Morgante Patrizia
Una Chiesa sinodale in cammino
2023/12, p. 5
Assistiamo a un maggior numero di donne laiche e consacrate nominate in diverse posizioni della struttura della Chiesa. Si tratta di un enorme cambiamento sul riconoscere un ruolo maggiore alle donne: è un cambio culturale e richiede tempo.

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SINODALITÀ CIAK 1: E ORA COSA?
Una Chiesa sinodale in cammino
Assistiamo a un maggior numero di donne laiche e consacrate nominate in diverse posizioni della struttura della Chiesa. Si tratta di un enorme cambiamento sul riconoscere un ruolo maggiore alle donne: è un cambio culturale e richiede tempo.
Domenica 29 ottobre 2023 si è chiusa la prima sessione del Sinodo sulla sinodalità con una maestosa Messa in San Pietro. La notte prima era stata pubblicata sul sito del Vaticano la relazione di sintesi «Una Chiesa sinodale in cammino», votata dai 344 partecipanti con diritto di voto, di cui solo un voto contrario. Non nascondo la curiosità di sapere il nome e, soprattutto, il motivo di questa scelta. La relazione si compone di 3 parti, con 20 capitoli, 36 pagine in totale (documento pdf). Quella notte avevamo lasciato l’ora legale, quindi il mio orologio biologico, insieme alla curiosità di leggere la sintesi, mi ha fatto svegliare molto presto per andare a leggere il contenuto. Avevo delle aspettative e delle aspirazioni? Certo. Sarei disonesta se non lo ammettessi. Molte e molti ne avevamo; soprattutto perché il processo sinodale partecipativo aveva reso tanti fedeli più consapevoli del desiderio di una Chiesa cattolica più sinodale. Non dimentichiamo che, per la prima volta, 54 donne (14.9% del totale), tra laiche e consacrate, hanno potuto votare. Questo ha creato un’aspettativa maggiore da parte del mondo femminile su possibili cambi concreti per una maggiore partecipazione delle donne nei luoghi dove, nel rispetto della Tradizione e del Diritto canonico, è possibile aprire più ruoli e spazi per loro. Spazi dove le decisioni sono maturate (decision making) e dove, queste, vengono prese e assunte (decision taking).
Donne sinodali, ma non troppo
Un intero capitolo della relazione, nella parte II dal titolo «Tutti discepoli, tutti missionari», è dedicata a «Le donne nella vita e nella missione della Chiesa». Il solo fatto che ci sia questo capitolo ci ricorda che esiste una questione femminile nella nostra Chiesa; questione che ha varie sfaccettature e sfumature. È interessante notare con maggiore attenzione il quadro delle votazioni: appare evidente il più elevato numero di voti contrari nel capitolo «dedicato» alle donne nella Chiesa, seguito da quello relativo ai diaconi, al punto i dove si riprende «la questione dell’accesso delle donne» al diaconato; presbiteri, al punto f, dove si parla di celibato. Questi sono stati i capitoli che hanno avuto più di 60 voti contrari. Negli altri capitoli, i numeri sono più bassi. Non possiamo non cogliere un certo timore di una parte dei partecipanti al Sinodo verso un’apertura più assertiva nei confronti delle donne; la paura di non sapere come può cambiare la Chiesa con una presenza più significativa di donne in luoghi oggi a prevalenza maschile, ma potenzialmente già possibili per le donne; o di altre opzioni, come il diaconato, che vedrebbero un cambiamento nella gestione del potere del sacro. Emerge anche un tono un po’ paternalistico, in questo capitolo, verso le donne nella Chiesa; continuando a percepirle come destinatari di azioni pastorali e, veramente poco, soggetti attivi di evangelizzazione e trasformazione sociale. Questo contraddice la realtà di tante laiche impegnate a livelli alti di insegnamento e ricerca teologica e di tante consacrate impegnate, con poca visibilità, contro la tratta di persone, nella cura della casa comune, nell’azione di lobbying (influenzare le scelte dei decisori) e advocacy (porre una tematica al centro dell'agenda politica attraverso campagne di sensibilizzazione). Cristina Inogés Sanz, teologa spagnola, ha partecipato al Sinodo su invito diretto di papa Francesco: «Molte donne in passato hanno cercato di aprire cammini e, spesso, hanno perso la vita per questo. Oggi mi rallegro che ci sia una persona come papa Francesco, con una sensibilità particolare, e spero che crei come un contagio nella Chiesa questa attitudine del nostro papa di aprire porte alle donne e farci entrare. D’altronde è questo il modo in cui entriamo noi donne in alcuni posti, perché degli uomini ci invitano e se non vogliono, noi non abbiamo modo di entrare».
E ora cosa facciamo?
Da più parti si sente porre questa domanda: siamo a un punto importante del cammino sinodale iniziato due anni fa con la fase diocesana, seguita da quella continentale. Tante parole e documenti prodotti. Ci aspetta un anno intero prima della prossima sessione del Sinodo sulla sinodalità, voluta da papa Francesco. Cosa siamo chiamate e chiamati a fare in questo anno? Io sento con chiarezza che sia necessario riprendere la relazione di sintesi (nel frattempo potrebbe essere uscito un altro documento sinodale), riflettere personalmente e comunitariamente sulle questioni in sospeso e sulle domande che, ogni capitolo, lascia aperte.
Se vogliamo che la seconda sessione faccia dei passi in avanti sul prendere decisioni concrete su una riforma più sinodale della Chiesa, dobbiamo, noi fedeli per primi, disegnare questa riforma con proposte concrete, consapevoli delle resistenze che emergono nel leggere tra le righe della sintesi stessa, o dagli aggiornamenti quotidiani della Sala stampa del Vaticano durante il Sinodo. È evidente la diversità di posizioni e vedute nella nostra Chiesa. Le tensioni che ne emergono possono essere rivelatrici di prospettive diverse che richiedono un certo coraggio per nominarle e implementarle. Non sono le tensioni a essere un ostacolo alla riforma, ma il peso e il potere di persuasione che ha chi porta avanti una narrazione piuttosto che un’altra. A me sembra chiaro che continui a prevalere la parte del timore, della precauzione, della poca fiducia nel tempo e nella storia che ci tocca vivere. Un appassionato di calcio direbbe che giochiamo molto in difesa con la speranza di non perdere troppo. Sr. Patricia Murray, segretaria esecutiva della UISG, dice: «Sono quasi dieci anni che ricopro questo ruolo e ho visto sempre un maggior numero di donne laiche e consacrate nominate in diverse posizioni della struttura della Chiesa. Ho visto un enorme cambiamento nelle ultime decadi sul riconoscere un ruolo maggiore alle donne; è un cambio culturale e richiede tempo. Nel Sinodo per me è stato importante parlare di chi ha sofferto a causa della Chiesa e chi non si sente incluso e a casa nella Chiesa. Cosa possiamo fare perché tutti (come sottolinea sempre papa Francesco, tutti tutti tutti) si sentano accolti e amati»? Mi domando se la presenza di più donne potrebbe portare anima nella comunità ecclesiale, che nutra il coraggio di passare dalla difesa alla proposta di una strategia di gioco che sia rispettosa di tutte e tutti, ma pro-attiva e leader di modelli relazionali dove tutte e tutti possano avere la parola?
Facilitare dialoghi sinodali
Come ci ricorda più volte papa Francesco, quello sinodale è un processo spirituale; non è un mero metodo democratico di decidere (con tutto rispetto per la democrazia!). È lo Spirito Santo il protagonista. Di conseguenza il nostro compito è di creare le condizioni interiori e comunitarie per sintonizzarci con lo Spirito. Sin dall’inizio la metodologia della conversazione nello Spirito ha occupato un ruolo fondamentale in questo cammino sinodale, così come il discernimento. In questo anno vedo tante facilitatrici e facilitatori creare spazi di dialogo sulle questioni che hanno a cuore per avviare ‘conversazioni’ dove ogni partecipante può prendere parte, senza essere giudicato o escluso per posizioni non conformi. Sr. María Luisa Berzosa, facilitatrice nel Sinodo: «Il mio ruolo era quello di ascoltare e moderare il dialogo ai tavoli o circoli minori, come usiamo chiamarli. Non avevo diritto di parola e di voto. Dovevo avere cura che tutti e tutte si sentissero ascoltati e che ascoltassero, rispettando i 4 minuti per prendere la parola. Ogni giorno si affrontava un tema e si iniziava sempre con un momento di silenzio per farci consapevoli, poi si apriva un primo giro di interventi in cui la persona condivideva il frutto della sua riflessione personale sul tema, si ascoltava e basta, non era possibile dibattere o interrompere. Dopo un breve momento di silenzio, si apriva una seconda sessione dove le persone al tavolo risonavano con gli interventi altrui; alla fine si evidenziava insieme ciò che era emerso per poterlo portare come risultato del lavoro del tavolo». Avete visto l’immagine dell’Aula Paolo VI trasformata per il Sinodo con tanti tavoli rotondi e persone che, intorno, si guardavano da posizioni simmetriche? Pensate questa immagine ampliata alle parrocchie, ai movimenti ecclesiali, alle congregazioni religiose femminili e maschili, alla vita consacrata: persone che, indipendentemente dal genere, etnia, posizione politica e culturale, si siedono intorno a una tavola rotonda e dialogano, si esprimono e si ascoltano in modo profondo. Consapevoli che tutte e tutti abbiamo dei punti ciechi e la prospettiva dell’altro ci apre orizzonti impensabili. Persone che dialogano nella libertà, e si fanno canali dove il soffio dello Spirito possa circolare e nutrire. Sintonizzati al punto di saper cogliere cosa emerge dal noi che si va costruendo nel dialogo. Ho provato personalmente la «conversazione nello Spirito» ed è un momento veramente generativo se vissuto nella sua dinamicità. Per questo motivo sogno una comunità ecclesiale in attitudine di discernimento continuo, che ci aiuti a passare dall’Io al Tu e poi al Noi, per ritornare all’Io. Un processo dinamico fatto di domande generative. Il ruolo importante che la comunicazione digitale ha giocato in questo sinodo ce lo conferma lo spazio dedicato ai missionari e missionarie digitali e influencer. Sr. Xiskya Valladares ha partecipato al sinodo digitale e afferma: «L’esperienza del sinodo digitale è stata incredibile per l’alto numero di persone che hanno partecipato. La maggior parte persone lontane dalla Chiesa per motivi diversi. Molti con un senso spirituale che sentono di non poter esprimere dentro questa Chiesa. Ciò che ci ha toccato di più è il loro desiderio di essere accolte di nuovo nella Chiesa».
Cosa aspettiamo? Non sentite che tutto questo ci chiama a muoverci e incontrarci per uscire dal nostro «già conosciuto»? Buon anno sinodale a tutte e a tutti!
PATRIZIA MORGANTE