che una persona se nasce donna e non si sente adatta in quel corpo, e decide di diventare uomo, vorrei che tutti accettassero questa cosa». (F23).
Una Chiesa giovane, alleata della vita
I giovani hanno voglia di vivere. Come potrebbe essere diversamente? È un desiderio di tutti, ma ancor più dei giovani che hanno davanti a sé un’intera esistenza. Ma non ogni esistenza ha la stessa attrattiva. La vita deve essere capace di rispondere al desiderio di pienezza, di benessere, di armonia che abita il cuore delle nuove generazioni. È capace la Chiesa di interpretare una tensione verso la felicità che ha questi nomi? La domanda di spiritualità, di gioia che i giovani portano dentro di sé, spesso si è incontrata, nel corso della loro esperienza formativa, con una proposta all’insegna del sacrificio, della mortificazione (aveva il nome di «fioretto», ma il suo contenuto era la rinuncia!). I sacrifici che sono stati chiesti ai ragazzi che oggi sono giovani erano certamente piccole cose, ma efficaci nel comunicare un’idea della vita all’insegna del meno, e non della pienezza; all’insegna del divieto o dell’imposizione, e non dell’apertura al desiderio e alla realizzazione di sé. Nel sogno dei giovani vi è una Chiesa amica della vita, capace di interpretare i loro desideri più grandi. Del resto questa è l’aspirazione di tutti, che i giovani riescono a interpretare e ad esprimere con maggiore libertà e sincerità. Il messaggio di Gesù è un vangelo, cioè una buona notizia. È solo da quel bene offerto a tutti che può farsi accettabile la dimensione faticosa della vita e la lotta necessaria contro il male.
Una Chiesa di persone e rispettosa delle persone
Ogni persona porta dentro di sé un mondo: gioie, dolori, desideri, aspirazioni, ferite…. La Chiesa che i giovani sognano dovrebbe essere capace di interpretare la dignità di ciascuno, nella sua realtà esistenziale, nella concretezza delle storie personali. Il pluralismo della società di oggi non è solo quello delle idee e delle visioni, ma anche quello delle situazioni personali, che oggi si differenziano sempre di più. Basti pensare alla storia delle famiglie, ai percorsi formativi e professionali dei giovani, alla mobilità che li caratterizza. I giovani vorrebbero che la Chiesa rispettasse questa pluralità, fosse disposta ad accogliere le storie personali con le loro ricchezze ma anche con i loro dolori e le loro difficoltà, con la creatività delle loro scelte, anche quelle forse sbagliate, forse discutibili, forse incerte. Accogliere non significa condividere, ma semplicemente offrire una «casa» nella quale camminare insieme, dialogare, sostenersi. I giovani vorrebbero che la Chiesa offrisse loro spazi di dialogo, a prescindere dalle scelte di ciascuno e valorizzasse le relazioni orizzontali. Afferma questa giovane: «idealmente, mi piacerebbero degli spazi aperti di discussione e di ascolto. Una cosa che ho vissuto nella chiesa è una sorta di somministrazione di conoscenza, dall’alto verso il basso, e mi piacerebbe molto che ci fosse invece uno spazio orizzontale dove parlare delle cose, elaborare le cose, e poi uno spazio capillare, un po’ come nel catechismo, diviso per età, per incontrare le persone lì dove sono nel percorso della spiritualità. Che sia uno spazio autentico, dove non si abbia paura di non essere accettati, uno spazio davvero accogliente». (F24). Uno spazio di libertà, dove ciascuno possa essere e sentirsi se stesso.
Una Chiesa di relazioni
La sensibilità per le relazioni è uno dei tratti che caratterizza la sensibilità giovanile. Le relazioni sono così importanti da apparire ad alcuni di loro il senso stesso della vita. La comunità cristiana dovrebbe costituire un luogo privilegiato per realizzare il desiderio giovanile di incontro con gli altri, se non fosse che talvolta le relazioni sono irrigidite dalle strutture, banalizzate nell’inautenticità, vanificate da un anonimato che pone gli uni accanto agli altri senza legami e senza scambio. Al contrario di ciò che comunemente si pensa, i giovani cercano punti di riferimento, figure adulte disponibili ad accompagnarsi alle loro ricerche e sostenerli nelle loro inquietudini. Devono essere però relazioni adulte, rispettose, libere da ogni clericalismo e da ogni paternalismo. C’è nei giovani oggi la tendenza a vivere un’esperienza spirituale senza comunità. Forse per eccesso di individualismo, forse per sfiducia nella qualità umana e cristiana delle relazioni ecclesiali spesso avvelenate dal pettegolezzo, dal giudizio, dalla superficialità, i giovani tendono a pensarsi in un’esperienza cristiana solitaria. Una comunità cristiana cementata da relazioni autentiche, libere, calde, veramente fraterne potrebbe essere la strada per far capire ai giovani che la Chiesa, ben prima che un’istituzione, è una comunità di persone che si stimano, si vogliono bene, si aiutano.
Conclusione
Il sogno di Chiesa dei giovani è un sogno bello, che non ha nulla di stravagante, ma piuttosto delinea il profilo di una Chiesa autentica ed evangelica per tutti, quella descritta dagli Atti degli Apostoli, come ricorda uno dei giovani intervistati: «persone che lavoravano, che si dedicavano alle esigenze della comunità, che mettevano insieme i propri averi per aiutare i più bisognosi, e poi ritrovarsi insieme la domenica per condividere il pane, per mangiare insieme e per condividere le proprie esperienze». (M29).
PAOLA BIGNARDI