Ramunno Silvestro
I cambiamenti dell’informazione e della comunicazione
2023/11, p. 42
Tutto l’insieme dei mezzi di informazione sta vivendo una fase di profonda trasformazione. Non si tratta solo di nuovi canali: dietro l’innovazione tecnologica ci sono dinamiche che mettono in crisi la modalità di fare informazione in maniera tradizionale. Anche le comunità religiose sono chiamate ad attrezzarsi con strumenti adatti a stare in una realtà nuova e a tratti inedita, conoscerla e saperla interpretare.

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PROFONDE TRASFORMAZIONI
I cambiamenti dell’informazione
e della comunicazione
Tutto l’insieme dei mezzi di informazione sta vivendo una fase di profonda trasformazione. Non si tratta solo di nuovi canali: dietro l’innovazione tecnologica ci sono dinamiche che mettono in crisi la modalità di fare informazione in maniera tradizionale. Anche le comunità religiose sono chiamate ad attrezzarsi con strumenti adatti a stare in una realtà nuova e a tratti inedita, conoscerla e saperla interpretare.
Nell’attuale scenario sembriamo una barchetta nella tempesta: prendiamo, ad esempio, la parola verità (con la v minuscola). Come si racconta la verità in un contesto in cui i fatti hanno perso rilievo per l’opinione pubblica? Come si racconta «la» verità in quello che ormai è definito il mercato delle verità, dove non si contrappongono più idee diverse ma verità alternative? Per poterlo fare non è solo determinante ancorarsi ai fondamentali della professione, la «buona informazione» nell’interesse pubblico, ma anche rinnovare la propria cassetta degli attrezzi per avere strumenti adatti a stare in una realtà nuova e a tratti inedita, conoscerla e saperla interpretare.
Il consumo di informazione
Occorre una riflessione generale sulla crisi dell’editoria: senza entrare in dinamiche prettamente sindacali, possiamo dire che il settore vive una condizione di forte difficoltà a fronte di un consumo di informazione crescente. Non saprei dire se è corretto definirla informazione tout court, ma mai come in questo periodo «consumiamo» una immensa quantità di contenuti di ogni tipo. Con tutta evidenza si tratta di contenuti non «mediati» da giornalisti o di contenuti giornalistici cui non viene riconosciuto un valore di mercato. Alcuni numeri possono aiutare a inquadrare lo scenario mediatico attuale. In Italia, si vendono ogni giorno 1,21mln di quotidiani in edicola (Fonte: Ads, luglio 2023), 1,67mln se si considerano anche le vendite a prezzo scontato e le copie replica in pdf. Sono cifre che fanno impallidire. Un po’ di anni fa, quando le vendite erano 5mln di copie al giorno, si parlava già di crisi della carta. A fronte del crollo della carta ci sono circa 38-39mln di italiani che ogni giorno consultano news online e 18,8mln di persone che guardano un telegiornale tra le 18.00 e le 21.00 (Fonte: Agcom). Considerando che la radio ha mantenuto la sua quota di ascolto negli ultimi 15 anni, si può dire che le persone si «informano». In maniera diversa, forse frettolosa, forse da fonti giornalistiche che portano al limite il giornalismo, ma si informano.
La crescente comunicazione online
La dimensione online è preponderante: i siti di Repubblica e Corriere, le due corazzate che si contendono la prima posizione nelle classifiche, hanno circa 3mln di utenti unici al giorno, con punte record superiori ai 3,5mln, a fronte di molto meno di un decimo di copie vendute in edicola. Il QN (Carlino, Nazione e Giorno) sfiora i 2mln di utenti unici al giorno. Fanpage, testata che nasce online, ha oltre 2mln di utenti unici al giorno. Il portale ansa.it ha un numero di utenti unici al giorno superiore alla somma delle copie di tutti i giornali venduti in edicola. L’online sta assumendo anche una sempre crescente importanza economica. Di recente il Corsera ha annunciato di aver raggiunto quota 500mila abbonati ai contenuti del proprio sito. Che gli italiani siano sempre più disposti a pagare per contenuti che apprezzano, lo dimostrano i dati degli abbonati ai vari canali: Netflix, Prime, Disney+, Dazn etc…15mln di persone hanno almeno un abbonamento. Gli abbonamenti complessivi sono 22,1mln (da questi numeri è escluso Sky via satellite ed è compreso Now, il servizio di streaming (flusso di dati audio/video) di Sky. (Fonte: Agcom). Per chiarezza: questi accessi a pagamento ai siti di news non necessariamente comprendono le copie replica in pdf, ma possono riferirsi ad altri contenuti come newsletter, podcast (trasmissione radio diffusa via Internet), articoli dedicati, video etc…Gli abbonamenti replica sono oltre 360mila, con in testa Corsera, Sole 24 Ore, Repubblica e Fatto Quotidiano. Di queste, 158mila sono vendute ad un prezzo scontatissimo, che varia tra il 10% e il 30% del prezzo di copertina.
L’informazione e la qualità della democrazia
In questo contesto va inquadrato anche il crescente consumo di contenuti in modalità non lineare. Siamo sempre più attratti dall’on demand (beni o servizî che vengono resi disponibili su richiesta di un consumatore), dall’avere le cose quando le vogliamo… il giornale cartaceo che esce al mattino è un prodotto hard per quest’epoca, ma non è assolutamente superato perchè resta uno dei pochi strumenti in grado di «dare forma» alle notizie e di darci una rappresentazione, anche in termini di spazi dedicati, di quello che accade intorno a noi e nel mondo. Se il giornale è hard l’informazione giornalistica è soft (leggera) e può adeguarsi al meglio alle nuove modalità di fruizione dei contenuti. Sta a noi farne percepire il valore, per la qualità della democrazia. L’informazione non è dei giornalisti, è a servizio delle persone, dove non c’è informazione libera non c’è democrazia. C’è luce spenta. Solo i numeri non bastano a rappresentare una situazione molto complessa: un’informazione che si confronta con cambiamenti di mentalità e con un discorso pubblico sempre più intossicato. Così è difficile fare giornalismo, ma intanto è utile conoscere e ragionare su quello che sta accadendo, per aggiornare la nostra cassetta degli attrezzi e il nostro sguardo sul mondo. Non può più essere quello che usavamo quando le notizie arrivavano con i giornali del mattino o con i telegiornali delle 20.00, quando i media erano «rilevanti» e «centrali» nel discorso pubblico, quando la selezione dei temi dell’agenda pubblica avveniva (prevalentemente) con i criteri giornalistici.
Il disordine informativo
Per addentrarsi di più nella trasformazione in atto, va introdotto il concetto di «disordine informativo». Spesso parliamo di fake news (notizie false), di web (pagine online), di notizie poco accurate, di bombardamento di informazioni: disordine informativo è il concetto che racchiude tutte queste dinamiche. Provo a metterle in fila: fake news, disinformazione (notizie false costruite intenzionalmente), misinformazione (notizie poco accurate o false ma redatte senza l’intento di ingannare), post-verità (la condizione in cui il fatto è meno rilevante rispetto ad altri fattori, come l’emozione o la capacità di creare reazioni), bolle di informazioni filtrate (filter bubble) e i nostri pregiudizi che, se non impariamo a riconoscerli, rischiano di allontanarci dalla «verità sostanziale dei fatti», perchè influenzano il nostro modo di vedere le cose e ci rendono «meno oggettivi». Uno dei significati della parola informare è ‘dare forma’: il giornalismo è chiamato a dare forma nel disordine. Quella che segue è una brevissima panoramica su questi fenomeni che impattano sul giornalismo, senza pretese di esaustività: sono temi di libri, ricerche e convegni; temi nemmeno ancora del tutto definiti. Siamo nella crisi permanente, non a metà strada tra una crisi e un nuovo equilibrio.
La crisi permanente del discorso pubblico
La polarizzazione è uno dei fenomeni più evidenti: non è di passaggio, è venuto per restarci. Il nostro discorso pubblico sarà sempre più fatto di tifoserie che hanno scelto la loro verità e non hanno bisogno di quella del giornalismo o di un ragionamento. Il polarizzato sa già da che parte stare, poca voglia di mettersi in discussione. Il polarizzato sta a proprio agio nelle bolle social, dove può trovare conferma delle proprie idee guardando il mondo dal buco della serratura. Il giornalista ha poche armi contro la polarizzazione, però può contribuire a non alimentarla evitando di segare il ramo sul quale è seduto. Probabilmente è una pia illusione, siamo ben consapevoli che sui meccanismi polarizzanti si sono costruite carriere editoriali e politiche.
Altra grande questione è quella che possiamo sintetizzare con il titolo verità vs attenzione, cioè la competizione fra fonti giornalistiche (quelle della verità) e fonti algoritmiche (quelle dell’attenzione). Le grandi piattaforme sono in competizione per catturare la nostra attenzione con contenuti di vario tipo e per motivi tendenzialmente di natura commerciale: un modello che funziona tanto che anche l’editoria tradizionale si sposta sul mercato dell’attenzione. Ecco perché a volte restiamo esterrefatti quando su testate di prestigio troviamo contenuti poco giornalistici, pettegolezzi (gossip) e cose simili. Attirano l'attenzione, vengono premiati dagli algoritmi perché generano reazioni (positive o negative poco importa), se ne parla. E le testate ne parlano perché se ne parla, perchè sono «virali», innescando quel cortocircuito tra interesse pubblico (campo dell’informazione) e interesse del pubblico (campo degli algoritmi), in cui tutto diventa indistinto. Ci rimettiamo noi giornalisti, che possiamo provare a riconquistare la fiducia dell’opinione pubblica se troviamo un nostro tono nell’eccesso di informazioni. Se siamo considerati come gli altri, e se contribuiamo a questo processo, abbiamo già perso.
Negli ultimi mesi si è discusso moltissimo dell’impatto dell’intelligenza artificiale (AI) sul giornalismo (e non solo). Fare previsioni in questo campo è difficile. Subito si è imposta una discussione polarizzata: l’AI sostituirà i giornalisti, gli articoli li scriveranno le macchine. Occorre smontare questa contrapposizione e provare ad andare oltre: l’AI sarà uno strumento del nostro lavoro. Dobbiamo stare dentro la discussione in maniera consapevole e competente.
Cosa è oggi rilevante?
Chi impone l’agenda pubblica?
La riflessione sull’intelligenza artificiale dà lo spunto per affrontare l’altro grande tema: la rilevanza. Cosa è oggi rilevante? Come si delineano i temi del discorso pubblico? Chi li impone? Esempio: perchè trattiamo il tema immigrazione con la logica dell’invasione, se poi in Italia c’è meno popolazione nella stessa quantità di territorio? Il giornalista si è sempre confrontato con quel processo che vede il passaggio di temi-fatti-notizie dal privato alla dimensione pubblica (agenda setting): in passato questo passaggio era mediato in buona parte dai giornalisti. Se di un fatto ne parlano giornali, televisioni e radio, significa che è importante, è di rilevanza pubblica. La mediazione tra il fatto privato e l’ingresso nell’agenda pubblica avveniva con una selezione giornalistica, di interesse pubblico. Oggi, con una stampa che ha perso rilevanza sociale e un contesto disarticolato, si impongono nell’agenda pubblica temi e fatti che hanno poco di interesse pubblico, ma che magari vengono premiati dagli algoritmi anche perchè sono supportati da campagne a pagamento. Quante volte abbiamo visto un messaggino (tweet) o un messaggio lanciato per creare un dibattito (post) rimbalzare dal social network al telegiornale? A volte c’è interesse pubblico, altre volte c’è lo scambio di una fiammata per una notizia, che dimentichiamo molto presto. Il giornalista deve indossare occhiali nuovi per vedere cosa è rilevante davvero. L’approccio maturo ai temi complessi (Covid, clima, ricerca scientifica etc…) dovrà far parte sempre più del suo bagaglio professionale, per rendere saldo il rapporto di fiducia con il lettore, che è la vera merce preziosa della professione. Recentemente è scomparso Luca Goldoni, un gigante del giornalismo, maestro della professione, uno di quei grandi inviati dell’epoca d’oro e poi acuto osservatore della nostra società. In tanti, compreso il figlio Alessandro durante il funerale, hanno ricordato Goldoni come una persona che, soprattutto, sapeva ascoltare. Non un ascolto passivo, ma un ascolto empatico, che permette di assumere il punto di vista dell’altro, non per simpatizzare ma per capire di più e poter raccontare meglio. Come stanno i giornalisti in questo scenario di grande cambiamento? Come rinnovare il patto di fiducia con i lettori? Come evitare l’autoreferenzialità e mettere l’informazione – un bene comune – al servizio del pubblico? Basterebbero gli insegnamenti di Luca Goldoni, senza dimenticare i fondamentali della professione: deontologia, ascolto, empatia, formazione per stare nel cambiamento.
SILVESTRO RAMUNNO
presidente Ordine dei Giornalisti Emilia-Romagna