La Mela Maria Cecilia
Esdra preghiera di pentimento
2023/2, p. 21
Esdra, uno dei protagonisti della rinascita di Israele dopo l’esilio babilonese, faceva parte di quel piccolo resto che rende manifesto come la giustizia divina conosca la misericordia.

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Testimoni
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L’ICONA DELL’ORANTE
Esdra
preghiera di pentimento
Esdra, uno dei protagonisti della rinascita di Israele dopo l’esilio babilonese, faceva parte di quel piccolo resto che rende manifesto come la giustizia divina conosca la misericordia.
Dovendo scegliere una icona, tra le tante che ci offre la Sacra Scrittura, della preghiera che apre al pentimento vogliamo riferirci a quella dell’orante (cfr. Esd 9,5-15) che di sé dà una precisa descrizione: «All’oblazione della sera mi alzai dal mio digiuno, con la veste e il mantello stracciati; poi caddi in ginocchio e stesi le mani verso l’Eterno, il mio Dio, e dissi…». Si tratta del sacerdote-scriba Esdra, uno dei protagonisti della rinascita di Israele dopo l’esilio babilonese. Egli faceva parte di quel piccolo resto che rende manifesto come la giustizia divina conosca la misericordia. Ed è proprio la sopravvivenza provvidenziale di questa parte di popolo a garantire la continuità dell’elezione. Se da un lato il gruppo dei rimpatriati si è mantenuto fedele all’alleanza anche in terra straniera, tuttavia non è poi stato esente da cadute, soprattutto il “delitto” dei matrimoni con donne pagane.
I gesti preparatori compiuti da Esdra hanno una forte connotazione simbolica che esprime profonda contrizione e consapevolezza della gravità della situazione. Una preghiera accorata e corale che sente tutto il peso dell’aver offeso Dio, più che paura della punizione: «O mio Dio, io sono confuso e mi vergogno di alzare la mia faccia a te, o mio Dio, poiché le nostre iniquità si sono moltiplicate fin sopra il nostro capo, e la nostra colpa è giunta fino al cielo». Esdra esplica il suo ruolo di pontefice tra Dio e il popolo parlando a nome di tutti, consapevole della necessaria conversione. Ciò che muove al pentimento, è il riconoscere la magnanimità e la benevolenza del Signore verso Israele: «Ma ora l’Eterno, il nostro Dio, ci ha fatto grazia per un breve istante, lasciandoci un residuo e dandoci un asilo nel suo santo luogo, e così il nostro Dio ha illuminato i nostri occhi e ci ha dato un piccolo risveglio nella nostra schiavitù. Infatti noi eravamo schiavi, tuttavia il nostro Dio non ci ha abbandonati nella nostra schiavitù». La lettura storica del brano ci rimanda ad una reale schiavitù, ma non è azzardato leggervi anche la schiavitù in cui il popolo è tenuto dal peccato. Eppure Dio va oltre la miseria, perdona, salva e libera. Solo così è possibile «rialzare la casa del nostro Dio, restaurandone le rovine».
Quando la consapevolezza di essere perdonati in modo preveniente e gratuito ci apre il cuore, allora il dolore per la colpa - e guai se non ci fosse! – diventa sicura determinazione nel migliorarci. Perché quando il Padre offeso e colpito continua a non fare mancare la sua cura, veramente ricrea le condizioni della vita. «Che ci sia dispiacere, desiderio, speranza o gioia, la compunzione è sempre un frutto della carità divina. Dio vi ritrova il suo soffio che, partito dal suo cuore, si comunica al nostro e rientra nel suo, arricchito di ciò che il nostro cuore ha amato […]. È una fiamma chiara e pura che improvvisamente s’innalza e, toccando le corde della sensibilità, commuove tutta l’anima e fa passare in lei come un fremito divino che la strappa a se stessa e le fa dire: “Mio Dio” in una maniera tutta nuova e che prima non conosceva».
Storia di misericordia
Confessare allora i nostri peccati diventa liberatorio per l’anima e ricostituente l’armonia infranta da parte nostra. Lui è il fedele che accetta il male, la perdita temporanea dei figli se tutto questo porta e apre ad una via nuova. «Ma dopo tutto quanto ci è venuto addosso a motivo delle nostre azioni malvagie e delle nostre grandi colpe, poiché tu, o Dio nostro, ci hai punito meno di quanto meritavano le nostre colpe e ci hai lasciato un residuo come questo, torneremo noi di nuovo a violare i tuoi comandamenti? Non ti adireresti contro di noi fino a distruggerci senza lasciare più alcun residuo o superstite? O Eterno, Dio d’Israele, tu sei giusto, e perciò oggi siamo rimasti noi, un residuo di scampati. Eccoci davanti a te con la nostra colpa, benché a causa di essa nessuno può reggere davanti a te!». Sembra raccordarsi qui la voce dei numerosi “misericordiati” di ogni tempo. Chi gusta la potenza di questa misericordia non può non elevare un inno di lode, di riconoscenza, di fiducia, di adesione. La potenza di Dio sta proprio nella compassione, nell’amore, nell’efficacia della grazia che raggiunge, trasforma, risana il cuore dell’uomo. Dio è sì il Trascendente, l’onnipotente, ma non è l’inaccessibile, l’irraggiungibile, perché il Dio potente è soprattutto il Dio Carità, il Padre misericordioso, il Dio Amore, il Dio mite preannunciato dai Profeti e rivelato pienamente da Gesù, il Verbo incarnato che, per dirla con san Paolo, pur essendo di natura divina si è fatto obbediente sino alla morte di croce (Fil 2,6-11), da ricco si è fatto povero (2Cor 8,9), da padrone si è fatto servo.
Come afferma don Fabio Rosini commentando il Vangelo in cui il Battista addita Gesù come l’Agnello che toglie i peccati del mondo, «il peccato è un materiale che l’uomo non sa gestire. Ognuno è costretto a portare sulle spalle il peso dei propri errori […]. Il tema della colpa è difficilissimo da svolgere per il cuore umano […]. Inutile cercare soluzioni razionali o sentimentali. Ci vuole qualcuno che abbia il potere di perdonare i miei errori, sicché non siano più il ricordo di quanto ho saputo sbagliare, ma di quanto sono stato amato.
Ecco Colui che prende su di sé il peccato del mondo. Ecco chi illumina il mio passato trasformandolo in una storia di misericordia».
Viene in mente quel noto racconto in cui un figlio uccide la propria madre strappandole persino il cuore per portarlo come prova d’amore alla donna spietata di cui è innamorato perdutamente. Ebbene nella sua corsa l’uomo inciampa e cade a terra. Allora il cuore si anima e parla: «Figliolo mio, ti sei fatto male?». Davvero una immagine materna verosimile e struggente. Ancor più se la riportiamo a Dio Padre, al Cristo crocifisso che arriva persino a scusare i suoi crocifissori, a Maria Vergine che ci accoglie tutti così come siamo... Tutti noi miseri siamo abbracciati dalla misericordia.
Infine un pensiero che ci riporta al 12 marzo 2000. Era la prima domenica di Quaresima quando papa Giovanni Paolo II, nel contesto dell’anno giubilare, durante la celebrazione eucaristica chiese perdono al Signore dando il via a quel processo definito di “purificazione della memoria”. «Come successore di Pietro, chiedo che in questo anno di misericordia la Chiesa, forte della santità che riceve dal suo Signore, si inginocchi dinanzi a Dio e implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli. Tutti hanno peccato e nessuno può dirsi giusto dinanzi a Dio (cfr. 1Re 8,46).
I cristiani sono invitati a farsi carico, davanti a Dio e agli uomini offesi dai loro comportamenti, delle mancanze da loro commesse. Lo facciano senza nulla chiedere in cambio, forti solo dell’ “amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori” (Rm 5,5)» (Tertio millennio adveniente, 33).
Per Dio non importa più chi sei stato. Importi tu, adesso. E come sarai. Se ti senti amato sei già salvato.
SUOR MARIA CECILIA LA MELA OSB