Orlandini Nicolò
Sogno… e son desto
2023/12, p. 8
Parole e istantanee della XV edizione dal titolo «Sogno, regole, vita».

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
IL RACCONTO DEL FESTIVAL FRANCESCANO 2023
Sogno… e son desto
Parole e istantanee della XV edizione dal titolo «Sogno, regole, vita».
Lo dicono gli scienziati: il 90% dei sogni che facciamo svaniscono al nostro risveglio. E se non stiamo attenti a scriverci da qualche parte i pochi superstiti, è probabile che entro 15 minuti ci dimenticheremo per sempre anche quelli. Insomma, sognare sembra il più delle volte un’attività inutile, destinata a svanire al sorgere del sole, all’inizio della nostra quotidianità, dei nostri giorni uguali a se stessi. Ma è sempre così? Per fortuna no. Ci sono sogni che superano la notte, il giorno dopo e quello ancora dopo. Alcuni, addirittura, superano i secoli. Come quello di san Francesco d’Assisi.
È infatti dal sogno di una notte del 1223 che è nata la Regola Francescana. Una regola che si è fatta poi vita per centinaia di migliaia di uomini e donne. Vita piena di fraternità. E dal 21 al 24 settembre scorso, il Festival Francescano ha dedicato la sua XV edizione proprio a quel sogno. Perché da quel sogno, da quella regola e da quella vita vissuta potessero nascere, nell’incontro e nel confronto, nuovi sogni e nuove regole per cambiare il mondo. Ecco come è andata…
Concentrazione di sognatori
Sono stati quattro giorni davvero intensi quelli del Festival Francescano 2023. Quattro giorni in cui la splendida piazza Maggiore di Bologna è diventata il luogo con la più alta concentrazione di sognatori al mondo. Sono state, infatti, ben 50mila le presenze agli oltre 160 eventi della kermesse. Un popolo che è sceso in piazza non per protestare o per difendere sicurezze acquisite, ma per ascoltare, riflettere, lasciarsi interrogare nel profondo. E perché no, anche cambiare opinione, accettare la diversità e la complessità del presente. Immaginando mondi e regole nuove.
Tra gli incontri (disponibili online sul canale YouTube del Festival) che più hanno lasciato un segno, non si può non partire da quello tra la giornalista di esteri Cecilia Sala e il cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente CEI. I due, davanti a una piazza gremita, hanno parlato di attualità, di pace e di sogni infranti. Un tema, quello della pace, più che mai attuale, visti i recenti e drammatici eventi internazionali. Una pace che «deve essere costruita giorno dopo giorno, con fatica», ha detto Zuppi. Una pace che può nascere anche dalle piccole cose, dai piccoli attimi di gioia dentro un presente disperato, come ci ha raccontato Sala: «Un giorno una signora ucraina mi ha spiegato che ovunque puoi coltivare la vita, la felicità, l'allegria. È fondamentale per affrontare un dramma».
Sognare in grande
Sempre di sogni, e in particolare della necessità per i ragazzi e i giovani di oggi di sognare in grande (perché no, fino alla luna), ha parlato lo psichiatra Paolo Crepet. Ricordando a tutti i presenti che «nessuno di noi è normale, tutti siamo unici. San Francesco non era normale! Fosse vissuto adesso l'avrebbero messo in una clinica per farlo diventare normale. Meno male che ci sono stati dei rompiscatole come lui che ci hanno insegnato a vivere!». Il consiglio? Sognare come san Francesco, con lo stesso coraggio e «pazzia».
Diritto e giustizia
Di regole, norme e leggi per vivere insieme, si è parlato invece con l’ex magistrato Gherardo Colombo, in una coinvolgente lectio magistrali in piazza in occasione del 75° anniversario della Costituzione Italiana, la «regola» più importante del nostro paese: «Aldo Moro diceva che non c'è bisogno di un diritto penale migliore, ma di qualcosa di meglio del diritto penale, e io sono d'accordissimo. Non è con il diritto penale, ma con la giustizia sociale che preveniamo la devianza». Di giustizia sociale ha parlato anche il filosofo Roberto Mancini. Una giustizia che non può consistere esclusivamente nel punire ma deve risvegliare le coscienze, promuovere il rispetto della inalienabile dignità delle persone e risanare le situazioni compromesse dai conflitti.
Ma le regole possono anche invocare una «giusta» disobbedienza se si trasformano in scuse de-responsabilizzanti, come ha raccontato al Festival il filosofo Frédéric Gros.
Infine, tanti gli incontri sul passato, presente e futuro della regola francescana, a partire dal grande convegno di apertura con accademici internazionali organizzato dallo storico Jacques Dalarun.
Gli ultimi e gli invisibili
C’è stata poi la vita, nell’agorà di piazza Maggiore. La vita dei migranti che sbarcano in Italia, di chi subisce violenza, dei poveri, degli «ultimi». Con la scrittrice e giornalista Annalena Benini, ad esempio, si è parlato, partendo dal suo ultimo libro, della vita coraggiosa di Annalena Tonelli, uccisa nel 2003 mentre era in missione in Somalia. Esempio di forza femminile, tra grandezza e senso del limite, talento e vocazione. Mons. Giovanni Checchinato, invece, ha regalato al pubblico del Festival una splendida «Omelia per gli invisibili», la sua storia di vescovo dove esiste una «quarta mafia». Delle tante donne che subiscono violenza, soprattutto psicologica e sociale, ha parlato la filosofa Michela Marzano. Sulla vita degli «ultimi» si sono confrontati fra Marcello Longhi, presidente dell’Opera San Francesco per i Poveri di Milano, e lo psichiatra Vittorio Lingiardi. Un dialogo intenso e profondo sulle vite scartate di oggi. Le parole di Lingiardi: «La parola “scartare” rimanda a ciò che consideriamo inutile o eccedente (molti poveri vivono dei nostri scarti); significa rifiutare in seguito a una selezione perché non conveniente, non buono, non adatto… ma scartare è anche spostarsi di lato, dribblare. La sorpresa insita nello scarto mi riporta all’osservazione di Wittgenstein per cui «noi aspettiamo questo e siamo sorpresi da quello». Dunque, al pensiero che occorre un sentimento di meraviglia, a volte persino spaventoso, per contemplare l’accoglienza di chi non è atteso».
Una Chiesa aperta per tutti
Contemplazione, preghiera e ringraziamento nella santa Messa conclusiva (rigorosamente in piazza) celebrata dal cardinale Zuppi, che ha commentato: «Sono stati giorni di gioia, incontro e letizia nella semplicità, in piena regola francescana. Elementi, questi, importanti per il cammino sinodale che stiamo intraprendendo. Con il Festival abbiamo visto una Chiesa in uscita: rimaniamo in uscita!».
Sì, il Festival Francescano 2023 è stato soprattutto questo: una chiesa aperta, per tutti. Oltre quattro mila i «caffè con il francescano», una delle attività di piazza più amate del Festival. Più di quattrocentocinquanta i libri «consultati» alla biblioteca vivente, dove persone in carne e ossa si sono raccontati per abbattere pregiudizi e stereotipi. E poi, ancora, migliaia di bambini e famiglie che hanno giocato e partecipato alle tante iniziative dell’Antoniano di Bologna e di altre associazioni del territorio. Famiglie e giovani provenienti da tutta Italia, dal Veneto alla Sicilia, dalla Puglia alla Lombardia. Spettacoli che hanno riempito di musica e testimonianze il cuore di Bologna. Decine di libri presentati, migliaia di commenti e visualizzazioni sui social.
E sempre il cardinale Zuppi: «Senza sogno non c’è speranza. La speranza guarda quello che ancora non c'è, cerca quello che vogliamo che corrisponda ai nostri desideri, quindi ai nostri sogni. Se il sogno non vuol dire anche regola, e quindi vita, si perde oppure diventa soltanto un modo per chiudersi di fronte alla realtà. Mentre il sogno di Dio ci fa entrare dentro la realtà.» Il Festival Francescano è stato anche questo, un sogno pieno di speranza.
Sognare insieme
Tra le parole e le istantanee di questa ricca edizione, rimane però una domanda: come fare a non dimenticarci del sogno di questi giorni? Come ha fatto il santo d’Assisi a tenersi stretto il suo?
La risposta, forse, sta proprio nella piazza colorata, multiforme e gioiosa del Festival: sognare insieme. Sognare insieme non è un’evasione inutile, ma un’arma potente e pacifica. I sogni fatti insieme sono più difficili da dimenticare. Il sogno comune è la speranza che unisce la comunità che guarda a un futuro migliore.
Lo ha detto al termine della quattro giorni Valentina Giunchedi, Presidente del Movimento Francescano dell’Emilia-Romagna, che organizza il festival dal 2009: «Vorrei ricordare una frase che è stata ripetuta più volte in questi giorni: Il sogno diventa vita soltanto se lo condividi. Un motto, questo, che abbiamo messo in pratica con il coraggio e la semplicità di permettere di lasciarci interrogare da diverse situazioni che incontriamo nella nostra vita. Spesso infatti, rimaniamo inermi, senza il coraggio di evolvere… Ecco, il nostro sogno è che questo tempo passato insieme possa aver contribuito a donare entusiasmo al futuro. Come Famiglia Francescana, è stato un onore fare da tramite per i tanti incontri avvenuti in questi giorni. Il ringraziamento va al cardinal Zuppi, alla diocesi e a questa splendida città che ci accoglie, a coloro che hanno partecipato a vario titolo, ai volontari, ai collaboratori, ai frati, alle suore e ai laici francescani che credono nel festival tutti i giorni dell’anno».
Sì, il Festival Francescano continua tutti i giorni dell’anno. La macchina organizzativa, infatti, si è già messa in moto per organizzare la prossima edizione, che si terrà a Bologna dal 26 al 29 settembre 2024. Tema? Ferite che si aprono, ferite che aprono. Queste le parole di fra Dino Dozzi, direttore scientifico del Festival: «Ci sono ferite che si aprono, come le violenze, le guerre, le delusioni, le malattie; ma ci sono anche ferite che aprono alla condivisione, alla misericordia, alla solidarietà, alla fraternità. Ferite dolorose le prime, ferite gioiose le seconde. Perché questa attenzione del Festival Francescano 2024 alle ferite con il loro doppio significato? Perché il 2024 è l’ottavo centenario delle stimmate di san Francesco. Nell’ultimo periodo della sua vita, Francesco attraversò due anni di forte tentazione, tanto da non riuscire più a stare serenamente in mezzo ai suoi fratelli. A La Verna Francesco capì che è bella la perfezione personale, ma ancor più bella è la fraternità. Le ferite che si erano aperte si erano trasformate in ferite che aprirono Francesco alla fraternità. È un cammino che il Festival Francescano 2024 vuole studiare e proporre anche per le nostre tante ferite di oggi». In attesa, non resta che tenersi aggiornati su www.festivalfrancescano.it, dove il Festival continua con nuove proposte e contenuti. Per non dimenticarci dei sogni condivisi di bene.
NICOLÒ ORLANDINI