Gellini Anna Maria
La leggenda del santo bevitore
2023/5, p. 40
Con La leggenda del santo bevitore, Ermanno Olmi realizza uno dei suoi migliori film. Ebbe la collaborazione alla sceneggiatura del grande critico cinematografico Tullio Kezich e trovò nel volto sofferente di Rutger Hauer un protagonista eccezionale per questa storia di caduta e redenzione.

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La leggenda del santo bevitore
Con La leggenda del santo bevitore, Ermanno Olmi realizza uno dei suoi migliori film. Ebbe la collaborazione alla sceneggiatura del grande critico cinematografico Tullio Kezich e trovò nel volto sofferente di Rutger Hauer un protagonista eccezionale per questa storia di caduta e redenzione.
Nel 1988 il regista Ermanno Olmi, di cui quest’anno ricorre il 5° anniversario della morte, realizzò una versione cinematografica de La leggenda del santo bevitore, ambientando la storia non nella Parigi del 1934, come nel testo originario di Roth, ma in quella contemporanea.
Adattando l’omonimo, splendido racconto di Joseph Roth (che aveva molti tratti in comune con la sua biografia, dalle origini mitteleuropee alla vicenda umana segnata da sofferenze, fragilità, sbandamenti), Olmi realizza una commovente parabola dell’uomo cambiato dallo sguardo di un Altro e salvato dalla Grazia, che supera instancabilmente ogni suo limite e peccato.
Un film meraviglioso, anche per le qualità visive e scenografiche e la scelta di interpreti perfettamente armonizzati con ogni ruolo. Vinse il Leone d’oro a Venezia nel 1988, poi l’anno successivo il David di Donatello, Nastro d’argento e Ciak d’oro come miglior film dell’anno.
Il personaggio
Andreas Kartack è un ex minatore polacco – trasferitosi per lavoro in Francia – caduto in disgrazia dopo aver ucciso accidentalmente un uomo, omicidio che lo porterà per qualche tempo in prigione. Poi, alcolizzato, Andreas vive a Parigi sotto i ponti, ma un giorno riceve 200 franchi da un uomo: un prestito da restituire non all’elegante sconosciuto bensì da riportare nel giorno di domenica a santa Teresa di Lisieux, nella chiesa di Santa Maria di Batignolles, dov’è presente una statua della santa. Grazie all’insperato prestito, Andreas rinasce. Però il vizio del bere non lo abbandona.
Il film presenta il susseguirsi di una serie di incontri che distolgono ogni volta Andreas dal suo impegno e che lo riportano al vizio: la donna per cui aveva ucciso involontariamente, un vecchio compagno di scuola diventato pugile famoso, una ballerina con cui vivere un’avventura. Ma la sua determinazione non viene mai meno, come pure il rimorso per i propri peccati e per il “debito” con la Santa da pagare. Andreas continua a cadere e a rialzarsi. In seguito a una serie di avvenimenti miracolosi e imprevedibili, di cui è grato, continua a perdere e ritrovare i soldi da restituire. Ogni domenica si avvicina alla chiesa ma viene sempre allontanato da qualcosa o da qualcuno, tentazioni invincibili per lui… E non ha mai la forza di mantenere l’impegno che pure vuole assolvere con tutte le sue deboli forze…
Messaggio umano e spirituale
Considerato l’argomento etico-religioso, davvero pochi registi hanno saputo affrontare al cinema i temi del sacro, del divino e del trascendente nella vita quotidiana con la stessa profondità, leggerezza e umana saggezza dimostrate in varie occasioni da Ermanno Olmi. Anche per questo, Olmi è stato un personaggio di primo piano nell’arte cinematografica; il suo approccio di fondo del fare cinema per il cinema – e non per il mercato o il produttore – rimane un valore raro nel panorama nazionale come in quello mondiale.
Uno sguardo in profondità sulla vicenda del santo bevitore, può dire a noi quanto ci rimane di santità possibile: riuscire a dibattersi fra le proprie debolezze senza lasciarsi sopraffare. Tentare, sempre. Credere che se qualche strada si perde (o ci si perde lungo il percorso) non significa fallire, ma avere la possibilità di ritentare. Prendere ciò che di buono ci regala la vita e quando non ci si riesce, avere fiducia nel futuro, in sempre nuove possibilità. Guardare il mondo come se stesse schiudendo sempre qualcosa di buono per noi, restando pronti a riconoscerlo e ad accoglierlo, senza fermarci mai.
E infine essere consapevoli che abbiamo sempre da assolvere un debito di misericordia nei confronti di quei nostri fratelli che sono in difficoltà e che non sempre siamo in grado di guardare con quella stessa giustizia non calcolatrice con cui è guardato il santo bevitore. Come Andreas Kartak, anche noi manchiamo ripetutamente di saldare il nostro debito, ma per tutta la vita ci verranno offerte gratuitamente e pazientemente infinite possibilità, così che – se come lui avremo la forza di non darci per vinti – anche noi potremo ricevere la grazia di “una morte così lieta e bella!”
ANNA MARIA GELLINI