SHALINI MULACKAL
Vocazione religiosa chiamata ad accogliere la sinodalità
2023/6, p. 7
Pubblichiamo una lettura storico-ecclesiale importante per tutti i consacrati e le consacrate nel contesto del Sinodo e dei processi sinodali in atto a livello di Chiesa universale.

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FASI STORICHE E SINODALI DELLA VITA CONSACRATA
Vocazione religiosa chiamata ad accogliere la sinodalità
Pubblichiamo una lettura storico-ecclesiale importante per tutti i consacrati e le consacrate nel contesto del Sinodo e dei processi sinodali in atto a livello di Chiesa universale.
Introduzione
La vita religiosa c’è stata sin dagli inizi del cristianesimo. Nella prima chiesa c’erano donne che hanno scelto di non sposarsi e donne che, rimaste vedove, non si sono sposate nuovamente. Anche prima che emergesse la vita eremitica e, più tardi, quella cenobitica, nella chiesa primitiva le vergini e le vedove conducevano una vita di dedizione e santità. Questa vita totalmente dedicata e riservata all’amore esclusivo di Dio, ha attraversato varie fasi nel suo lungo viaggio: tra le altre, la fase eremitica, la fase monastica, la fase mendicante, la fase apostolica e oggi la fase planetaria, come alcuni la definiscono.
La vita religiosa è una chiamata a vivere in profondità la propria consacrazione battesimale. In quanto parte della chiesa, i religiosi sono chiamati ad essere un segno di ciò che significa essere chiesa, e specialmente di cosa significa essere una chiesa sinodale. Questo articolo è un tentativo di riflettere sulla vita religiosa come chiamata ad accogliere la sinodalità in questo tempo, nel quale la chiesa universale è impegnata in processi che – lo speriamo – spostino la chiesa da uno stile gerarchico di funzionamento a uno più partecipativo.
Panoramica storica
Nei vangeli, leggiamo come Gesù chiami alcuni dei suoi discepoli «a stare con lui e ad essere inviati ad annunciare la buona novella» (cf. Mc 3,14). Lasciando le proprie famiglie e quanto possedevano, seguirono Gesù. Dopo la sua morte e la sua risurrezione, diventarono il centro e il nucleo di un nuovo movimento all’interno del contesto sociopolitico e religioso giudaico. Incominciarono ad annunciare di Gesù ciò di cui erano stati testimoni. Ascoltando la loro testimonianza, molti, compresi molti non giudei, accolsero Gesù come loro Signore e Dio e furono battezzati (At 2,41; 4,4 ecc.). Quanti diventarono discepoli di Gesù, vissero nell’amore e nella comunione, condividendo ogni cosa (At 2,42-47; 4,32-35).
Ma questo movimento incontrò una grande opposizione sin dall’inizio (At 8,1-3). Coloro che seguivano Gesù furono perseguitati dalle autorità giudaiche. Furono imprigionati, frustrati e molti furono messi a morte. Tuttavia, la persecuzione contro coloro che credevano in Gesù non li fece smettere: continuarono a proclamare Gesù ovunque andassero. Quando questo movimento raggiunse altre parti dell’impero romano, Roma compresa, i cristiani furono messi a morte a causa della loro fede dagli imperatori romani. Ma accettarono la morte, anche quella arrivata nelle forme peggiori, con gioia. Durante i primi tre secoli, molti cristiani hanno dato testimonianza a Gesù spargendo il proprio sangue e offrendo la propria vita in sacrificio, come il loro maestro.
Nonostante le persecuzioni, il cristianesimo si diffuse. Nessuno, nemmeno i potenti imperatori di Roma, riuscirono a sopprimere o uccidere questo movimento. Fu costantemente nutrito dal sangue dei martiri e guidato dalla potenza dello Spirito. Tuttavia, questa fase del cristianesimo non durò molto. Ai tempi dell’impero di Costantino, il cristianesimo fu dichiarato religione di stato dell’impero romano. Non solo la persecuzione si fermò, ma ai cristiani, specialmente alle guide, furono date posizioni di potere e privilegi. Molti divennero cristiani non per convinzione di fede, ma perché il cristianesimo era diventato religione di stato.
Il risultato fu che il cristianesimo perse il proprio iniziale fervore e la radicalità della sequela del Signore. Proprio in quel tempo, alcune persone, ispirate dallo Spirito Santo, rinunciarono al mondo e andarono nel deserto per vivere una vita radicale secondo il vangelo. Il primo padre del deserto fu Paolo di Tebe. Antonio il Grande, che andò nel deserto verso il 270 d.C., è il padre del deserto maggiormente conosciuto. È indicato come fondatore del monachesimo del deserto. Quando morì nel 356 d.C., c’erano già migliaia di monaci e monache che nel deserto vivevano una radicale vita cristiana.
Per una persona sola, nel deserto era davvero difficile vivere una vita così rigorosa. Pian piano questo stile di vita si tramutò in uno stile di vita in comune. Quando san Benedetto scrisse la regola per il cammino religioso di monachi e monache, la vita religiosa entrò nella fase monastica. Ma continuò la profonda ricerca di Dio che aveva caratterizzato la fase del deserto, aggiungendo qualcosa in più: la preghiera. Lavoro e vita comune divennero il segno distintivo e i punti di forza della vita monastica. Una fase ulteriore della vita religiosa emerse con persone come san Francesco d’Assisi che abbracciò uno stile di vita mendicante, rinunciando ad ogni cosa, compresa la sicurezza economica; ha seguito le orme di Cristo che era povero e ha vissuto una vita in totale dipendenza da Dio, senza avere una propria casa.
In risposta a varie necessità, iniziò un’altra forma di vita religiosa, cioè quella apostolica. Molte persone, uomini e donne, ispirati sempre dallo Spirito, lasciarono tutto dietro di sé ed abbracciarono una forma di vita che permetta un’intensa ricerca di Dio nella preghiera, la vita in comune e il servizio alla gente bisognosa nell’apostolato. Ancora oggi migliaia di uomini e donne in tutto il mondo portano avanti questo stile di vita, conosciuto come ‘vita religiosa apostolica’.
Religiosi e religiose, nel corso dei secoli, hanno dato visibilità alla chiesa con la loro vita. Sono stati al cuore della chiesa. Come gli apostoli, scelti e mandati per proclamare Cristo, queste persone hanno continuato l’attività missionaria della chiesa e hanno proclamato il vangelo con la propria vita e anche con quanto hanno compiuto. La domanda che sorge per noi oggi è come noi possiamo interpretare questa forma di vita dentro una chiesa che si trova all’interno di un processo di rinnovamento attraverso il cammino sinodale. Ma prima di rispondere a questa domanda, riassumiamo il cammino della chiesa sino ad oggi, nel suo sforzo di abbracciare il cammino sinodale.
Sinodo e sinodalità
Sin dall’inizio del pontificato, nel marzo 2013, papa Francesco ha continuato ad esortare la chiesa a seguire il Gesù dei vangeli. Per esempio, ha invitato i pastori della chiesa ad avere l’odore delle pecore e ad accogliere veramente tutti, specialmente le donne e altri gruppi marginali nel rito della lavanda dei piedi il Giovedì Santo. Lui stesso ha dato l’esempio lavando i piedi di carcerati, uomini e donne, anche di altre fedi. Attraverso i suoi discorsi nelle varie occasioni, attraverso le esortazioni apostoliche, attraverso le encicliche come Evangelii gaudium, Laudato si’ e Fratelli tutti, non ha mai smesso di chiamare tutta la chiesa al rinnovamento e alla vita radicale secondo il vangelo. Proprio in questo contesto ha assunto particolare significato la convocazione della 16a assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi con il tema: «Per una chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione». Perciò, questo sinodo è un ulteriore passo nella direzione del rinnovamento ecclesiale e di una nuova rinascita per la chiesa.
Il 9 ottobre 2021 papa Francesco ha aperto la 16a assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi. Il Sinodo dei vescovi venne istituito da papa Paolo VI nel 1965, pensato come organo consultivo per il papa. Da allora ci sono stati vari sinodi su vari temi.
La visione a lungo termine di questo sinodo è che tutta la chiesa entri gradualmente in un nuovo modo di essere chiesa, una chiesa che sia partecipativa, egualitaria ed inclusiva; una chiesa dove l’uguaglianza battesimale sia vissuta in ogni aspetto della vita e della sua missione; una chiesa dove ciascuno partecipi nella vita e nella missione come uguali discepoli di Gesù. In sintesi, papa Francesco desidera che la chiesa del terzo millennio sia una chiesa sinodale dove tutti camminino insieme e partecipino alla sua vita e alla sua missione.
A differenza dei precedenti, questo Sinodo dei vescovi avviene in tre fasi.
La prima e la seconda fase del sinodo sono già concluse: sono state celebrate a livello diocesano e a livello continentale. La prima fase del sinodo è stata caratterizzata da processi di consultazione per condividere lo stato delle esperienze di sinodalità vissuta nelle parrocchie e nelle diocesi. Lo scopo del sinodo è «piantare sogni, far emergere profezie e visioni, far fiorire la speranza, ispirare fiducia, ricucire ferite, tessere relazioni, risvegliare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro e creare un’intraprendenza luminosa che illuminerà le menti, riscalderà i cuori, darà forza alle nostre mani» (PD 32). La terza ed ultima fase, cioè la fase universale, inizierà ad ottobre 2023 e si svilupperà sino ad ottobre 2024.
La parola ‘sinodo’ deriva dal greco syn-odos, che significa: «insieme sulla strada», ovvero un percorso fatto insieme. D’altra parte, sinodalità fa riferimento al coinvolgimento e alla partecipazione di tutto il popolo di Dio nella vita e nella missione della chiesa. Perciò sinodalità è un processo di cammino comune e di comune discernimento per la chiesa di oggi. Lo si fa ascoltandosi reciprocamente, nella fede che lo Spirito Santo parla attraverso ogni battezzato e ogni battezzato è membro della chiesa. Durante la prima fase del sinodo, si è sperimentato cosa vuole dire che la chiesa intera ascolta senza pregiudizio e parla con coraggio. È stato tempo di dialogo a vari livelli: dentro la chiesa, con i cristiani di altre confessioni e con credenti di altre fedi. È stato un tempo di cammino comune con l’intera umanità e con la Terra.
In che modo la vita religiosa ha partecipato sinora ai processi sinodali? Molti religiosi hanno partecipato ai processi di consultazione nelle rispettive chiese locali. Inoltre, hanno partecipato ad un parallelo processo di consultazione organizzato dall’Unione Internazionale dei superiori Generali (USG) e dall’Unione Internazionale delle superiori Generali (UISG). Anche la sintesi di questa consultazione è stata sottoposta alla segreteria sinodale per la preparazione del documento per la fase continentale del sinodo insieme a tutte le altre sintesi delle conferenze episcopali dei vari paesi.
Conclusione
Analizzando la vita religiosa dalla sua origine e comprendendo cosa è la sinodalità, è giusto dire che oggi la vita religiosa è una chiamata ad abbracciare la sinodalità. Ricordiamo che la vita religiosa è nata come movimento di protesta all’interno della chiesa, specialmente nella fase del deserto. Ha operato come critica profetica della chiesa in quel momento. Attraverso la loro vita di ascesi e preghiera, i padri e le madri del deserto hanno sollecitato la chiesa alla conversione e al rinnovamento. La loro vita era caratterizzata da una intensa ricerca di Dio ed era centrata sulla conoscenza esperienziale di Dio e su una profonda relazione con lui. La vita religiosa non si è fermata lì. Da una sequela individuale, si è trasformata gradualmente in una comunità di cercatori di Dio. Condividendo la vita comune, la preghiera e il lavoro, le prime comunità erano di fatto sinodali.
Le prime comunità cristiane, come narrato negli Atti degli Apostoli, danno una bella immagine di come i cristiani vivessero come comunità che metteva ogni cosa in comune. In realtà, il disegno di Dio per l’umanità è che si formino comunità di amore e di fraternità. Il desiderio di Dio per l’umanità è che si cammini insieme. La vita religiosa è simbolo di quella comunità che Dio vuole veder realizzata dai credenti e dall’intera famiglia umana: una profonda comunione con Dio ed amicizia reciproca. Vivendo insieme come fratelli e sorelle, i religiosi sono segno di sinodalità, di una strada comune senza condizioni legate alla differenza di colore, razza, etnia, nazionalità, età, ecc. La vita religiosa è un compito e una grazia concessa ad alcune persone. Guardandola dalla prospettiva della sinodalità si può dire che la vita religiosa è una chiamata ad abbracciare la sinodalità.
SHALINI MULACKAL PBVM