Bonaccorso Giorgio
Neuroscienze e relazioni umane
2023/11, p. 45
Proponiamo un impegnativo articolo del monaco benedettino Giorgio Bonaccorso, che ci aiuta a comprendere che le neuroscienze costringono oggi a ripensare l’umano. Esse, indagando sul cervello, di fatto riprendono in modo nuovo il rapporto anima-corpo.

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ACQUISIZIONI SCIENTIFICHE
Neuroscienze e relazioni umane
Proponiamo un impegnativo articolo del monaco benedettino Giorgio Bonaccorso, che ci aiuta a comprendere che le neuroscienze costringono oggi a ripensare l’umano. Esse, indagando sul cervello, di fatto riprendono in modo nuovo il rapporto anima-corpo.
Le acquisizioni scientifiche arrivano a dirci che il corpo «crea» la mente. Il corpo infatti è la condizione che rende possibile il cervello e quindi la coscienza, compresa la coscienza morale. Da qui parte la nuova riflessione cristiana sul primato religioso del corpo. L’uomo è il corpo umano e ogni attentato al corpo è un attentato all’uomo.
Il termine «relazione» abbraccia un ampio ventaglio di significati che riguardano l’universo, il mondo della vita, la comunità umana. L’interesse che ora vogliamo rivolgere a quest’ultima, ossia alle relazioni umane, non deve trascurare l’orizzonte in cui esse si muovono e che riguarda tutto ciò che esiste. Se inteso nel modo giusto, si può dire che tutto è relazione. Il punto di partenza può essere la nozione di «sistema».
La realtà come insieme di sistemi
Il nostro modo di vedere le cose non sempre dice la verità delle cose. Osservando l’alternarsi del giorno e della notte, e attribuendolo, giustamente, alla luce del sole, siamo portati a pensare che il sole giri intorno alla terra, ma da secoli sappiamo che è la terra a girare intorno al sole. Un altro errore di prospettiva, è che esistano le cose e che la relazione tra le cose sia successiva alla loro esistenza. Niente di più falso! Le cose non sono oggetti isolati, ma esistono solo in quanto intrecciate con altre cose. In altri termini, non esistono «oggetti» ma sempre «sistemi», ossia relazioni tra oggetti. Potremmo definire il sistema come una rete più o meno complessa nella quale prendono posto, ossia esistenza, un numero più o meno grande di oggetti. Ciò significa che gli oggetti e la relazione tra gli oggetti nascono insieme: un oggetto esiste solo in quanto è in relazione (sistemica) con altri oggetti. L’intero universo conosciuto è un enorme sistema, che a sua volta è composto da un numero esorbitante di sistemi, alla cui base stanno le particelle elementari.
Il sistema biologico in continua evoluzione
Un sottosistema che ci riguarda da vicino è quello biologico, ossia il sistema che tiene insieme tutte le forme di vita presenti sul nostro pianeta (l’ecosistema): sia le cellule che compongono un organismo, sia gli organismi tra loro. Come ogni sistema, anche quello biologico è in continua evoluzione, durante la quale, a un certo punto, è nata la cosiddetta «cellula intelligente» ossia il «neurone». La relazione tra neuroni ha dato origine a sistemi neurali sempre più complessi fino a ciò che chiamiamo «cervello», o sistema nervoso centrale. Le funzioni del cervello sono riconducibili a due tipi di funzioni: a) quella di gestire le componenti dell’organismo che consentono all’organismo stesso di vivere, e di cui si occupano le neuroscienze; b) quella di rendere possibile le capacità mentali (percettive, emotive, cognitive), particolarmente sviluppate nella specie umana, e di cui si occupano le neuroscienze cognitive. Ancora una volta siamo nella logica di una relazione particolarmente complessa.
Il corpo crea la mente
L’aspetto che qui si vuole sottolineare è la relazione tra il «cervello» e la «mente», dove con mente è da intendere tutto ciò che riguarda la nostra capacità di agire, di emozionarci, di conoscere, di essere coscienti e liberi. Si tratta di capacità che riguardano la relazione con l’ambiente in cui viviamo. L’aspetto interessante è che il cervello ha sviluppato le capacità mentali con le quali possiamo connetterci all’ambiente proprio perché l’ambiente, ossia l’ecosistema, si è evoluto in modo da rendere possibile la comparsa del cervello. Il cervello si relaziona all’ambiente grazie al fatto di essere stato prodotto dall’ambiente. Non esiste però un cervello che abbia una relazione diretta con l’ambiente: ciò che ha reso possibile la nascita e lo sviluppo del cervello è stato il corpo e la relazione del corpo con l’ambiente. Ma vi è di più. Proprio perché organo di un «corpo», il cervello è in relazione con gli altri organi del corpo. Ciò implica che il sistema estremamente complesso che chiamiamo «corpo» è ciò che rende possibile tanto l’esistenza del cervello quanto le capacità mentali del cervello. Allora possiamo ben dire che il corpo crea la mente.
Azione-emozione-ragione
L’idea che da una parte ci sia il corpo e dall’altra la mente è una fandonia ridicola: il dualismo (visione di due realtà separate) è uno dei peggiori errori in cui sia caduta l’umanità. Il dualismo è il dia-volo, ossia il separatore di ciò che invece costituisce una grande unità. L’unica via è quella del monismo (un’unica realtà). Sembra che la visione più corretta sia quella del cosiddetto «monismo non riduzionista»: si parla di «monismo» perché si lega intimamente la mente alla dimensione corporea, e si parla di «non riduzionismo» perché lega la mente a processi e a relazioni caratterizzate dalla dimensione corporea. Questo approccio può essere precisato alla luce della trilogia azione-emozione-ragione. Anzitutto un organismo vivente ha come caratteristica più originaria di essere in grado di compiere azioni. La caduta di un oggetto o lo spostarsi delle galassie sono movimenti. Quando, invece, afferro la tazzina del caffè compio un’azione, ossia un movimento intenzionale. L’azione è la relazione tra il movimento e l’intenzione. Ma come nasce l’intenzione? Il desiderio di cibo, la paura di essere aggredito o di cadere in un burrone, la vergona di essere visti in certe condizioni, la gioia di incontrare la persona amata, costituiscono quelle intenzioni che integrandosi col movimento generano le azioni. Le emozioni, quindi, sono il carburante originario delle azioni. Ma vi è di più. Le emozioni sono decisive per valutare tutte le informazioni che ci arrivano dall’ambiente esterno, ossia per distinguere ciò che è rilevante o meno per la nostra esistenza: sono, quindi, mediazioni molto importanti tra l’interno e l’esterno. Per le emozioni, l’interno è ciò che ognuno di noi prova e implica quindi un Io in relazione a ciò che è altro da sé. Le emozioni, in quanto dispositivo relazionale tra il proprio corpo e ciò che è altro dal proprio corpo, sono alla base della «coscienza». Un aspetto decisivo dello sviluppo neurale in relazione alla coscienza è costituito dalle relazioni tra i membri della specie umana. L’intersoggettività è fortemente intrecciata con gli aspetti comportamentali, emotivi e cognitivi delle persone. In modo particolare la coscienza, ossia quanto di più personale abbia ciascuno di noi, si sviluppa grazie ai rapporti io-tu anzitutto di tipo parentale, scolastico, professionale, ludico, sportivo e altro ancora, aspetti soggettivi dell’esperienza. La collaborazione tra fenomenologia e neuroscienze, consente una migliore comprensione dell’essere umano e del suo complesso mondo di relazioni, e lo può fare perché è strettamente legata al corpo. Il corpo è il centro di tutte le relazioni umane.
Il corpo e l’etica delle relazioni
Il corpo è la condizione che rende possibile il cervello e quindi la coscienza, compresa la coscienza morale. In altri termini il corpo non è solo un oggetto della morale, ma anche il soggetto che fa la morale e lo è proprio perché è il centro di un vasto sistema di relazioni. Una delle prime componenti corporee della morale è la relazione emotiva. Lo studio dei primati, e anche di altri mammiferi, ha messo in evidenza che già in molte specie viventi si riscontrano comportamenti etici, legati soprattutto alle relazioni di tipo parentale, altamente emotive. Per questo si è parlato di «morale della simpatia» che favorisce la collaborazione e in primo luogo il prendersi cura degli altri. Nel caso, tipico dell’essere umano, in cui i gruppi possono essere costituiti da un numero elevato di individui, occorrono comportamenti morali più complessi che sappiano coniugare competizione e collaborazione, in modo da realizzare quegli equilibri che sono indispensabili per la vita sociale. Alcuni parlano di «morale dell’equità» ossia di comportamenti che implicano la rinuncia almeno parziale al potere verso gli altri membri del gruppo, per consentire quella collaborazione che consente al gruppo stesso di avere maggior successo nell’adattarsi all’ambiente e nel modificarlo per adattarlo alle esigenze del gruppo umano. Vi sono anche altri tipi di comportamento che sembrano presupporre intenzionalità etiche come il senso di giustizia. Si è osservato che se a un individuo, per esempio a un orango, si dà un cibo uguale a quello che si dà a un altro individuo, a un altro orango, tutti e due mangiano tranquillamente. Se, però, a uno dei due viene dato il cibo di sempre e all’altro un cibo migliore, il primo si rifiuta di mangiare, per cui sembra che percepisca, in qualche modo, un’ingiustizia. Non è sufficiente quindi dare a tutti da mangiare, ma è necessario dare a tutti la stessa qualità di cibo.
GIORGIO BONACCORSO, osb