Padre Viekoslav Curic testimone della fede
2023/3, p. 43
Il ricordo del francescano bosniaco padre Viekoslav Curic, a distanza della sua uccisione in Ruanda nel 1998, non è venuto meno e così nel venticinquesimo anniversario della sua morte, una Messa solenne è stata celebrata sulla sua tomba.
Ecco una testimonianza diretta della sua carità operosa.
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A 25 ANNI DALL'UCCISIONE
Padre Viekoslav Curic testimone della fede
Il ricordo del francescano bosniaco padre Viekoslav Curic, a distanza della sua uccisione in Ruanda nel 1998, non è venuto meno e così nel venticinquesimo anniversario della sua morte, una Messa solenne è stata celebrata sulla sua tomba. Ecco una testimonianza diretta della sua carità operosa.
Un personaggio formidabile è stato padre Viekoslav Curic, un francescano dei frati minori di Kabgayi. Nonostante vivessimo tutti e due da molti anni in Ruanda, non ci eravamo mai incontrati. Lo conobbi al solito posto di frontiera, tra Ruanda e Burundi, mentre stava battagliando con le autorità burundesi che non volevano far passare un camion pieno di riso che Vieko, come tutti lo chiamavano, stava portando al campo degli sfollati di Kabgayi. Un vero vulcano. Tanto fece che alla fine la vinse, e lo lasciarono entrare anche se le frontiere erano chiuse. Alla fine della guerra Vieko aveva messo insieme non meno di un centinaio di visti per i suoi innumerevoli passaggi al confine: i camion entravano carichi di viveri e uscivano pieni di gente, nascosta dietro materiali vari, in fondo ai rimorchi dei camion. Gli è sempre andata bene, non l’hanno mai scoperto. Io non l’ho mai fatto. Lo consideravo troppo pericoloso, per me e per gli eventuali passeggeri. L’unica eccezione è stata proprio con Vieko. Insieme abbiamo fatto uscire 17 preti francescani che si trovavano in grave pericolo. Avevamo un grande autoarticolato, l’abbiamo riempito per due terzi di casse di birra e nell’ultimo terzo, in fondo, abbiamo nascosto i frati, altri due li abbiamo piazzati sotto il camion. Eravamo arrivati alla frontiera e stavamo sbrigando le formalità. Mi accorsi che si erano avvicinati al veicolo un sacco di bambini e che, essendo piccoli, avrebbero potuto scorgere le persone nascoste sotto. «Vieko», gli sussurrai, «che facciamo? C’è il rischio che li vedano». «Le caramelle», mi rispose, «sul cruscotto c’è un sacchetto di caramelle». Presi i dolciumi e ne lanciai alcune manciate, gridando: «Ecco, bambini, ecco a voi. Vediamo chi ne prende di più». I piccoli si gettarono sui dolci. Ne nacque un gran parapiglia, ma soprattutto i loro sguardi si fissarono a terra, anziché sul pianale del camion. Finite le caramelle, erano concluse le formalità. E partimmo.
Qualche anno dopo la fine della guerra, Vieko è stato trovato ammazzato, una notte, a Kigali. Un colpo alla nuca, era seduto al volante della sua automobile. Forse è stato vittima di quella sua stessa generosità che lo aveva spinto, durante il genocidio, a rischiare mille volte la vita.